by redazione | 26 Dicembre 2014 10:16
Due donne saudite sono agli arresti da circa un mese dopo avere sfidato il divieto di guida e oggi sono state rinviate al giudizio della Corte criminale specializzata di Riyad, istituita per processi per terrorismo ma utilizzata anche per dissidenti pacifici e attivisti. Si tratta di Loujain al-Hathloul, di 25 anni, e Maysa al-Amoudi, di 33, ma secondo persone vicine alle due giovani non sarebbero accusate per avere sfidato il divieto di guida, bensì per alcune opinioni espresse online. Le fonti rivelano che gli avvocati difensori delle due donne hanno subito presentato ricorso contro la decisione del giudice di trasferire il loro caso presso la Corte criminale specializzata di Riyad, e in merito dovrà pronunciarsi, nei prossimi giorni, una Corte d’appello di Dammam, capitale della provincia orientale Al-Sharqiyya. Secondo gli attivisti, è la prima volta che le donne “sorprese al volante” vengono deferite alla Corte criminale specializzata di Riyad e si tratta della detenzione più lunga di donne alla guida nella storia dell’Arabia Saudita.
Loujain al-Hathloul è stata fermata dalle guardie di frontiera il 30 novembre, quando ha provato ad attraversare il confine con una patente degli Emirati, e il passaporto le è stato sequestrato 24 ore dopo. Maysa al-Amoudi invece, è una giornalista che vive negli Emirati Arabi Uniti, ed è stata fermata mentre andava a consegnare cibo e una coperta ad al-Hathloul, al confine. Gli attivisti riferiscono che l’arresto formale di entrambe risale al primo dicembre. Loujain al-Hathloul si trova in un centro detentivo per giovani, mentre Maysa al-Amoudi è in una prigione. I parenti riferiscono che è stato permesso loro di vederle per brevi visite sotto supervisione.
Recentemente il gruppo Human Rights Watch ha avvertito che «le autorità saudite stanno incrementando la repressione sulle persone che criticano pacificamente il governo su internet» e che giudici e procuratori usano «le disposizioni vaghe previste in una legge anti crimini informatici del 2007 per accusare e processare cittadini sauditi per tweet pacifici e commenti postati sui social network». Al momento dell’arresto, al-Hathloul e al-Amoudi avevano, complessivamente, oltre 355mila follower su Twitter ed erano state aperte sostenitrici della campagna lanciata l’anno scorso contro il divieto di guida per le donne.
Da anni le autorità saudite provano a bloccare i tentativi delle donne di guidare. Nonostante non ci sia alcuna legge che vieta alle donne di guidare nel Paese, le autorità non rilasciano loro la patente e i religiosi ultraconservatori hanno emesso degli editti contro la guida delle donne. Divieti del genere non esistono in nessun altro Paese del mondo, neanche in altri Paesi conservatori del Golfo. Nel 1990 cinquanta donne furono arrestate per avere guidato, furono sequestrati loro i passaporti e persero il lavoro.
Più di 20 anni più tardi, nel 2011, una donna è stata condannata a 10 frustate per avere guidato, ma poi il re ribaltò la sentenza. I sostenitori dell’attuale campagna pro guida hanno presentato questo mese una petizione alla Corte reale chiedendo a re Abdullah di graziare le due donne. Gli organizzatori della campagna, che è cominciata il 26 ottobre del 2013, sostengono che il divieto di guida delle donne solleva questioni più ampie legate alle leggi di custodia parentale in Arabia Saudita, che danno agli uomini il potere di decidere sulla vita delle donne. Un attivista riferisce che il divieto di guida rientra in «un più ampio sforzo di bloccare ogni possibilità di innalzare il tetto delle libertà civili» in Arabia Saudita.
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