Dello stesso parere l’Ue. Per Gian Luca Galletti, presidente di turno dei ministri dell’Ambiente, «è emersa una road map per arrivare a Parigi con le carte in regola: la decisione di Lima assicura che le riduzioni di emissioni e adeguate rispetto all’obiettivo della soglia dei 2 gradi».
Negativo invece il giudizio delle associazioni ambientaliste.
Greenpeace, Wwf e Legambiente sottolineano i limiti del documento finale, a partire dallo scoglio dei finanziamenti che non è stato affrontato: l’impegno ad arrivare entro il 2020 a 100 miliardi di aiuti per la transizione green dei Paesi in via di sviluppo resta sulla carta.
Ma soprattutto cresce il divario tra le azioni dei governi e le indicazione della comunità scientifica che nei mesi scorsi ha lanciato l’ultimo appello con il quinto rapporto dell’Ipcc (Intergovernamental Panel on Climate Change).
I climatologi avvertono che il trend attuale delle emissioni, in continua crescita, è in linea con un aumento della temperatura che supererà i 4 gradi: un disastro di proporzioni planetarie. Per uscire dall’incubo bisognerebbe tagliare drasticamente e rapidamente i consumi dei combustibili fossili e bloccare la deforestazione. Ma gli obiettivi di riduzione delle emissioni serra che gli Stati hanno finora adottato portano a un risultato ben lontano dalla soglia di sicurezza climatica. E a livello globale crescono gli incentivi all’uso di petrolio, carbone e gas arrivati a quota 550 miliardi di dollari. L’ultima possibilità per raddrizzare la rotta è Parigi, fine 2015.