Messico. Le donne contro il crimine di stato

Messico. Le donne contro il crimine di stato

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CITTÀ DEL MESSICO. Nella mani­fe­sta­zione che il 20 di novem­bre ha riem­pito le strade di Città del Messico per esi­gere che venga fatta giu­sti­zia per gli stu­denti di Ayo­tzi­napa, nume­rosi gruppi hanno ricor­dato che nel paese sono ben più di 43 le per­sone che man­cano all’appello. Solo con­si­de­rando gli appena due anni di governo di Enri­que Peña Nieto si pos­sono infatti già con­tare almeno 30 mila desa­pa­re­ci­dos.

Lo spez­zone dei collet­tivi fem­mi­ni­sti, par­tito dall’Angelo alla Rivo­lu­zione e ani­mato da un gruppo di per­cus­sio­ni­ste con il volto coperto da ban­dane e cap­pucci colo­rati, è tra quelli che più denun­cia come la spa­ri­zione for­zata sia ormai una pro­ble­ma­tica gra­vis­sima nel paese. «Venite a vedere, venite a vedere! Que­sto non è un pre­si­dente ma è un assas­sino, machi­sta e bor­ghese!». Chias­sose e deter­mi­nate le fem­mi­ni­ste sfi­lano por­tando una miriade di croci di car­tone rosa e viola a ricor­dare che i fem­mi­ni­cidi non sono acqua pas­sata ma un cri­mine di stato che costa la vita a migliaia di donne.

«Come col­let­tivi fem­mi­ni­sti siamo qui oggi per denun­ciare non solo la scom­parsa dei 43 com­pa­gni stu­denti, ma anche quella di mol­tis­sime per­sone in tutto il paese, in par­ti­co­lare quella di mol­tis­sime donne». Roxana Fola­dori della Rete delle Atti­vi­ste sot­to­li­nea che non solo lo stato è inca­pace e indo­lente davanti ai fem­mi­ni­cidi, ma che la situa­zione si sta aggra­vando con il pas­sare del tempo. Anche se i riflet­tori dei media non illu­mi­nano più Ciu­dad Jua­rez e le sue innu­me­re­voli donne ammaz­zate impu­ne­mente, secondo dati recenti sono almeno sette le donne vit­time di fem­mi­ni­ci­dio che muo­iono ogni giorno in Messico.

Nel paese i fem­mi­ni­cidi non pos­sono essere con­si­de­rati come casi iso­lati. Rag­giun­gono cifre spa­ven­tose e, quello che è piú grave, sono total­mente inghiot­titi da un sistema cor­rotto e patriar­cale che impone un muro di gomma spes­sis­simo che rende dif­fi­cile non solo le inda­gini sui casi di fem­mi­ni­ci­dio ma anche la loro denun­cia. «In Mes­sico le donne spa­ri­scono di con­ti­nuo, dob­biamo con­si­de­rarlo come un cri­mine di stato — sostiene Mari­bel Cruz della Rete Mes­si­cana di Lesbi­che Fem­mi­ni­ste — pro­teg­gendo i respon­sa­bili e non svol­gendo inda­gini accu­rate, lo stato si rende com­plice dei fem­mi­ni­cidi». Mari­bel viene dall’Estado de México, uno degli stati dove si conta il piú alto numero di fem­mi­ni­cidi del paese e di cui Enri­que Peña Nieto era gover­na­tore prima di diven­tare pre­si­dente. «Oggi — con­ti­nua Mari­bel — siamo in piazza per mani­fe­stare per le donne assas­si­nate e desa­pa­re­ci­das e per gli stu­denti di Ayo­tzi­napa tor­tu­rati, ammaz­zati e fatti spa­rire. Vogliamo con­ti­nuare a cre­dere che siano vivi, così come lo spe­riamo per molte delle donne desa­pa­re­ci­das. Ma siamo qui oggi anche per esi­gere che la voce delle donne sia ascol­tata, e che il paese non si ribelli sola­mente per un gruppo di stu­denti. Il paese è som­merso in una vio­lenza quo­ti­diana, una vio­lenza che si abbatte in par­ti­co­lar modo sulle donne che la vivono in prima per­sona giorno dopo giorno».

Della stessa opi­nione Yan Maria Yaoyotl del col­let­tivo Rosas Rojas. «Il caso di Ayo­tzi­napa ha fatto tra­boc­care il vaso e oggi ovvia­mente siamo qui per appog­giare i fami­gliari degli stu­denti», chia­ri­sce. Qui in Mes­sico c’è una frase che dice: «il cri­mine orga­niz­zato è un affare dello stato». «Vogliamo sot­to­li­neare — con­ti­nua l’attivista di Rosas Rojas — che non c’è dif­fe­renza tra cri­mine orga­niz­zato e isti­tu­zioni, e vogliamo anche riba­dire che quanto suc­cesso ad Ayo­tzi­napa suc­cede ogni giorno alle donne e che è fona­men­tale ricor­dare che sono migliaia le desa­pa­re­ci­dasche vogliamo e dob­biamo con­ti­nuare a cercare».



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