La guerra di Renzi contro le partite Iva

by redazione | 23 Dicembre 2014 9:54

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Renzi ha dichia­rato guerra al lavoro auto­nomo e pro­fes­sio­nale. La legge di sta­bi­lità che appro­vata ieri dalla Camera in maniera defi­ni­tiva non ha bloc­cato l’aumento (dal 27,72% al 29,72%, o forse addi­rit­tura al 30,72%) dell’aliquota della gestione sepa­rata dell’Inps a cui sono iscritti free­lance e lavo­ra­tori para­su­bor­di­nati come ave­vano fatto i governi Monti e Letta per rime­diare ad una delle deci­sioni più folli della riforma Fornero.

Il governo ha varato anche una riforma del sistema di age­vo­la­zione fiscale per i con­tri­buenti a par­tita Iva, i cosid­detti «minimi», che dal 1 gen­naio pre­vede il pas­sag­gio dell’imposta sosti­tu­tiva dal 5% al 15% per le par­tite Iva under 35. Il vec­chio regime dei minimi aveva una tas­sa­zione unica al 5% che com­pren­deva Irpef, addi­zio­nali e Irap. Il limite mas­simo di red­dito era di 30mila euro, le age­vo­la­zioni fiscali vale­vano per cin­que anni o fino al com­pi­mento del 35esimo anno di età. La riforma Renzi impone soglie dif­fe­ren­ziate di accesso in base all’attività svolta e non più il limite di 30 mila euro uguale per tutti. C’è anche una base impo­ni­bile for­fe­tiz­zata in base a codici di atti­vità e non più basata sulla dif­fe­renza tra costi e ricavi. Que­sto cam­bia­mento imporrà un aumento della tas­sa­zione epo­cale ai danni dei gio­vani pro­fes­sio­ni­sti. Secondo la Con­fe­de­ra­zione ita­liana Libere pro­fes­sioni del Lazio sarà del 500% circa. Su un red­dito medio di 19 mila euro lordi, nel 2015 si sbor­se­ranno oltre 4 mila euro di Irpef-sostituto d’impresa con­tro i 900 del 2014. Sono 200 euro in meno al mese su un red­dito da 1400 euro.

Biso­gnerà poi sot­trarre i con­tri­buti per una pen­sione che dif­fi­cil­mente gli auto­nomi under 40 iscritti alla gestione sepa­rata, o a quelle delle sin­gole casse pro­fes­sio­nali, rice­ve­ranno. Per l’associazione XX mag­gio que­sti «nuovi poveri a par­tita Iva» già oggi per­ce­pi­scono un red­dito lordo medio di 18.640 euro, un red­dito netto da 8.670 euro annui, per 723 euro men­sili. Dopo tasse e con­tri­buti, in tasca a que­sti lavo­ra­tori restano 515 euro. La guerra di Renzi ai free­lance rischia di por­tare que­sto red­dito molto vicino allo zero.

Cesare Damiano pre­si­dente Pd della com­mis­sione lavoro alla Camera ieri ha colto nel vivo la con­trad­di­zione del governo: «Dopo tante pre­di­che sull’innovazione – ha detto — il governo è fermo all’idea molto antica che il mondo del lavoro sia solo quello dipen­dente». Per la Lapet, Asso­cia­zione dei tri­bu­ta­ri­sti, è «una mini-stangata che con­tra­sta con lo slo­gan gover­na­tivo dell’abbassamento della pres­sione fiscale».

Sem­pre nella legge di sta­bi­lità viene stan­ziata una cifra pari all’incirca a 900 milioni di euro a bene­fi­cio del lavoro auto­nomo tra­di­zio­nale, quello degli arti­giani e dei com­mer­cianti che pre­su­mi­bil­mente hanno un red­dito intorno o supe­riore ai 40 mila euro annui. Il governo si è mostrato sen­si­bile a quelle fasce delle par­tite Iva pro­tette da rico­no­sciute rap­pre­sen­tanze di cate­go­rie ma con­danna i free­lance non tute­lati alla disoc­cu­pa­zione o alla fuga dalla gestione sepa­rata verso altre casse pre­vi­den­ziali (al momento sono in 42 mila). A com­ple­tare un qua­dro cata­stro­fico, c’è la pos­si­bi­lità di una pro­ce­dura d’infrazione Ue con­tro l’introduzione del cre­dito d’imposta Irap per gli auto­nomi. Per il ser­vi­zio bilan­cio della Camera potrebbe essere giu­di­cato ille­gale per­ché pri­vi­le­gia una cate­go­ria di con­tri­buenti ai danni di altre.

Viene da chie­dersi se il pre­si­dente del Con­si­glio sia con­sa­pe­vole di que­ste con­se­guenze. Pro­ba­bil­mente no, ed è grave. Ma visto che in poli­tica ogni atto ha una razio­na­lità, biso­gna pren­derlo sul serio. Lo fa Andrea Dili, uno dei coor­di­na­tori dell’associazione Alta par­te­ci­pa­zione che con Acta e Con­fas­so­cia­zione ha lan­ciato un appello ina­scol­tato: «Non siamo i ban­co­mat dello Stato»: «Una con­cen­tra­zione di prov­ve­di­menti così ves­sa­tori e peg­gio­ra­tivi delle con­di­zioni di vita di tutti coloro che svol­gono un’attività intel­let­tuale non la ricordo – afferma – Sono d’accordo con Renzi sul fatto che si sia cam­biato verso, il nostro governo ha deciso che in Ita­lia chi stu­dia, si spe­cia­lizza e si pro­fes­sio­na­lizza non deve tro­vare alcun tipo di spa­zio, soprat­tutto se gio­vane, dall’età del pre­si­dente del Con­si­glio in giù».

«Faremo di tutto per age­vo­lare la fuga dalla gestione sepa­rata e per tro­vare stra­te­gie il peso di que­ste deci­sioni. Per esem­pio aprire una Sas o, per chi può, il diritto d’autore, restando nella lega­lità. Non abbiamo alter­na­tive – sostiene Anna Soru, pre­si­dente di Acta – Il governo incorre in due con­trad­di­zioni. Capi­sco che voglia incen­ti­vare il lavoro dipen­dente a tempo inde­ter­mi­nato, ma non è pen­sa­bile che la disoc­cu­pa­zione possa essere rias­sor­bita solo dal lavoro dipen­dente. La seconda è che non pre­sta atten­zione al mondo dei free­lance, nono­stante le sue dichia­ra­zioni. Non dico che sia sba­gliato inter­ve­nire su arti­giani e com­mer­cianti, ma la riforma dei minimi per loro è favo­re­vole, per noi no. Per un governo che dice di lot­tare con­tro le cor­po­ra­zioni que­sta è un’altra con­trad­di­zione. Lad­dove esi­stono si com­porta in un modo. In un altro, dove non ci sono».

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