Jobs act, le opposizioni abbandonano: «Farsa»

by redazione | 19 Novembre 2014 10:05

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Hanno dato bat­ta­glia dalle otto di mat­tina alle otto di sera, ma alla fine tutte le oppo­si­zioni, dopo aver votato l’ennesimo no, sta­volta al ’nuovo’ art. 18, hanno abban­do­nato l’aula del quarto piano di Mon­te­ci­to­rio dove, da dome­nica pome­rig­gio, si con­suma il con­fronto sul jobs act. Gior­gio Airaudo, l’ex Fiom ora in Sel che pro­pone di lasciare la mag­gio­ranza «a can­tar­sela e a suo­nar­sela», a quell’ora è furi­bondo: «La mag­gio­ranza si è blin­data, la discus­sione è una finta. Ne sap­piamo di più dai gior­na­li­sti che dalla mag­gio­ranza. Sco­priamo che l’emendamento Gnec­chi (la rifor­mu­la­zione del nuovo art.18, ndr) è in realtà emen­dato da Sac­coni. Abbiamo votato modi­fi­che les­si­cali, un «anche», una vir­gola, un «ten­den­zial­mente». Una pena, anzi una farsa. Li aspet­tiamo in aula». Lo seguono i rap­pre­sen­tanti di tutte le oppo­si­zioni, spesso con ragioni oppo­ste fra loro: Sel, 5 stelle, Lega, Fdi, Forza Italia.

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Infatti la for­zi­sta Anna­ma­ria Cala­bria lamenta «una riforma arren­de­vole e viziata dai retaggi ideo­lo­gici e cor­po­ra­ti­vi­sti della sini­stra Pd». Una defi­ni­zione gene­rosa, rega­lone per la sini­stra Pd che ha trat­tato per sal­vare la pelle nel par­tito e la fac­cia di fronte al pro­prio elet­to­rato di rife­ri­mento, i lavo­ra­tori che in que­sti giorni scen­dono in piazza. Ma il secondo obiet­tivo, sal­vare la fac­cia, è una mis­sione impos­si­bile. Il nuovo art.18 è un passo indie­tro per­sino all’accordo interno al Pd, gra­zie alle pro­te­ste dell’ultima ora di Mau­ri­zio Sac­coni. La nuova for­mu­la­zione esclude il rein­te­gro per i licen­zia­menti eco­no­mici e lo pre­vede solo in caso di «licen­zia­menti nulli e discri­mi­na­tori» e di «spe­ci­fi­che fat­ti­spe­cie di licen­zia­mento disci­pli­nare ingiu­sti­fi­cato, non­ché pre­ve­dendo ter­mini certi per l’impugnazione del licen­zia­mento». Per le «fat­ti­spe­cie» però il governo si auto­de­lega a scri­verle nei decreti. E con­si­de­rando la fretta che ha — il testo deve essere ope­ra­tivo dal gen­naio 2015 — sarà già tanto se que­sti decreti saranno letti dalle com­mis­sioni com­pe­tenti, che comun­que non hanno diritto di met­terci mano. La sini­stra Pd esulta per il risul­tato, pre­gando — in sepa­rata sede — che la nuova for­mu­la­zione non si tra­sformi in una pos­si­bi­lità per­sino di peg­gio­rare il testo pre­ce­dente, come alcuni giu­sla­vo­ri­sti già sosten­gono. Fatto sta che, dopo uno scon­tro a favore di tele­ca­mere, ora il pre­si­dente Cesare Damiano, pre­si­dente della com­mis­sione e punta dei trat­ta­ti­vi­sti della sini­stra, e Mau­ri­zio Sac­coni, ex mini­stro ber­lu­sco­niano e falco Ncd, usano le stesse parole di «sod­di­sfa­zione». «Hanno vinto i rifor­mi­sti di destra e sini­stra», twitta l’ex mini­stro. Nun­zia De Giro­lamo cer­ti­fica: «Ncd porta a casa l’abolizione dell’art.18». Per Pippo Civati «il Pd si ’sacconizza’».

Durante la lunga gior­nata erano pas­sate le nuove for­mu­la­zioni anche sugli altri temi sen­si­bili della delega: deman­sio­na­menti, ammor­tiz­za­tori sociali, con­trollo a distanza. Tutte appro­vate nella ver­sione Pd-Ndc. Potranno essere video­sor­ve­gliati «gli impianti e gli stru­menti di lavoro»: se, com’è ovvio, davanti ci saranno anche i lavo­ra­tori, se ne faranno una ragione. Almeno fin­ché il testo non pas­serà al vaglio di un giu­dice. Quanto all’abolizione degli ammor­tiz­za­tori per le aziende che chiu­dono, ancora Airaudo spiega che «fosse già stato così la Fiat non avrebbe potuto com­prare Ber­tone, che pro­duce Maserati».

Passi indie­tro anche sulle dimis­sioni in bianco, il dif­fuso ricatto che pende sulle lavo­ra­trici al momento dell’assunzione. La mag­gio­ranza, anche qui obbe­dendo al niet a Sac­coni, ha affos­sato una legge già appro­vata alla camera. E ieri ha boc­ciato l’emendamento di Sel. A difen­dere il no è stata pro­prio la loro ex com­pa­gna di par­tito, già sin­da­ca­li­sta e pasio­na­ria della bat­ta­glia Titti Di Salvo: «Il governo ha chia­rito l’impegno a for­mu­lare una norma in un decreto». Tutto sta ad avere fiducia.

Fidu­cia che del resto verrà pre­sto richie­sta. La legge arri­verà in aula il 26 novem­bre, le oppo­si­zioni pro­met­tono fuo­chi arti­fi­ciali. Ammette il mini­stro Poletti: «La fidu­cia dai tempi di appro­va­zione». Insomma ci vorrà.

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