Pittella: «Niente sconti: Juncker venga in Aula a spiegare»
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BRUXELLES «Siamo allibiti, e indignati. Juncker venga al più presto nell’aula del Parlamento europeo per portare chiarezza immediata: su questa vicenda particolare, e su che cosa intende fare in futuro per far sì che nessuno Stato pratichi la concorrenza sleale utilizzando la leva fiscale. Ma Juncker ci deve convincere. E non faremo sconti».
Gianni Pittella è il presidente del gruppo dei deputati socialisti e democratici, il secondo gruppo dell’Europarlamento e perno della coalizione tripartita con i popolari (Ppe) e i liberaldemocratici (Alde), che finora ha tenuto a bada l’onda dei gruppi antieuropeisti. Jean-Claude Juncker, neo presidente della Commissione europea ed ex primo ministro del Lussemburgo, è invece un popolare di cui alcuni deputati chiedono già le dimissioni, sull’onda del caso «LuxLeaks».
Anche voi socialisti e democratici chiedete che se ne vada? Se lo faceste, crollerebbe probabilmente la maggioranza…
«No, non chiediamo le sue dimissioni. Non sarebbe corretto, prima di sentire la sua versione dei fatti. E l’Unione europea è di fronte a un pericolo terribile di stallo, la nuova Commissione ha appena detto che si troveranno 300 miliardi da investire sulla crescita».
Si sente più ottimista, rispetto all’era Barroso?
«L’era Barroso è stata quella dell’iperburocrazia e dell’inazione. L’era Juncker dev’essere quella del fare, con la massima trasparenza. Abbiamo bisogno di stabilità. Ma detto questo, non escludo nulla. La questione venuta alla luce in questi giorni è grave. Ripeto: niente sconti, la chiarezza sopra ogni altra cosa. Non siamo nemici di Juncker ma nemmeno, come dire, amici a prescindere».
Se le rivelazioni di LuxLeaks fossero confermate, e il premier di allora risultasse davvero coinvolto, sarebbe possibile distinguere fra quel suo ruolo passato e quello presente, ai vertici della Ue?
«Ognuno ha ruoli diversi, storie diverse da cui ricava frutti politici diversi. Non è questo il punto. Mi sembra invece importante che alcuni gruppi come il mio abbiamo chiesto un chiarimento immediato».
Che cosa vi aspettate esattamente che Juncker vi dica?
«Quello che è avvenuto, naturalmente. E poi, come intende armonizzare nei vari Paesi la lotta agli aiuti di Stato (in questo caso le facilitazioni fiscali alle imprese straniere, ndr) , gestiti dalle grandi lobby finanziarie».
È da anni che la Ue promette un repulisti .
«Spesso si usano strumenti perversi per arricchirsi a spese del contribuente ed è davvero grave. Da un lato, ad esempio, in Italia con le acciaierie Thyssen-Krupp si chiede allo Stato di fare sacrifici e tagliare i bilanci, mentre dall’altro, secondo le accuse, lo stesso gruppo può beneficiare in Lussemburgo della leva fiscale. E non sono aiuti di Stato, questi?».
Torniamo agli investimenti veri, i 300 miliardi promessi da Juncker. La cancelliera Angela Merkel ha ripetuto più volte che devono essere soldi privati, non pubblici, e quasi certamente Juncker la pensa nello stesso modo…
«Devono essere soldi freschi, non il frutto del riciclaggio di vecchi progetti dimenticati o andati a male. E devono essere soldi privati e pubblici. I campi in cui agire non mancano: l’energia, la banda larga, il digitale, le reti fisiche».
Nell’Europarlamento, i gruppi antieuropeisti sembrano ridotti a più miti consigli, rispetto ai loro proclami del dopo elezioni. Rappresentano ancora un pericolo?
«Il vero pericolo per la Ue è l’inazione. Compiere azioni positive per la domanda interna, per gli investimenti pubblici e privati, quella è la vera arma per ridurre la carica degli antieuropeisti. Se invece si sceglierà l’inazione, allora chi usa le parole come una clava avrà buon gioco».
Anche voi socialisti e democratici chiedete che se ne vada? Se lo faceste, crollerebbe probabilmente la maggioranza…
«No, non chiediamo le sue dimissioni. Non sarebbe corretto, prima di sentire la sua versione dei fatti. E l’Unione europea è di fronte a un pericolo terribile di stallo, la nuova Commissione ha appena detto che si troveranno 300 miliardi da investire sulla crescita».
Si sente più ottimista, rispetto all’era Barroso?
«L’era Barroso è stata quella dell’iperburocrazia e dell’inazione. L’era Juncker dev’essere quella del fare, con la massima trasparenza. Abbiamo bisogno di stabilità. Ma detto questo, non escludo nulla. La questione venuta alla luce in questi giorni è grave. Ripeto: niente sconti, la chiarezza sopra ogni altra cosa. Non siamo nemici di Juncker ma nemmeno, come dire, amici a prescindere».
Se le rivelazioni di LuxLeaks fossero confermate, e il premier di allora risultasse davvero coinvolto, sarebbe possibile distinguere fra quel suo ruolo passato e quello presente, ai vertici della Ue?
«Ognuno ha ruoli diversi, storie diverse da cui ricava frutti politici diversi. Non è questo il punto. Mi sembra invece importante che alcuni gruppi come il mio abbiamo chiesto un chiarimento immediato».
Che cosa vi aspettate esattamente che Juncker vi dica?
«Quello che è avvenuto, naturalmente. E poi, come intende armonizzare nei vari Paesi la lotta agli aiuti di Stato (in questo caso le facilitazioni fiscali alle imprese straniere, ndr) , gestiti dalle grandi lobby finanziarie».
È da anni che la Ue promette un repulisti .
«Spesso si usano strumenti perversi per arricchirsi a spese del contribuente ed è davvero grave. Da un lato, ad esempio, in Italia con le acciaierie Thyssen-Krupp si chiede allo Stato di fare sacrifici e tagliare i bilanci, mentre dall’altro, secondo le accuse, lo stesso gruppo può beneficiare in Lussemburgo della leva fiscale. E non sono aiuti di Stato, questi?».
Torniamo agli investimenti veri, i 300 miliardi promessi da Juncker. La cancelliera Angela Merkel ha ripetuto più volte che devono essere soldi privati, non pubblici, e quasi certamente Juncker la pensa nello stesso modo…
«Devono essere soldi freschi, non il frutto del riciclaggio di vecchi progetti dimenticati o andati a male. E devono essere soldi privati e pubblici. I campi in cui agire non mancano: l’energia, la banda larga, il digitale, le reti fisiche».
Nell’Europarlamento, i gruppi antieuropeisti sembrano ridotti a più miti consigli, rispetto ai loro proclami del dopo elezioni. Rappresentano ancora un pericolo?
«Il vero pericolo per la Ue è l’inazione. Compiere azioni positive per la domanda interna, per gli investimenti pubblici e privati, quella è la vera arma per ridurre la carica degli antieuropeisti. Se invece si sceglierà l’inazione, allora chi usa le parole come una clava avrà buon gioco».
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