Mid­term. Obama, la sconfitta e la sfida

Loading

È come quando la Pro­te­zione civile avverte che pio­verà forte, ma non sa dire esat­ta­mente quanto forte e quali saranno i danni. Le pre­vi­sioni ave­vano pre­an­nun­ciato la vit­to­ria dei Repub­bli­cani e i risul­tati dicono che la vit­to­ria c’è stata, di dimen­sioni supe­riori ai timori o alle aspet­ta­tive. E tut­ta­via, per certi versi, non senza qual­che ele­mento che in pro­spet­tiva ne smorza l’impatto poli­tico concreto.

Il dato poli­tico imme­diato è l’isolamento del Pre­si­dente: il nuovo Con­gresso è tutto con­tro di lui. Quindi sarebbe lecito pen­sare che saranno ancora più forti gli sbar­ra­menti che i Repub­bli­cani ave­vano già oppo­sto, per esem­pio, a pro­getti come l’innalzamento del sala­rio minimo e la riforma dell’immigrazione. Ed è più che pro­ba­bile che il loro attacco alla pre­si­denza demo­cra­tica si con­cen­trerà su due obiet­tivi prin­ci­pali: la riforma sani­ta­ria, per boi­cot­tare la quale hanno fatto ogni pos­si­bile bat­ta­glia in tutte le sedi legali; l’altrettanto invisa «legge Dodd-Frank», che ha sot­to­po­sto a norme e con­trolli le atti­vità del mondo finan­zia­rio. Di entrambe i Repub­bli­cani hanno detto di volere la cancellazione.

Non è detto, però, che nei pros­simi due anni essa venga per­se­guita con la stessa deter­mi­na­zione mostrata finora. A Obama resta comun­que il potere di veto, ed è con que­sto in mente che il nuovo spea­ker di mag­gio­ranza, l’appena rie­letto Mitch McCon­nell, si è affret­tato a dichia­rare la dispo­ni­bi­lità a «lavo­rare insieme» con il Pre­si­dente. In sostanza, l’unica pos­si­bi­lità che il Con­gresso eviti la para­lisi è la pra­tica del compromesso.

La para­lisi – quello che vogliono i Repub­bli­cani viene bloc­cato da Obama; quello che vuole lui viene fer­mato da loro – fer­me­rebbe sì il Pre­si­dente, che potrebbe agire solo con gli “Ordini ese­cu­tivi”, ma direbbe al paese che la mag­gio­ranza stessa è inetta. Il che met­te­rebbe poi in forse la pro­spet­tiva di una pre­si­denza repub­bli­cana nel 2016.

Ma non suc­ce­derà, per­ché «gli adulti», come ha scritto Tho­mas Edsall, hanno ripreso le redini del Par­tito repub­bli­cano e della sua agenda poli­tica. Quindi, se città e Stati con­ti­nue­ranno a innal­zare a 8–9 dol­lari l’ora o più il sala­rio minimo (adesso a 7,25) che Obama voleva por­tare a oltre 10 dol­lari, diventa pro­ba­bile che anche i Repub­bli­cani pro­por­ranno un rialzo. Sull’immigrazione, se vogliono sot­trarre i voti ispa­nici ai Demo­cra­tici – a cui anche que­sta volta sono andati in massa – dovranno pre­sen­tarsi con qual­cosa di fatto alle pros­sime pre­si­den­ziali, magari aggior­nando le pro­po­ste di George W. Bush. La riforma sani­ta­ria e la legge Dodd-Frank saranno attac­cate e inde­bo­lite entrambe, ma sarà più dif­fi­cile can­cel­lare la prima che la seconda.

In tutto que­sto disfare e rifare i Repub­bli­cani non saranno soli. Tra i Demo­cra­tici, la dispo­ni­bi­lità al com­pro­messo verrà cer­ta­mente, più che da Obama, dai suoi com­pa­gni di par­tito. L’isolamento del Pre­si­dente, infatti, si è veri­fi­cato ed è stato sban­die­rato anche nel suo stesso schieramento.

Obama è stato ridi­men­sio­nato – reso «pic­colo», da grande che era, ha scritto ilNew York Times – dal suc­cesso della pro­pa­ganda avver­sa­ria, che ne ha fatto il primo desti­na­ta­rio dell’offensiva pre­e­let­to­rale, e dalla presa di distanza di una parte del suo partito.

Tutti i gior­nali hanno scritto dei can­di­dati che non lo hanno voluto al loro fianco nella cam­pa­gna per non com­pro­met­tere le pro­prie poss<CW-17>ibilità di suc­cesso. È troppo pre­sto per con­trol­lare come è andata a costoro. Il pro­blema poli­tico però è reale e con esso Obama dovrà fare i conti.

