Triton, indifferenza e repressione
Un’immagine dell’agenzia Reuters, che ha fatto il giro del mondo di recente, riassume più di tante parole lo spirito della politica di immigrazione dell’Unione europea: a Melilla, enclave spagnola in Marocco, una signora accompagnata da un caddie tenta uno swing su un verdissimo campo da golf, mentre dei migranti cercano di scavalcare l’alta barriera di filo spinato che divide l’Africa dalle terre comunitarie. L’Europa volta le spalle con assoluta indifferenza al problema dell’immigrazione, che sempre più diventa argomento elettorale per le destre estreme che hanno portato all’Europarlamento una folta pattuglia di deputati con le ultime elezioni. Assieme all’insediamento della nuova Commissione europea guidata da Jean-Claude Juncker, con il commissario Dimitris Avramopoulos (conservatore greco) per l’immigrazione, oggi parte anche l’operazione Triton, affidata a Frontex, l’agenzia europea di sorveglianza delle frontiere. Non è ancora chiaro se sostituirà del tutto Mare Nostrum, l’iniziativa italiana tanto criticata in Europa, ma lo spirito è chiaro: Triton agirà solo nelle acque territoriali europee, a 30 miglia dalle coste e “conformemente al mandato di Frontex – spiega il direttore esecutivo dell’agenzia europea Gil Arias Fernandez – l’obiettivo prioritario è il controllo delle frontiere”. Per Amnesty International, “ecco di ritorno il controllo e la lotta contro l’immigrazione <irregolare>”, anche se Fernandez promette salvataggi. Nei fatti, precisa Amnesty International, in caso di individuazione di una imbarcazione in pericolo, Triton “trasferirà” il problema “sotto la responsabilità al centro di coordinamento e di ricerca competente”, cioè all’Italia o a Malta. Per Triton, operazione “ospitata dall’Italia”, sono stati stanziati da Bruxelles 2,9 milioni di euro al mese (il costo di Mare Nostrum per l’Italia è di 9 milioni al mese) e all’iniziativa, a cui sulla carta aderiscono 20 paesi, partecipano attivamente solo altri 8 (Francia, Spagna, Finlandia, Portogallo, Islanda – che non è nella Ue – Olanda, Lituania e Malta), complessivamente con 6 navi, 2 aerei e un elicottero, messi a disposizione a rotazione. Come per la grande operazione di “caccia ai clandestini” che ha avuto luogo dal 13 al 26 ottobre – che la presidenza italiana del Consiglio Ue ha battezzato Mos Majorum – l’obiettivo è respingere gli arrivi, non aiutare a salvare vite umane. Ma per la Gran Bretagna, anche Triton è una mano tesa verso l’immigrazione clandestina, come lo è stata Mare Nostrum per gli altri paesi europei. L’Italia è accusata di non rispettare il Regolamento di Dublino, che il commissario Avramopoulos vorrebbe rivedere. Ma i paesi del nord Europa sottolineano che Roma (e Atene) cercano di “scaricare il fardello”: nel 2013, in Italia, malgrado gli sbarchi massicci, sono state presentate soltanto 26.620 richieste di asilo (quando dovrebbe essere il primo paese di arrivo ad esaminarle), cioè il 6% delle domande complessive, mentre alla Germania ne sono arrivate 125mila, 65mila alla Francia e 55mila alla Svezia.
Per questo motivo, alcune forze politiche nel nord Europa contestano ormai Schengen. In Francia, non solo il Fronte nazionale, ma anche Nicolas Sarkozy, tornato in politica per prendere a fine mese la presidenza dell’Ump (e preparare le prossime presidenziali), promette “lo sciopero di Schengen”. La Gran Bretagna, che non è in Schengen, rifiuta di partecipare a Triton. A sette mesi dalle legislative, minacciato dall’estrema destra di Ukip, David Cameron si sta scontrando con Bruxelles perché vorrebbe limitare le entrate anche di cittadini comunitari, soprattutto lavoratori non qualificati provenienti dai paesi dell’est, in assoluta contraddizioni con le basi della Ue delle “4 libertà”, tra cui anche quella di libera circolazione dei cittadini (e non solo di merci, capitali e servizi). Con la Francia, Londra si scontra per il caso di Calais. Qui, dodici anni dopo la chiusura del centro della Croce Rossa di Sangatte, sopravvivono attualmente in bivacchi di fortuna 2200–2300 immigrati, che tentano di passare clandestinamente la Manica per arrivare in Inghilterra. Tra il 20 e il 22 ottobre, Calais è stata teatro di violenze, con scontri tra diverse comunità di migranti, dopo giorni di tensioni con i camionisti, che ormai reagiscono per impedire ai clandestini di salire di nascosto sui camion. Londra ha firmato un accordo con Parigi: contribuirà con 15 milioni di euro in tre anni per contribuire al rafforzamento della “sicurezza” del porto francese, dove la tensione è al massimo (qui c’è il 16% di disoccupazione). Il governo francese ha deciso di aprire un centro di accoglienza, solo di giorno, per permettere ai migranti di avere accesso all’acqua, di trovare un pasto ecc. Ma la risposta principale è stata l’aumento del numero di poliziotti, nella speranza che con un’accresciuta repressione diminuisca il numero delle presenze.
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