Convocata all’indomani dell’annuncio di una possibile «rimodulazione delle forme di lotta» di quello che a oggi, considerato il monte ore complessive, è uno sciopero record (33 giorni continuativi), l’assemblea dei metalmeccanici Cgil arriva il giorno dopo la decisione da parte delle Rsu aziendali di un parziale rientro in fabbrica, al termine di una settimana in cui non sono mancate nemmeno le tensioni tra i lavoratori ai picchetti.
Nei giorni precedenti c’è stato chi ha chiesto a mezzo stampa di indire un referendum per rientrare in fabbrica, chi ha convocato ai picchetti i lavoratori dissidenti che vogliono tornare al lavoro (rivelatisi poi solo poche decine di impiegati) e chi sembra abbia cominciato una raccolta di firme con lo stesso fine. Tutte iniziative a cui nessuna sigla sindacale pare direttamente legata, ma per alcuni operai il fatto che nessuno della Fim-Cisl abbia parlato all’assemblea in cui si è deciso di proseguire la lotta pur rivedendone alcune modalità potrebbe rappresentare più di un segnale. «L’impressione — racconta al manifesto Emanuele, operaio Ast iscritto Fiom, è che qualcuno stia lavorando sottotraccia per dividere i lavoratori. E gli attacchi arrivati alla nostra organizzazione per un fatto elementare di democrazia come quello di discutere con i propri iscritti rischiano di non essere solo un caso».
La Fiom di Terni è infatti salita sul banco degli imputati con l’accusa di voler dividere i lavoratori non appena è stata resa pubblica la convocazione di una riunione alla presenza di Landini. «Eppure domani (oggi, ndr) arriverà a Terni il segretario della Fim Cisl Bentivogli — afferma dal palco Michele Di Fabio, Rsu Fiom — a pappagallo rispetto a quanto fatto da noi, ma non ho sentito lo stesso coro di polemiche».
Il segretario provinciale dei metallurgici Cgil, Claudio Cipolla apre l’assemblea dicendo che «la decisione delle Rsu Tk Ast di operare una parziale ripresa del lavoro (entreranno in acciaieria solo alcuni reparti e in orari determinati) non è in nessun caso una smobilitazione della lotta, dato che le portinerie resteranno bloccate e dalle acciaierie continuerà a non uscire nulla. Tuttavia — prosegue Cipolla — ci sono elementi di novità rispetto al piano industriale presentato all’inizio di cui non possiamo non tener conto».
La Thyssen Krupp ha infatti ritirato la proposta iniziale di mettere a verifica biennale l’impianto di produzione a caldo, accettando di fissare una durata quadriennale del piano industriale, ha stabilito in 1 milione di tonnellate il livello minimo di produzione (conditio sine qua non per il mantenimento dei due forni) e ha stanziato investimenti per il sito. «Tutte cose che quando abbiamo iniziato la trattativa non erano sul tavolo — dice nell’intervento conclusivo Maurizio Landini — e che ci sono arrivate solo grazie a questa lotta. La mediazione del governo — continua — è infatti fallita subito. Se fosse per loro noi avremmo dovuto accettare i licenziamenti l’8 ottobre, una cosa che non mi era mai capitato di sentirmi dire da un governo».
La strada per l’accordo è ancora lunga e le aperture della multinazionale tedesca sono solo timidi segnali, da approfondire in sede di trattativa. L’appuntamento è al Mise, domani. «Una giornata che con tutto quello che si è costruito attorno a questa vicenda diventa cruciale — dice ancora Landini — e alla quale arriviamo dimostrando elasticità. Saper modulare gli scioperi significa infatti dimostrare all’azienda di poter cambiare gioco in base all’andamento della vertenza, con la consapevolezza che c’è ancora molto da fare. E mercoledì faremo le nostre proposte».