La contraddizione è sempre più evidente, come hanno sottolineato gli analisti: più il presidente Barack Obama scende nei sondaggi maggiormente sale l’economia Usa. L’ennesima controprova è arrivata ieri, con la revisione definitiva del dato del Prodotto interno lordo della prima potenza mondiale: nel terzo trimestre, il Pil è cresciuto del 5%, dopo il 4,6 del secondo trimestre e, soprattutto, dopo il meno 2,1% dei primi tre mesi dell’anno.
Si tratta del punto più alto raggiunto negli ultimi 11 anni: un primato che la Casa Bianca ha subito colto per un rilancio mediatico. Dalla presidenza Usa si sottolinea come «il 2014 si stato l’anno della svolta». Anche se c’è ancora da fare per recuperare terreno sul fronte dell’occupazione: «Il mercato del lavoro non ha ancora recuperato in pieno», hanno ricordato le autorità di Washington, nonostante il settore privato lo abbia creato almeno 200mila posti per dieci mesi consecutivi, per la prima volta dal 2000. «L’occupazione totale è in aumento costante da 50 mesi, la serie più lunga mai registrata», ha registrato con evidente compiacimento la Casa Bianca.
Il dato del Pil è andato ben al di à di quanto si aspettavano gli addetti ai lavori (l’attesa era per una crescita del 4,3%). Il che ha avuto immediate ripercussioni a livello globale, sui mercati finanziari e dei cambi. Ma anche a livello politico: il premier Matteo Renzi ne ha colto al volo il significato con il “consueto” tweet in cui ha messo in evidenza «che puntare su investimenti e crescita funziona. Altro che austerità, Ecco perché l’Europa deve cambiare». Una polemica a distanza con Germania e Paesi nordici, come ribadito nei colloqui con i suoi collaboratori: «Io sono l’unico in Europa che dice che bisogna fare come Obama e non come la Merkel. Sono il punto di riferimento della sinistra europea» In attesa delle mosse Bce, non sono stati fermi i mercati. A Wall Street, l’indice Dow Jones ha toccato un nuovo record storico superando per la prima volta i 18mila punti: la Borsa Usa ha trascinato al rialzo anche tutte le europee, con Milano (+1,38 per cento) e Parigi (+1,42%) a svettare sulle altre. Un’altra buona notizia per le esportazioni europee è l’ulteriore rafforzamento del dollaro, con l’euro sceso sotto quota 1,22 sulla divisa Usa, il minimo degli ultimi 28 mesi.
Ora l’attenzione della finanza torna sulle elezioni presidenziali ad Atene: ieri la Borsa di Atene ha perdo l’1,43 per cento dopo la seconda votazione a vuoto. Si riprova dopo Natale: se il candidato del premier Antonis Samaras non dovesse raggiungere il quorum si andrà a elezioni anticipate, con la sinistra “anti-austerity” di Tsipras data per favorita.