Guardate a Olbia: Meridiana acquisita una compagnia area, Air Italy, la mette in asset come controllata e la gestisce in regime di low cost: salari e stipendi bassi, garanzie contrattuali minime, flessibilità. Poi svuota quasi completamente l’azienda madre, licenziando 1.634 persone su un totale di circa 2.100 dipendenti, e quelli che rimangono li inquadra ex novo dentro la cornice salariale e normativa, low cost, di Air Italy.
E guardate a Palermo: la Accenture mette in mobilità i dipendenti del suo call center perché la Britisch Telecom le toglie la commessa per la quale quei lavoratori erano stati assunti e la sposta a un call center romano dove i dipendenti sono assunti, tutti, con contratti a tempo determinato. La Britisch Telecom risparmia sul costo del lavoro, la Accenture licenzia 262 persone. I precari (giovani precari) usati come esercito di riserva, in una partita che li accomuna ai salariati di mezzo mondo che lavorano alle produzioni americane ed europee delocalizzate e nelle fabbriche low cost dei paesi emergenti. Il gioco è scoperto, ma è difficile invertirne la direzione.
A Olbia è dovuto salire su un traliccio alto trenta metri un pilota Meridiana, un comandante, Andrea Mascia, per dire, con uno sciopero della fame che dura da sei giorni, che l’attacco al lavoro dipendente si allarga sino a coinvolgere, insieme a pezzi sempre più consistenti di classe media (lui, comandante), anche gli «utenti» di molti servizi, dai voli ai telefoni, dalla sanità alla scuola. Utenti che pagano in termini di perdita di qualità dell’offerta.
L’hanno chiamata «Incateniamoci al diritto al lavoro», i dipendenti di Meridiana e di Accenture, la protesta di ieri, che si è svolta non solo a Milano ma anche a Olbia, Cagliari, a Palermo, a Roma e a Verona. Nelle piazze di tutte queste città le «magliette rosse» di Meridiana e gli esuberi Accenture hanno esposto uno striscione con la scritta «Articolo 1: l’Italia è una Repubblica fondata sul silenzio delle istituzioni di fronte alla privazione del diritto al lavoro».
A Olbia la situazione è molto tesa. Mascia e il suo assistente di volo Alessandro Santocchini protestano sul traliccio da diciotto giorni. L’altro ieri una cinquantina di dipendenti Meridiana, in presidio permanente all’aeroporto per protestate contro il piano esuberi, ha fatto irruzione nel piazzale della sede della compagnia. Approfittando dei lavori in corso per la sostituzione dei pannelli di recinzione dell’area aeroportuale, sono entrati nella sede. Un’occupazione pacifica, rientrata nel giro di pochi minuti dopo l’arrivo della polizia. Le «magliette rosse» hanno invitato la popolazione di Olbia a unirsi al presidio sotto la torre-faro dove Mascia fa lo sciopero della fame. Il comandante e il suo assistente hanno deciso di respingere al mittente la richiesta di incontro avanzata dall’amministratore di Meridiana, Roberto Scaramella. Per la mattinata di domani i sindacati hanno convocato in assemblea i dipendenti del settore manutenzioni. Il 4 novembre si apre il confronto azienda-sindacati sulla gestione delle procedure di mobilità: la riunione si terrà nella sede dell’assessorato regionale ai trasporti, a Cagliari. In contemporanea, a Roma, si riunirà il consiglio di amministrazione del Fondo speciale del trasporto aereo per analizzare la situazione. «Una riunione molto delicata — dice il segretario provinciale della Filt Cgil, Franco Monaco — Bisogna infatti valutare la tenuta del Fondo rispetto a quanto previsto dalla legge Fornero». Il 7 novembre è prevista l’assemblea generale di tutti i dipendenti della compagnia.
In tutta la partita il governo Renzi brilla per una totale assenza di iniziativa. Per Meridiana non si vede niente di ciò che s’è visto per Alitalia. Eppure Meridiana è, dopo Alitalia, la seconda compagnia aerea nazionale. E anche la giunta regionale di centro sinistra viene coinvolta nella polemica. Ieri il deputato di Sel Michele Piras, eletto in Sardegna, ha chiesto le dimissioni dell’assessore regionale ai trasporti, Massimo Deiana.