Lettera segreta di Obama a Khamenei «Accordo contro l’Isis e sul nucleare»
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WASHINGTON Gli alleati regionali e i repubblicani non saranno contenti dell’ultima mossa di Obama. Perché conferma i loro sospetti di un possibile patto con il Diavolo. Il presidente americano ha scritto una nuova lettera, segreta, al leader iraniano Ali Khamenei. Un messaggio, rivelato dal Wall Street Journal , con il quale la Casa Bianca rilancia la collaborazione contro l’Isis. Un fronte comune con l’Iran subordinato però ad un’intesa sul programma nucleare.
Chiariamo. L’idea del baratto non è per nulla nuova. L’hanno proposta gli Usa, l’hanno in qualche modo sostenuta i mullah trovandosi, causa Isis, sulla stessa barricata. E il progetto non è stato mai sepolto, ma solo messo sotto il tappeto in attesa del momento propizio. A ottobre, mentre in Iraq e in Siria infuriavano i combattimenti, Obama ha deciso di rivolgersi direttamente a Khamenei con una missiva per rilanciare il dialogo in parallelo ai negoziati sul piano atomico di Teheran. Una mossa per andare oltre il presidente Rouhani. Alla Casa Bianca sanno bene che alla fine l’ultima parola spetta alla Guida suprema, l’unica che può imporre un’intesa e tenere a bada quelle forze apertamente ostili nei confronti dell’America.
Il problema è che Obama ha già scritto in passato a Khamenei, però i risultati non sono stati confortanti. E anche di recente il leader iraniano ha trovato modo di attaccare a fondo gli Usa rilanciando teorie cospirative ben note. A suo giudizio Al Qaeda e poi l’Isis non sono altro che manovre statunitensi per indebolire il mondo musulmano. Inoltre quando sono iniziati i raid contro i seguaci del Califfo, Teheran ha alzato il volume della propaganda criticando l’intervento. Anche se poi i suoi «consiglieri» militari, guidati dall’onnipresente generale Qasem Soleimani, hanno agito in Iraq godendo dell’ombrello aereo statunitense. E dunque, sul terreno, si è prodotta un’alleanza di fatto.
L’apertura della Casa Bianca, che è stata preceduta da contatti nell’arco di questi ultimi due anni anche attraverso intermediari, deve però superare non pochi ostacoli. Primo. La linea del «no» presente in parte della nomenklatura iraniana. Secondo. L’opposizione delle monarchie del Golfo e di Israele, contrari a qualsiasi concessione agli ayatollah. Non è un caso che gli Stati Uniti non abbiano avvertito gli alleati sull’iniziativa del presidente. Terzo. Evitare che il dialogo con l’Iran comprometta la schieramento anti Isis nel quale devono per forza esserci anche quei Paesi sunniti, come l’Arabia Saudita, profondamente ostili verso Teheran. Quarto. Il muro del Congresso, oggi dominato dai repubblicani e pronto a frenare l’eventuale riavvicinamento.
Non ci sarebbe nulla di peggiore per Obama che finire vittima della troppa fiducia in un possibile partner apparso fino ad oggi titubante. Ora la risposta tocca a Khamenei.
Il problema è che Obama ha già scritto in passato a Khamenei, però i risultati non sono stati confortanti. E anche di recente il leader iraniano ha trovato modo di attaccare a fondo gli Usa rilanciando teorie cospirative ben note. A suo giudizio Al Qaeda e poi l’Isis non sono altro che manovre statunitensi per indebolire il mondo musulmano. Inoltre quando sono iniziati i raid contro i seguaci del Califfo, Teheran ha alzato il volume della propaganda criticando l’intervento. Anche se poi i suoi «consiglieri» militari, guidati dall’onnipresente generale Qasem Soleimani, hanno agito in Iraq godendo dell’ombrello aereo statunitense. E dunque, sul terreno, si è prodotta un’alleanza di fatto.
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Non ci sarebbe nulla di peggiore per Obama che finire vittima della troppa fiducia in un possibile partner apparso fino ad oggi titubante. Ora la risposta tocca a Khamenei.
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