Il pressing dei renziani dura da tempo, ma ha avuto una forte accelerazione negli ultimi giorni. Con una serie di riunioni tra i dirigenti locali e il vicesegretario Lorenzo Guerini, che per conto di Renzi sta seguendo il dossier Milano (come ha raccontato ieri all’edizione milanese di Repubblica). Pisapia ha letto e in mattinata è sbottato: «Non mi faccio certo dettare l’agenda dalla segreteria nazionale del Pd; manca ancora un anno e sei mesi alle elezioni e io non ho dubbi né tentennamenti sulle priorità e il futuro di Milano; onoro il mio impegno coi cittadini lavorando giorno e notte per affrontare le sfide che ci attendono». Ma sulla ricandidatura il sindaco continua a sorvolare. Tra le sfide più importanti indicate da Pisapia c’è l’Expo: «Giuliano — racconta un suo stretto collaboratore — non deciderà nulla prima che siano passati almeno due mesi dall’inizio dell’esposizione, vuole vedere come la città reggerà questa prova e capire se per lui sarà un trampolino o un segnale d’allarme».
Ma in serata la polemica si attenua. Pisapia sente Guerini, e il vice di Renzi detta alle agenzie: «Nessun ultimatum o diktat; in vista del 2016 ci sarà tempo e modo di fare, nell’ambito della coalizione che guida la città, le valutazioni che riguardano il futuro di Milano». E anche il segretario lombardo Alessandro Alfieri getta acqua sul fuoco, con una dichiarazione concordata con Guerini: «Le candidature degli amministratori locali le decidono i territori, principio totalmente condiviso dalla segreteria nazionale ». Il sindaco apprezza e ringrazia: «Adesso lavoriamo tutti insieme, da parte mia non c’è mai stata alcuna volontà polemica, ma solo la necessità di un chiarimento». Gli assessori, anche e soprattutto quelli del Pd,fanno quadrato: «Il nostro candidato è Pisapia ». A mettere i piedi nel piatto è soprattutto il democratico non renziano Pierfrancesco Majorino, che in giunta si occupa di Servizi sociali: «A Milano il Pd con il sindaco è correttissimo, ma a Roma dico che non saranno i diktat delle correnti a farci decidere che cosa fare». Interviene pure Gianni Cuperlo, ieri a Milano per il battesimo di Sinistradem: «Pisapia ha ragione a dire che deciderà lui».
Ma la destra soffia sul fuoco, tentando di accomunare nel “fallimento” le due città più importanti governate dal centrosinistra. Giovanni Toti, Forza Italia: «Roma e Milano sono allo sbando, se ne accorge anche il Pd». La sua collega di partito Mariastella Gelmini: «Si è ufficialmente aperta la campagna elettorale per il dopo Pisapia». E il leghista Matteo Salvini: «Pisapia come Marino vede il fallimento; in sé è una brava persona, ma ha una squadra non all’altezza».