La distri­bu­zione geo­gra­fica del voto con­ferma, per quanto pos­si­bile (per Senato e Gover­na­tori i rin­novi erano 36), che il Sud e le grandi aree rurali sono repub­bli­cane, men­tre le aree metro­po­li­tane in tutto il paese e le zone di antica indu­stria­liz­za­zione riman­gono pre­va­len­te­mente democratiche.

Stando ai son­daggi per gruppi sociali, invece, risul­te­rebbe che le donne, i gio­vani, gli ispa­nici e gli afroa­me­ri­cani hanno votato in mag­gio­ranza, in pro­por­zioni diverse, per i Demo­cra­tici, men­tre gli anziani, i maschi bian­chi e i resi­denti dei suburbshanno pre­fe­rito i Repub­bli­cani. In molti casi il distacco tra vin­cente e scon­fitto non è stato grande.

Que­sto anda­mento del voto, come ricorda una parte dei com­men­ta­tori, è in buona misura «fisio­lo­gico»: l’amministrazione in carica è sem­pre sfa­vo­rita nelle ele­zioni di mid­term. E l’esito ha anche a che fare con i tanti ridi­se­gni delle cir­co­scri­zioni elet­to­rali effet­tuate negli anni scorsi, soprat­tutto negli Stati gover­nati dai Repub­bli­cani e natu­ral­mente a pro­prio van­tag­gio. Inol­tre, va sot­to­li­neato che molti sono dispo­sti a mobi­li­tarsi quando in ballo è la pre­si­denza, ma non quando si tratta di Con­gresso e gover­na­tori. Infatti nelle ele­zioni di mid­term la per­cen­tuale dei votanti non arriva mai al 40 per cento. Que­ste con­si­de­ra­zioni non sono con­so­la­to­rie, ser­vono a ricor­dare che nel 2016 i Repub­bli­cani dovranno gua­da­gnar­sela la pre­si­denza. Que­sto voto, di per sé, non gliela promette.

Rimane il fatto che è un elet­to­rato «scon­tento», come ha scritto Dan Balz sulWashing­ton Post, ad avere decre­tato la scon­fitta dei Demo­cra­tici. Non sono tanto le que­stioni legate a una poli­tica estera «debole» e incerta, su cui pure i Repub­bli­cani hanno bat­tuto pesan­te­mente. Ancor più che nelle pre­si­den­ziali, in que­ste ele­zioni conta il con­te­sto locale e nazionale.

E qui hanno pesato le con­trad­di­zioni attuali.

La ripresa eco­no­mica c’è stata, la cre­scita è buona (supe­riore al 3,5 per cento), la disoc­cu­pa­zione è bassa (al 5,9 per cento, appena sopra quel 5,5 con­si­de­rato «piena occupazione»).

Ma: le disu­gua­glianze sono aumen­tate, il lavoro è fatto di sot­toc­cu­pa­zione pre­ca­ria e sot­to­pa­gata e men­tre i salari sono fermi i red­diti dei grandi ric­chi hanno con­ti­nuato a salire.

Non importa che siano stati in parte i Repub­bli­cani a bloc­care l’azione pre­si­den­ziale (sui salari minimi, sui lavori pub­blici, sull’ambiente, sull’estensione del sus­si­dio di disoccupazione…).

La loro pro­pa­ganda è riu­scita nell’opera di attri­buire le man­cate rea­liz­za­zioni legi­sla­tive all’inettitudine di Obama e a costruire intorno a lui un alone di fal­li­mento. Una sorta di senso comune a cui ha ade­rito una parte del suo stesso par­tito, come s’è detto: debo­lezza della poli­tica, volu­bi­lità delle con­vin­zioni e potere della comu­ni­ca­zione, vale a dire dei milioni spesi nella cam­pa­gna elet­to­rale di mid­term più costosa della storia.



Related Articles

La terza via che ci porta a sbattere

Loading

Renzismo. Il renzismo si basa su due concetti ricorrenti e ripetuti: il fare ed il nuovo. È a questo secondo concetto che voglio ora rivolgermi

Pressioni Usa su Putin Germania alla ricerca di una via per il dialogo

Loading

La Casa Bianca studia le possibili contromosse «Aiuteremo l’Ucraina». Kerry domani a Kiev Assedio Truppe ucraine trasportano materassi nella base di Perevalnoye A Kiev I parenti ricordano i morti in piazza Maidan

Trump mette due falchi alla Banca Mondiale e agli interni

Loading

L’ex petroliere Bernhardt svilupperà i piani per “il dominio energetico” trumpiano. E Malpass metterà le mani su un’istituzione finanziaria considerata troppo benevola con la Cina

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment