Se il Tfr in busta si mangia gli 80 euro

Se il Tfr in busta si mangia gli 80 euro

Loading

Cre­scono gli equi­voci stru­men­tali nel dibat­tito sul Tfr in busta paga che tira in ballo anche le pen­sioni e la cre­scita. Per fare il punto, è utile ricor­dare che il Tfr è una parte del sala­rio (6,91%), messo a rispar­mio per le neces­sità che sor­gono quando cessa il rap­porto di lavoro o, prima, per spese par­ti­co­lari (sani­ta­rie, per la casa, pre­vi­denza inte­gra­tiva). Dun­que il Tfr è già red­dito dei lavo­ra­tori (anche se in molti cer­cano di appro­priar­sene) ma met­terlo in busta paga gioca ad illu­dere che sia un aumento del salario.

La pro­po­sta gover­na­tiva è accom­pa­gnata dall’ideologismo tardo libe­ri­sta che si resti­tui­rebbe libertà di scelta ai lavo­ra­tori sul pro­prio sala­rio; ma spe­cu­lando sulle neces­sità imme­diate poste dalla crisi, si pri­ve­rebbe cia­scun lavo­ra­tore e l’intero sistema economico-sociale di un ammor­tiz­za­tore con­tro la disoc­cu­pa­zione pro­prio men­tre essa aumenta strut­tu­ral­mente. E se è vero che il Tfr è una spe­ci­fi­cità del nostro sistema di wel­fare, ancor più sop­pe­ri­sce all’inadeguatezza delle nostre assi­cu­ra­zioni con­tro la per­dita del lavoro. Con que­sto neo­li­be­ri­smo alle von­gole, oltre a smon­tare lo stato sociale (pro­prio quando più serve), si potrebbe giu­sti­fi­care anche l’eliminazione di altre misure meri­to­rie (che gli indi­vi­dui non rie­scono a per­ce­pire come tali) quali l’obbligo sco­la­stico o delle cin­ture di sicu­rezza in auto.

Ma il prov­ve­di­mento gover­na­tivo, oltre a con­trad­dire la meri­to­rietà lun­gi­mi­rante che dovrebbe gui­dare l’azione pub­blica, è addi­rit­tura ingan­ne­vole. Infatti, la “libertà” di disporre del Tfr in busta paga avrebbe un prezzo. Poi­ché l’aliquota fiscale sul Tfr è del 23%, cioè come quella minima appli­cata sui red­diti lordi fino a 15.000 euro, per tutti i red­diti supe­riori – cioè la mag­gio­ranza — l’anticipo in busta paga impli­che­rebbe mag­giori impo­ste; inol­tre, potrebbe por­tare il red­dito oltre la soglia di 26.000 euro, supe­rando il limite per avere il bonus degli 80 euro al mese.

Niente male come inganno!

La pro­po­sta gover­na­tiva si basa poi su spe­ranze macroe­co­no­mi­che illu­so­rie. Come mostra l’esperienza degli 80 euro in busta paga, è ragio­ne­vole pre­ve­dere che nean­che la dispo­ni­bi­lità del Tfr si tra­duca in mag­giori con­sumi, per­ché la crisi accen­tua l’incertezza sul futuro. Nella situa­zione attuale di “trap­pola della liqui­dita”, una pic­cola dispo­ni­bi­lità finan­zia­ria aggiun­tiva (che sosti­tui­sce e riduce un’entrata futura) non si tra­duce in aumento della domanda.

Anche per­ché – e dovrebbe essere un aspetto pri­ma­rio in que­sto dibat­tito — nelle attuali con­di­zioni di accen­tuata debo­lezza con­trat­tuale dei lavo­ra­tori, l’aumento della busta paga deri­vante da decon­tri­bu­zioni ten­de­rebbe ad essere tra­slato, ovvero rias­sor­bito, a favore dei datori di lavoro, spe­cial­mente nelle trat­ta­tive indi­vi­duali o con pochi dipen­denti. In poco tempo, quel 6,9% del sala­rio sarebbe perso dai lavoratori.

