A sinistra è la parte dedicata alla riforma del mercato del lavoro che solleva maggiori resistenze. A partire dalla proposta-simbolo: permettere il lavoro la domenica nel commercio non alimentare, aumentando fino a 12 domeniche l’anno la libertà di apertura e non solo nelle zone a vocazione turistica (dove le aperture sono già legali). Il braccio di ferro sui negozi aperti la domenica dura da mesi. I grandi magazzini del Boulevard Haussmann, per esempio, fanno pressioni da tempo sul governo per ottenere la liberalizzazione. I sindacati hanno vinto alcune battaglie giudiziarie, denunciando le aperture la sera tardi dopo le ore 21 e nei giorni festivi sui Champs Elysées. Ma il primo ministro, Manuel Valls,sostiene a fondo Macron, entrambi convinti che con i negozi aperti più a lungo, i consumi aumenteranno. Valls insiste sui «turisti cinesi», che secondo il primo ministro (lo ha detto in tv) la domenica andrebbero a Londra, dove è tutto aperto, perché non possono «fare shopping» nella triste Parigi dove è tutto chiuso. Un’assurdità (i cinesi per andare a Londra devono avere un doppio visto, poiché la Gran Bretagna non è in Schengen, molto difficile da ottenere e del resto vengono a Parigi anche per visitare monumenti e musei e non solo per comprare), mentre i francesi non avranno più soldi da spendere solo per il fatto che i negozi sono aperti. Per la senatrice socialista Marie-Noëlle Lienemann, la legge Macron «rimette in causa tutte le lotte storiche della sinistra». C’è il forte rischio che il lavoro la domenica, che sulla carta dovrebbe restare «volontario», diventi di fatto obbligatorio visti i rapporti di lavoro nel commercio, denunciano i sindacati, che mettono in guardia contro la minaccia che pesa sugli straordinari, se la misura si generalizza. Un terremoto nella vita quotidiana della popolazione, soprattutto per i lavoratori più deboli, senza contropartite certe in termini di rilancio dei consumi. Un’altra idea di Macron è di liberalizzare il trasporto in autobus sulle grandi distanze, ora molto limitato in Francia (110mila passeggeri nel 2013, contro 30 milioni in Gran Bretagna o 32 milioni in Spagna). Con un’espressione particolarmente infelice, Macron un paio di mesi fa aveva presentato l’idea affermando che così i «poveri» potranno viaggiare a basso prezzo, poiché i treni sono cari.
In questa legge «prenditutto» ci saranno una serie di piccole riforme ad ampio raggio, dalla semplificazione della giustizia del lavoro fino alla facilitazione del risparmio salariale o per i business angels. Ma, soprattutto, lo stato intraprenderà una serie di privatizzazioni: ha già cominciato vendendo il 49% dell’aeroporto di Tolosa, acquisito da una società cinese. In lista adesso ci sono operazioni analoghe per gli aeroporti di Nizza e Lione.
Governo francese in bilico per il Jobs act del ministro Macron
Una legge per «la crescita e l’attività», firmata dal ministro dell’economia Emmanuel Macron, sarà presentata oggi nei dettagli in Consiglio dei ministri. Ma, sulla base delle grandi linee del testo che intende liberalizzare e «sbloccare l’economia francese», tutta la sinistra, compresa quella del Ps al governo, è sul piede di guerra. Protestano anche le professioni regolamentate — dai farmacisti ai notai — che dovranno rinunciare alle posizioni di rendita, aprendosi a una maggiore concorrenza. Il governo rischia grosso e potrebbe essere obbligato a far ricorso al 49–3, cioè a chiedere la fiducia per far approvare il testo all’Assemblea, visto che una parte dei deputati socialisti potrebbe votare contro. La discussione in parlamento del testo di legge inizierà il prossimo 22 gennaio.
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