La carta energetica, da giocare al tavolo oggi o negli incontri successivi, potrebbe passare attraverso due canali. Uno più veloce, l’altro rimandato alla realizzazione del progetto «Interconnector ». Nel primo caso si tratta di sondare la possibilità di mettere a disposizione di Ast una quota dei megawatt a costo ridotto previsti dal “decreto Alcoa” e mai utilizzati dalla multinazionale dell’alluminio. Nel setile condo, invece, si tratta di importare da oltralpe energia a costi più bassi: è l’obiettivo del progetto Interconnector che prevede la realizzazione, attraverso Terna, di infrastrutture di interconnessione con l’estero e in particolare con la Francia. Se ne parla da tempo, ma un paio di giorni è stato compiuto un passo avanti grazie alla costituzione da parte di Federacciai della società consor- Metal Interconnector. E non è un caso se solo qualche ora prima – proprio nel giorno degli scontri fra gli operai dell’Ast e le forze di polizia – il premier Renzi incontrava a Palazzo Chigi i vertici di Federacciai per discutere delle possibili soluzioni al nodo Terni.
La riduzione dei costi energetici, se realizzata, potrebbe essere «scambiata» con una riduzione degli esuberi. Il piano ufficiale – e non ancora ritirato dalla Thyssen – li fissa a 537, ma la scorsa settimana l’azienda ha accettato la mediazione della Guidi per portarli ad un massimo di 290. Considerato che – secondo fonti aziendali – 140-150 dipendenti avrebbero già accettato la mobilità volontaria incentivata, la soluzione da trovare riguarderebbe 150 dipendenti. Numero che appunto potrebbe essere eroso sostituendo al taglio sui costi del lavoro quelli sull’energia. Secondo quanto riferito dal ministro Guidi, Thyssen si sarebbe detta anche disponibile a mantenere in attività il secondo forno e a garantire una produzione annua di acciaio di non meno di un milione di tonnellate. Promesse che oggi il sindacato vorrà mettere nero su bianco: «Sulla carta noi abbiamo solo il vecchio piano, aspettiamo che l’azienda formalizzi l’apertura fatta al ministro» dice Salvatore Barone, responsabile del settore industriale della Cgil.
I risultati del vertice quindi non sono affatto scontati, anche perché al di là del capitolo industriale sul quale il ministero farà pesare la sua mediazione, resta da risolvere la questione salariale. Sia quella prevista nel piano (Ast intende azzerare tutta la parte di retribuzione legata alla contrattazione aziendale, circa 2.400 euro netti medi a dipendente), che quella riferita all’ultima busta paga. Thyssen non ha ancora pagato gli stipendi di ottobre. Ieri l’a.d Lucia Morselli ha precisato in una nota che l’azienda si impegna a versarli «alla ripresa della normale operatività aziendale» (i dipendenti sono in sciopero da due settimane). «Non ci possiamo fidare di lei – dice Marco Bentivogli, leader della Fim-Cisl – gli accordi presi con il ministro prevedevano che noi accettassimo di far entrare tre dipendenti incaricati alle buste paga. Così abbiamo fatto, hanno timbrato, ma la Morselli li ha fatti uscire. L’a.d sta cercando lo scontro e usa il nostro salario per un inaccettabile ricatto».