Il licenziamento e la solidarietà azzerata

by redazione | 16 Novembre 2014 18:16

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MILANO Il lavoro e la sua solitudine «moderna», quella degli operai che vedono scemare la loro forza e quella dei free lance che «cantano e portano la croce» del lavoro indipendente. Metti una sera al cinema, si guarda l’ultimo film dei fratelli Dardenne e si discute a mo’ di vecchio cineforum.
Siamo a Milano per vedere «Due giorni, una notte» e in sala c’è un gruppetto di operai, una delegazione di consulenti a partita Iva e un pugno di ricercatori dell’universitari, in gergo «precari assegnisti». Paola è una funzionaria della Fiom ed è la prima a prendere la parola dopo i titoli di coda. Per lei il film è «veritiero», rende benissimo lo spirito del tempo ovvero la paura di essere licenziati da un momento all’altro. Luisa invece è una professionista a partita Iva, racconta come la paura per lei consiste nel cliente che non ti paga o che da un giorno all’altro ti toglie l’incarico.
Sullo schermo la protagonista è l’operaia Sandra alle prese con la depressione che l’ha tenuta a casa per qualche mese e con i suoi compagni che devono fare i conti con un ricatto del padrone. «Se volete che lei ritorni regolarmente in fabbrica dovete rinunciare al vostro bonus di mille euro».
Antonino, anche lui della Fiom, è un delegato della Nokia Siemens ed è stato messo fuori assieme ad altri 113 dipendenti. Si immedesima nella storia belga e racconta di un licenziamento avvenuto via mail «e per giunta di venerdì» e di tre-esposti-tre che i colleghi rimasti a lavorare hanno presentato contro chi, come lui, continua la lotta contro l’azienda e organizza periodicamente dei presidi ai cancelli. La Grande Crisi, dunque, ha azzerato il sentimento di solidarietà anche nelle grandi aziende a forte sindacalizzazione, figuriamoci – sottolinea Antonino – cosa può accadere nelle piccole imprese. E i Dardenne parlano proprio di una piccola azienda di pannelli solari con 16 dipendenti.
La Sandra interpretata magistralmente da Marion Cotillard ci appare come un’operaia senza particolare professionalità, ha marito e due figli e di fronte al terrore di perdere il posto trova la forza di interpellare a uno a uno i suoi compagni di lavoro perché trovino la forza di rinunciare ai mille euro. Si va a un drammatico referendum (l’esito non lo riveleremo) e il coraggio di Sandra piace al nostro pubblico, il suo riscatto conquista tute blu, partite Iva e ricercatori.
Commenta Enrica: «Quando lei chiede ai compagni di aiutarla sembra che quasi stia chiedendo l’elemosina e la stessa sensazione la vi vo io quando da free lance devo chiedere il pagamento di un lavoro e sono portata a sperare nella bontà del cliente più che nei miei diritti». Cari operai, dunque, se voi lamentate la fine di un mondo con tanta forza sindacale e tanta coesione, sappiate che chi come noi è esposto ogni giorno al mercato quelle cose nemmeno se le sogna. «La solidarietà tra free lance esiste ma si chiama network, si collabora e ci si passa i clienti. Facciamo rete. Ma è tutto costruito sul rapporto fiduciario, non c’è mai un contratto da far valere».
In sala ci sono anche i giovani ricercatori-precari: sono uniti dal credere, tutti, nel ruolo dell’università e nell’autonomia della ricerca pubblica. C’è in loro il senso di una missione e dei sacrifici necessari per onorarla. La motivazione per ora batte la solitudine.

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