Ilva, più poteri al commissario «Dallo Stato intervento ponte»
by redazione | 1 Dicembre 2014 10:10
ROMA Potrebbe essere la settimana decisiva per l’Iva, il gruppo siderurgico della famiglia Riva, commissariato per motivi ambientali dal governo. Tanto che secondo il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sono ancora possibili tre scenari, tra loro molto diversi: l’acquisto da parte di gruppi esteri; che a comprare siano invece imprese italiane; l’intervento di un soggetto pubblico. È soprattutto quest’ultima ipotesi a suscitare dibattito tra partiti e sindacati. In realtà, spiegano fonti di governo, non si tratterebbe di un acquisto diretto da parte dello Stato, sul modello delle vecchie partecipazioni statali. È vero invece che è allo studio un dossier sul possibile intervento del Fondo strategico partecipato dalla Cassa depositi e prestiti, a sostegno di eventuali acquirenti privati (Arvedi). Ma la soluzione sarebbe più articolata.
L’esecutivo starebbe innanzitutto pensando a come rafforzare l’attuale commissariamento, assegnandogli il potere di vendere l’azienda. Il commissario dovrebbe avere gli stessi poteri che, ai sensi della legge Marzano, ha quando l’azienda viene dichiarata insolvente e finisce in amministrazione controllata (per esempio, il commissario Piero Nardi che ha venduto la Lucchini di Piombino agli algerini di Cevital). Non è questo il caso dell’Iva. Ma con un emendamento alla legge di Stabilità o con un decreto legge si potrebbe modificare la Marzano prevedendo per le aziende strategiche, tra le quali rientrerebbe l’Ilva, la possibilità di disporre un commissariamento pieno, anche prima dell’insolvenza, ai fini di salvare l’impresa stessa e la sua strategicità. In questo caso il commissario, ora Piero Gnudi, pur non espropriando le famiglie Riva (90%) e Amenduni (10%) della proprietà, potrebbe però disporne, vendendo l’azienda, prevedibilmente dopo aver sistemato le partite più delicate (occupazione, fornitori, nuove intese con le banche creditrici, contenzioso sui danni ambientali), alcune delle quali potrebbero essere spostate su una bad company. La modifica della legge Marzano, già esaminata nei giorni scorsi in un vertice tra Renzi, il ministro dello Sviluppo, Federica Guidi, e lo stesso Gnudi, dovrebbe essere discussa in Consiglio dei ministri questa settimana.
È qui entrerebbe in campo anche l’ipotesi di un coinvolgimento di soggetti pubblici (il Fondo strategico), magari a sostegno di una cordata italiana, che potrebbe vedere insieme imprenditori nazionali del settore e le banche creditrici (Intesa, Unicredit e Banco Popolare). Potrebbe essere l’alternativa all’indiana Arcelor Mittal già in campo o ad altri soggetti che dovessero farsi avanti. A patto che non ripeta il modello Alitalia della «coalizione di volenterosi», ma sia strutturata intorno a soggetti industriali forti.
L’intervento pubblico divide i sindacati, che mercoledì incontreranno Gnudi. Fiom-Cgil è stata sempre favorevole. Uilm lo valuta positivamente «per il tempo utile a garantire la continuità produttiva dell’azienda», Fim-Cisl invece «non ha alcuna nostalgia dell’intervento pubblico». Un «intervento ponte dello Stato per rimettere in sesto l’azienda e poi rilanciarla sul mercato è plausibile», dice il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, «ma non faremo rinascere l’Italsider».