by redazione | 12 Novembre 2014 8:55
L’ultimo «a ballare sul ponte del Titanic» è il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, tuttora innamorato del ponte sullo Stretto di Messina, che ha ribadito come l’opera ferroviaria sia prioritaria e strategica, e che i costi non siano cambiati (2,9 miliardi di euro), come previsto.
Altra musica durante l’audizione. Non sono state realmente smentite le ultime indiscrezioni di stampa che parlano di una spesa lievitata a 13,6 miliardi (7,7 per l’Italia) per la tratta internazionale della Torino-Lione. «L’analisi costi-benefici — ha spiegato Messori — è stata fatta prima della crisi del debito sovrano in Europa e dopo il mondo è cambiato. Il 2015 non è assimilabile al mondo del 2007–2008. C’è un’estrema incertezza per i costi e i ricavi».
Non sono mancate le scintille, ieri, in Senato. Infuriato il senatore Pd Esposito, vicepresidente della Commissione: «L’audizione dei vertici Rfi mette una grande tristezza. Non sono tollerabili l’approssimazione e la superficialità con le quali il presidente Messori e l’ad Elia sono venuti a presentare i costi della Tav in una commissione del Senato». E aggiunge una stilettata: «Sono venuti impreparati e, da oggi, il presidente di Fs Messori è ufficialmente uno degli idoli No Tav: ne risponderà lui e chi l’ha nominato».
Ma come si è arrivati alle nuove cifre? Lo hanno spiegato i vertici delle Ferrovie. La rivalutazione monetaria al 3,50% che porta i costi dell’opera a 13 miliardi «è un’ipotesi di calcolo» ha sottolineato il presidente Messori. L’amministratore delegato di Fs, Michele Elia, ha, però, precisato che «questo tasso, con la deflazione, potrebbe anche essere negativo». E che per la parte italiana la spesa prevista tuttora resta di 2,9 miliardi. Se cambierà, lo si saprà forse solo a febbraio, quando Italia e Francia risponderanno al bando europeo per il finanziamento dell’opera per il periodo 2014–2020. Elia ha parlato, comunque, di un progetto definitivo e di un’opera — la tratta internazionale della Torino-Lione — pronta in 12 anni. La rivalutazione, ha spiegato, è prevista dalla normativa francese che prevede un sistema di revisione dei prezzi, che in Italia non esiste e del quale «occorre tener conto» dal momento che «l’appalto sarà fatto con regole francesi».
Il presidente Messori ha, poi, precisato: «L’opera fa parte di un progetto europeo. Ci sono dunque due fattori da valutare, l’incertezza sui costi-ricavi e il fatto che bisogna porre l’opera in una prospettiva continentale». Sottolineando, al termine dell’audizione: «È importante un certificatore terzo che faccia le sue valutazioni nella maniera più approfondita possibile. Gli strumenti ci sono». Con un occhio attento anche ai ricavi.
Questa mattina i No Tav presenteranno, all’Unione Culturale Franco Antonicelli, «la documentazione sulla Torino e i veri costi». La storia su questo contestatissimo progetto non è di certo conclusa.
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