Gli equi­voci nel dibat­tito sull’uso del Tfr sono accre­sciuti dalle con­tra­rietà a tra­sfe­rirlo in busta paga espresse da chi sostiene lo svi­luppo dei fondi pen­sione pri­vati anche sosti­tu­tivo del sistema pub­blico; per i fondi, infatti, si ridur­rebbe la loro prin­ci­pale fonte di finan­zia­mento. Negli ultimi anni, la crisi ha accen­tuato l’attenzione sul fatto che, per via della cro­nica carenza d’opportunità d’investimenti finan­ziari esi­stenti nel nostro sistema eco­no­mico, i fondi allo­cano all’estero il 70% del rispar­mio pre­vi­den­ziale da essi gestito e ne impie­gano una parte irri­so­ria, meno dell’1%, in azioni di imprese ita­liane. Per atte­nuare almeno quest’ingente fuo­riu­scita di rispar­mio, si è aperto un dibat­tito — che ha coin­volto anche le asso­cia­zioni dato­riali, i sin­da­cati e rap­pre­sen­tanti dello stato — per sti­mo­lare una rial­lo­ca­zione delle risorse finan­zia­rie dei Fondi a soste­gno dello svi­luppo eco­no­mico nazionale.

Que­sto ten­ta­tivo è stato com­ple­ta­mente spiaz­zato dalla nuova pos­si­bi­lità di tra­sfe­rire il Tfr in busta paga; gene­rando un ulte­riore para­dosso. Da più parti, la pro­po­sta gover­na­tiva viene cri­ti­cata per il suo effetto di ridurre il rispar­mio pre­vi­den­ziale, ma in nome dello svi­luppo anche sosti­tu­tivo dei fondi pen­sione, rimuo­vendo dun­que la cir­co­stanza tanto dibat­tuta che essi sono un canale di ingente tra­sfe­ri­mento all’estero di quello stesso rispar­mio. Invece si con­ti­nua ideo­lo­gi­ca­mente a tra­scu­rare che il sistema pen­sio­ni­stico pub­blico a ripar­ti­zione, oltre ad avere meno costi di gestione e offrire pre­sta­zioni non legate all’elevata insta­bi­lità dei mer­cati finan­ziari, trat­tiene per intero il rispar­mio che gestisce.

Volendo rispet­tare dav­vero la libertà di scelta dei lavo­ra­tori nell’uso del Tfr, ma senza inde­bo­lire il meri­to­rio rispar­mio pre­vi­den­ziale, sarebbe molto più con­se­guente con­ce­dere la pos­si­bi­lità (oggi pre­clusa) di indi­riz­zarlo, con tutta la fles­si­bi­lità pre­fe­rita da cia­scun lavo­ra­tore, verso il sistema pen­sio­ni­stico pub­blico, il cui sistema di finan­zia­mento con­tri­bu­tivo con­sen­ti­rebbe di aumen­tare la coper­tura pen­sio­ni­stica senza nes­sun costo gestio­nale aggiun­tivo. Que­sta pos­si­bi­lità, già det­ta­gliata in un pro­getto di legge, avrebbe anche l’importante bene­fico effetto di miglio­rare il bilan­cio pub­blico; e se tali flussi con­tri­bu­tivi aggiun­tivi fos­sero indi­riz­zati a finan­ziare inve­sti­menti infra­strut­tu­rali e inno­va­tivi, se ne gio­ve­rebbe ancor più lo svi­luppo del Paese, chiu­dendo posi­ti­va­mente il cer­chio che uni­sce meri­to­rietà sociale e cre­scita economica.

Può inte­res­sare alla politica?



Related Articles

Unione Europea. Alla fine a Bruxelles si trova il compromesso sulla Direttiva rider

Loading

La Germania si astiene per la contrarietà dei liberali di governo, solo la Francia rimane ferma sul no. Esentato il settore taxi, una buona notizia per la ministra italiana Calderone

Carceri, scuole, ospedali e palazzi nel superfondo degli immobili di Stato

Loading

Nel centro del centro di Roma  c’era una volta un ospedale.  San Giacomo, si chiamava. Finché  un bel giorno il governatore del Lazio, Piero Marrazzo, decise di chiuderlo.  Apriti cielo!

Il Paese che non si rassegna. «Via questa manovra incivile»

Loading

A Roma Susanna Camusso ha guidato la manifestazione per lo sciopero generale della Cgil
La necessitaÌ€ di una svolta politica ed economica. Attacco a Sacconi, «il ministro peggiore»
La Cgil riempie le sue 100 piazze per uno sciopero che è un successo politico e sindacale. Susanna Camusso dal palco al Colosseo attacca il governo, soprattutto Sacconi, e promette: cambieremo la manovra.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment