Ecco la riforma della Rai un supermanager al vertice cda-smart eletto dalle Camere e 65 euro di canone nell’Irpef

by redazione | 23 Novembre 2014 9:15

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ROMA . La rivoluzione Rai si consuma in tre step. Ma da portare a compimento con un blitz di poche settimane, al più tra fine dicembre e i primi di gennaio con un provvedimento del governo. A Palazzo Chigi hanno deciso di affondare i bisturi su quel corpaccione stagionato da mezzo secolo che è passato indenne attraverso cento cambi di governo, mille lottizzazioni, innumerevoli “editori di riferimento”.
Il ricorso del cda contro i tagli dell’esecutivo non c’entra nulla, Matteo Renzi guarda già oltre, ora la priorità del governo è il maxi piano da definire ormai solo nei dettagli. Cambia tutto per Viale Mazzini, ma molto anche per l’utente-contribuente, che vede intanto quasi dimezzata (forse già da gennaio) la quotacapestro dell’abbonamento. In bolletta o addirittura inserita in dichiarazione dei redditi, una svolta senza precedenti. Canone con l’Irpef. Mossa che – per l’esecutivo – da sola potrebbe garantire la popolarità dell’intera manovra Rai. Un’operazione strutturale destinata comunque a cambiare volto alla “governance” — dalla nuova figura dell’Amministratore delegato ai criteri di nomina dei membri del cda — da sottrarre ai tentacoli politico parlamentari. Fino al contratto di servizio pubblico, tutto da ridisegnare.
IL CANONE IN BOLLETTA.
Da gennaio il Canone Rai (che ammontava a 113,50 euro da pagare entro il 31 gennaio del 2014) sarà inserito nella bolletta dell’energia elettrica. Lo strumento sarà un emendamento alla legge di stabilità in Senato, in modo da rendere operativa la svolta fin dal gennaio 2015. Ma la svolta vera, quella che interesserà gli utenti, starà nell’importo: 65 euro, che sarà possibile diluire per ciascuna delle bollette (mensile o bimestrale a seconda del gestore), fin quasi a sparire dunque nella percezione collettiva. Sarà dunque collegata alla bolletta di erogazione dell’energia elettrica di ciascuna abitazione, a prescindere dal denunciato possesso (o meno) di una tv in casa. Sono trenta milioni i contratti oggi in Italia. Obiettivo, neanche a dirlo, è aggirare il mostro dell’evasione, stimata in 600 milioni di euro ogni anno. Si pagherà però per tutte le abitazioni. Per essere chiari, chi ne avrà tre, si vedrà recapitati tre canoni distinti in bolletta elettrica. Il vero vantaggio è per la stragrande maggioranza di italiani che vanta una sola casa, col dimezzamento dei costi. Il risultato immediato per la Rai sarà l’aumento del gettito, stimato oggi in circa 1,7 miliardi di euro: dovrebbe passare a 1,8 miliardi. L’idea del governo è quella di collegare la vecchia tassa sulla tv al patrimonio e non al reddito. Per le aziende che erogano energia e che dovranno rimodulare le loro bollette è prevista invece la possibilità di ottenere dei rimborsi. Se il progetto del governo dovesse incontrare ostacoli lungo il cammino parlamentare o in fase di realizzazione, sono già allo studio delle contromisure. La prima: l’inserimento della bolletta elettrica nella dichiarazione dei redditi, una novità della quale non si era parlato finora; la seconda: l’invio del bollettino per il pagamento del canone in abbinata (ma distinto) con la bolletta elettrica. Passi una soluzione o l’altra, il messaggio del governo è semplice: da gennaio sarà molto più difficile sottrarsi alla tassa.
LA NUOVA GOVERNANCE
Addio alla figura del direttore generale (oggi Luigi Gubitosi). L’azienda di Viale Mazzini sarà guidata da un amministratore delegato, con tutti i poteri dell’ad di una società privata. Il progetto al momento prevede che venga proposto dall’azionista di maggioranza, dunque dal ministero del Tesoro per poi essere approvato dal cda (il governo lo prefe- rirebbe) o dal Parlamento. Il Consiglio di amministrazione passa dagli attuali nove a cinque componenti, chiamati a entrare in gioco solo per le grandi scelte strategiche e non già, come avviene oggi, per ogni decisione operativa del day by day. Sarà sempre il Parlamento però a eleggere i consiglieri (come del resto elegge altri organi di garanzia quali i componenti della Consulta o del Csm). Solo in alternativa alle Camere in seduta Comune, sarebbe allo studio anche l’ipotesi della più ristretta commissione di Vigilanza Rai. I nomi sarebbero eletti tra una “rosa” indicata da soggetti esterni e autonomi della politica come l’Agcom (l’Autorità per le comunicazioni), la Conferenza Stato-Regioni, il Consiglio dei rettori, la Corte Costituzionale e i presidenti delle Camere. Il presidente, infine, dovrebbe essere indicato dal cda ed eletto dalla commissione di Vigilanza. Tutto a un solo fine: cancellare logiche di lottizzazione che hanno sempre governato la selezione dei vertici. Sarà davvero la volta buona?
Palazzo Chigi ci proverà attraverso un disegno di legge da adottare in Consiglio dei ministri tra fine dicembre e i primi di gennaio, subito dopo la sessione di bilancio, ma da approvare entro maggio. Non a caso. A metà 2015 è in scadenza il cda in vigore oggi e bisognerà cambiare prima se si vorrà procedere al rinnovo con le nuove regole. Il ddl arriverà solo a fine anno per evitare l’ingorgo che già stressa il Parlamento, ma anche per attendere che diventi legge l’inserimento del canone in bolletta proprio nella legge di stabilità. L’obiettivo del governo Renzi è quello di riportare la Rai nell’alveo delle grandi aziende, soprattutto al fine di snellirne le arcaiche e lente procedure decisionali. Stop agli appalti per ogni genere di spesa, anche quelle minute di penne e matite. Secondo obiettivo, far rientrare l’azienda pubblica tra le fattispecie disciplinate dal Codice civile. Dunque, società per azioni o quella con il modello duale con un consiglio di sorveglianza: netta la predilezione del governo per la prima soluzione.
IL SERVIZIO PUBBLICO
Il contratto di servizio pubblico, che disciplina i rapporti tra lo Stato e la più grande azienda culturale, è in scadenza nel 2016. Il governo Renzi ha intenzione di anticipare il rinnovo al 2015, ovvero ai prossimi mesi. Cosa cambia? Nella filosofia di Palazzo Chigi viene ridefinita l’idea stessa di servizio pubblico. Non più un’azienda assistita che vive con una programmazione a breve gittata, appesa sempre alle mammelle del Tesoro. E infatti, per realizzare l’obiettivo, viene trasformata la struttura stessa del contratto, che da triennale viene reso decennale. La Rai conoscerà in anticipo quanto incasserà dal gettito statale di anno in anno: nel 2015 dovrebbe ammontare a 1,8 miliardi, come si è visto, destinati a lievitare con il recupero dell’evasione tramite bolletta. E questo consentirà ai futuri nuovi amministratori della “società” di poter pianificare una road map di investimenti degno di un’azienda da oltre 10 mila dipendenti. Sarà la Rai del futuro, se la maxi operazione andrà in porto nei termini definiti dal governo. Il presente appare assai più tormentato e burrascoso. Nella settimana che si è appena chiusa, il cda ha deciso a maggioranza di far ricorso contro il decreto Irpef che prevede tagli per 150 milioni. Atto di guerra contro palazzo Chigi. Il bilancio 2013 dell’azienda ha chiuso in attivo per 5 milioni di euro, dopo la perdita di 244 milioni del 2012. Il direttore Gubitosi prevede un 2014 non roseo, a causa dei diritti e dei costi legati al mondiale in Brasile. La sfida ambiziosa di Renzi è quella di archiviare il “Cavallo morente” simbolo di Viale Mazzini per tenere in vita il solo “Cavallo alato” di Saxa Rubra. Ma sarà un’impresa.
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