Sanità, la lotta dei lavoratori Ce. Fi. A Roma prove di sindacalismo sociale

by redazione | 20 Novembre 2014 13:35

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Un anno e mezzo senza sti­pen­dio, pari a 330 mila euro, e la pro­spet­tiva di non recu­pe­rare più 486 mila euro di già accre­di­tati dalla regione Lazio. È la con­di­zione in cui si tro­vano oggi i 40 medici, psi­co­logi, tera­pi­sti, logo­pe­di­sti e ammi­ni­stra­tivi, tre dipen­denti, 37 par­tite Iva e col­la­bo­ra­tori del Ce?.Fi. un cen­tro di ria­bi­li­ta­zione ambu­la­to­riale e domi­ci­liare, accre­di­tato con la Regione Lazio, attivo a Ciam­pino e nei Castelli Romani.

Il Ce. Fi è uno dei nume­rosi cen­tri sani­tari privati-convenzionati che oggi arti­co­lano il 75% della sanità laziale. Dall’ente gover­nato dal centro-sinistra di Nicola Zin­ga­retti ha rice­vuto un bud­get da 1 milione di euro annuo per 143 posti in con­ven­zione, il 20% dei quali desti­nati ai bam­bini con disa­bi­lità moto­rie o cogni­tive. Un ser­vi­zio fon­da­men­tale, visto che nella zona tra Roma sud, Morena e Vel­le­tri non ne esi­stono di simili per almeno mezzo milione di abi­tanti. Ritardi di paga­mento della regione e la mala gestione del cen­tro hanno por­tato al tra­collo: 1,7 milioni di euro di debito con Equi­ta­lia. Soldi che oggi nes­suno vuole pagare, né la Regione né il con­sor­zio di coo­pe­ra­tive Val­co­mino che si è detto inte­res­sato a rile­vare il ramo d’impresa, ma non i debiti. Al posto loro lo hanno fatto i lavoratori.

Sem­bra infatti che qual­cuno alla regione, all’insaputa della Cabina di regia della Sanità (com­mis­sa­riata e senza asses­so­rato), abbia ver­sato i 486 mila euro a Equi­ta­lia, come saldo del debito. Per i 40 lavo­ra­tori è stata una cata­strofe. Molti di loro, per anni, hanno svolto un lavoro dipen­dente masche­rato da par­tita Iva. Alcuni di loro sono in grande dif­fi­coltà. Ada dice «di avere lavo­rato tan­tis­simo fino alla fine. Era la mia prin­ci­pale fonte di red­dito. Poi mi hanno sfrat­tata. Vor­rei fare il mestiere delle badanti. Almeno loro ven­gono tute­late dalle fami­glie. Le imprese cal­pe­stano i diritti fon­da­men­tali delle per­sone. Mi sento come Pao­lino Pape­rino». Con un anno e mezzo di sti­pen­dio in meno sulle spalle Bar­bara ha lavo­rato fino all’ultimo giorno quando ha tro­vato l’insegna smon­tata e la luce tagliata. Oggi dice di «volere una solu­zione che mi per­metta di dire ai miei due figli di 18 e 21 anni che qui c’è un futuro e di non andare all’estero».

Una sto­ria della sanità ita­liana al tempo dell’abbattimento dei costi del wel­fare dove tra appalti e subap­palti si per­dono per strada i diritti e le com­pe­tenze neces­sa­rie a com­pren­dere e inter­ve­nire tem­pe­sti­va­mente sui disagi dei bam­bini e degli adulti. Una sto­ria che pre­senta tut­ta­via una novità. I lavo­ra­tori hanno incon­trato le Camere del Lavoro Auto­nomo e Pre­ca­rio (Clap), un’esperienza di auto-organizzazione per par­tite Iva e precari.

Nate un anno fa a Roma, hanno par­te­ci­pato allo scio­pero sociale di venerdì 14 novem­bre e oggi hanno la sede alle Offi­cine Zero occu­pate, nell’atelier Esc a San Lorenzo, Lab Puzzle e al cen­tro sociale Corto Cir­cuito. Insieme con i lavo­ra­tori del Ce?.Fi. hanno inau­gu­rato una nuova forma di «sin­da­ca­li­smo sociale» aprendo una ver­tenza con la regione.

«Non c’è cate­go­ria, ordine pro­fes­sio­nale, che possa tenere assieme lavo­ra­tori dei call cen­ter e delle puli­zie, gra­fici e disoc­cu­pati, ricer­ca­tori e ope­ra­tori sociali — scri­vono sul loro sito le Clap – biso­gna costruire il comune delle lotte e della soli­da­rietà». Domani è pre­vi­sto un tavolo con Regione, cabina di regia e con­sor­zio dove si pro­verà ad otte­nere la garan­zia del pre­gresso e la con­ti­nuità produttiva.

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