by redazione | 29 Novembre 2014 10:22
«La sinistra deve avere il coraggio di guardare ai diritti, al lavoro e alla cittadinanza. E il rapporto fra sinistra riformista e sinistra radicale non funziona se non c’è una individuazione di obiettivi condivisi. Anche le istituzioni, anche quelle sul territorio devono occuparsi di queste materie ognuna nell’ambito delle sue competenze. Si parla tanto di lavoro ma il tema di chi rappresenta chi e di come vengono validate le decisioni prese viene eluso, accantonato. Il governo ha la tendenza a non riconoscere i corpi intermedi. E questo è un grave errore».
Così, quasi en passant, giurando di non voler addentrarsi nella strada che comunque sarà in salita delle prossime primarie in Liguria, la scorsa settimana Sergio Cofferati pennellava la cometa — il natale è alle porte — delle sua campagna elettorale. Che sarà breve, partirà lunedì per concludersi con il voto l’11 gennaio quando si apriranno i gazebo, cielo permettendo.
La prima sfida di Cofferati è vincere, ma anche portare i liguri a votare. Ma questo suo ragionamento contiene già un vasto programma, che potrebbe andare al di là delle primarie. L’europarlamentare ha innestato la retromarcia da Bruxelles a Genova per tentare la strada del governatorato sfidando l’assessora Raffaella Paita, sostenuta dall’uscente Claudio Burlando. I sondaggi danno Cofferati avanti.
Dal Nazareno Renzi non ha ancora deciso con chi schierarsi, dopo aver tentato inutilmente il pressing per convincere alla corsa Andrea Orlando, ministro di giustizia e spezzino di belle speranze, recordman di voti alle parlamentarie 2012.
Cofferati ha incassato, è notizia di queste ore, l’appoggio di Sel. Ma anche quello della Rete a sinistra, costellazione di associazioni e cittadini nata per ispirazione di Pippo Civati e Luca Pastorino, deputato Pd e sindaco di Brugliasco. E ancora, ma qui le notizie non sono ufficiali, già da tempo si muovono per lui alcuni esponenti di Rifondazione e dell’area Tsipras.
E così sotto le insegne del Cinese, l’uomo che dieci anni fa portò in piazza due milioni di persone contro l’abolizione dell’art.18 da parte del governo Berlusconi (sul palco con lui c’era lo stato maggiore della Cgil, che oggi dagli scranni parlamentari del Pd ha votato sì alla stessa proposta, stavolta targata Renzi), il leader mancato del Correntone di diessina memoria (anziché capeggiare quell’area nel 2004 riparò a fare il sindaco di Bologna), insomma sotto le insegne della sua eterna promessa rimandata se non proprio delusa stavolta potrebbe ricostruirsi una qualche concordia fra tutte le sinistre Pd ( persino quelle renziste: lo sostiene anche Alberto Villa, giovane turco genovese che si è ritirato dalla competizione per affiancarlo), quelle fuori del Pd fino a quelle meno coalizzabili.
Questo mentre a Roma le alleanze sono seppellite sotto il lastrone di marmo dell’Italicum. E nelle altre sei regioni che andranno al voto in primavera sono ancora un periodo ipotetico dell’irrealtà.
Ieri è andata in crisi la più solida di tutte, quella pugliese, legata a un patto che sembrava indissolubile fra l’ex presidente Vendola e l’entrante Emiliano. E così la strada della sinistra che prova a riorganizzarsi passa per l’iniziativa del 13 dicembre a Bologna dell’associazione «È possibile» di Civati; per Milano dove Vendola dal 23 al 25 gennaio ha convocato la sua Leopolda rossa mettendo insieme Civati, Fassina anche il greco Tsipras e lo spagnolo Pablo Iglesias dell’emergente Podemos. E arriva a Genova, per riquagliare per la prima volta da tempo un fronte (quasi) unitario in grado di battere Renzi, anche se solo per interposto candidato.
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