I quattro cavalieri dell’apocalisse liberista

I quattro cavalieri dell’apocalisse liberista

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L’obiettivo prin­ci­pale di un pro­getto poli­tico di lotta per «L’Altra Europa» è scar­di­nare i mec­ca­ni­smi che hanno per­messo ai quat­tro cava­lieri dell’apocalisse eco­no­mica e mili­tare mon­diale di deva­stare il sistema euro­peo costruito dalle lotte sociali e poli­ti­che del XIX° secolo e dei primi sei decenni del XX° secolo. Que­sti cava­lieri non sono venuti per libe­rare i cit­ta­dini euro­pei dall’ingiustizia, l’impoverimento, la disu­gua­glianza, la vio­lenza ma per ridurli a rot­tami.
I quat­tro cava­lieri sono il mer­cante (alla con­qui­sta del mondo per ridurlo ad una fiera pla­ne­ta­ria); il capi­ta­li­sta indu­striale e finan­zia­rio (che scor­razza attra­verso il mondo con furia pre­da­trice per appro­priarsi di ogni forma di vita); l’impren­di­tore (che chiama «inno­va­zione» la sua foga di sot­to­met­tere ogni atti­vità al ser­vi­zio del ren­di­mento finan­zia­rio del capi­tale); il gene­rale (che invade il mondo per soprav­vi­vere per­ché nella sua fede asso­luta nella potenza vede in ogni «altro» un nemico da eli­mi­nare o sottomettere).

CON­TRO IL MERCANTE

Occorre anzi­tutto ripen­sare le fon­da­menta e il fun­zio­na­mento del mer­cato interno euro­peo (creato nel 1992) per­ché esso ha con­dotto a due situa­zioni apo­ca­lit­ti­che. La prima è l’accentuazione delle diver­genze eco­no­mi­che e sociali tra i paesi dell’Ue. L’eleminanzione di ogni rife­ri­mento alle «poli­ti­che comuni euro­pee» ha inol­tre legit­ti­mato un modello «inte­gra­tivo» inter­go­ver­na­tivo che ha visto i paesi più forti trarre van­taggi dall’apertura dei mer­cati, accen­tuando le con­di­zioni di debo­lezza degli altri Stati mem­bri. La seconda situa­zione apo­ca­lit­tica riguarda la con­sa­cra­zione del divieto d’intervento da parte dello Stato. Il mer­cante ha voluto e vuole fare l’integrazione euro­pea senza lo Stato, anche per quanto con­cerne i beni e i ser­vizi essen­ziali per la vita. Da qui l’importanza e la cen­tra­lità della lotta per la ripub­bli­ciz­za­zione dei beni e ser­vizi comuni, a comin­ciare dall’acqua, le sementi e la salute, asso­ciata all’opposizione delle pro­po­ste di accordi bila­te­rali sul com­mer­cio e gli inve­sti­menti (Ttip, Tisa, Ceta).

DISAR­MARE IL CAPITALISTA

Il mer­cante non è il solo a volere l’integrazione euro­pea senza lo Stato. Anche il cava­liere capi­ta­li­sta per­se­gue le stesse mire. Per que­sto, la prio­rità poli­tica alter­na­tiva è di rive­dere radi­cal­mente il sistema mone­ta­rio e finan­zia­rio creato con il Trat­tato di Maa­stri­cht e poi strut­tu­rato dai vari accordi sull’Unione eco­no­mica e mone­ta­ria (Uem). La Bce è ormai un organo tec­nico ele­vato a sog­getto poli­tico al quale è stata dele­gata la respon­sa­bi­lità sovrana della poli­tica mone­ta­ria. Tutto ciò in assenza di un governo fede­rale, con­di­zione pre­giu­di­ziale per una poli­tica mone­ta­ria euro­pea. Inol­tre, anche in que­sto campo, è vie­tato agli Stati d’intervenire nel set­tore rego­lato dal mer­cato finan­zia­rio euro­peo inte­grato (diret­tiva Mifid del 2007). Da qui la prio­rità asse­gnata all’austerità, che impone tre indi­ca­tori — la sta­bi­lità dei prezzi (meno del 2% di aumento medio), l’equilibrio di bilan­cio (meno del 3% del Pil), la ridu­zione del debito pub­blico (al disotto del 60% del Pil) — come «prin­cipi costi­tu­zio­nali nazio­nali». Risul­tato: dagli anni Novanta c’è stato un col­lasso dei finan­zia­menti pub­blici (per la sicu­rezza sociale, la sal­va­guar­dia dei diritti umani). Nel 2013, gli euro­pei poveri erano diven­tati 120 milioni su 509 milioni abi­tanti, men­tre il 10% della popo­la­zione pos­siede più del 50% della ric­chezza euro­pea. Dal 2008 al 2012, l’Italia è spro­fon­data al 24° posto (sui 28 dell’Ue) nella clas­si­fica dell’indice di giu­sti­zia sociale.Senza la revi­sione dei prin­cipi che rego­lano la Bce ilfiscal com­pact sarà molto dif­fi­cile inver­tire la rotta delle poli­ti­che dell’occupazione e del red­dito, della fisca­lità, dei diritti umani, della sicu­rezza sociale, delle immigrazioni.

SCHAVI DELLA FINANZA

Nel con­te­sto descritto, occorre cam­biare le fina­lità ed il ruolo del terzo cava­liere (l’imprenditore), che non ha altro scopo che creare ric­chezza per il capi­tale. A tal fine usa le cono­scenze e le tec­no­lo­gie, sem­pre più potenti e pri­va­tiz­zate (attra­verso i bre­vetti e le norme sulla pro­prietà intel­let­tuale), per uti­liz­zare «effi­cien­te­mente» le risorse umane e natu­rali del Pia­neta. Cosi, la ricerca di base e appli­cata ed il sistema dell’«educazione» sono state pre­va­len­te­mente affi­date al pri­vato. La terza prio­rità poli­tica di «L’Altra Europa» deve quindi essere una lotta di medio e lungo ter­mine per far ridi­ven­tare pub­bli­che la ricerca, l’educazione, l’università, met­tendo la cono­scenza al ser­vi­zio della vita per tutti gli esseri umani e le altre spe­cie viventi.

L’ALTRA EUROPA RIPU­DIA LA GUERRA

Infine, occorre porre fine alla dico­to­mia edi­fi­cata negli ultimi 50 anni tra l’unificazione euro­pea socio-economica (la Comu­nità euro­pea, l’Unione euro­pea) e l’integrazione mili­tare e poli­tica dell’Europa nel con­te­sto della Nato. L’Unione euro­pea, a con­ferma ulte­riore della sua debo­lezza poli­tica demo­cra­tica, non ha alcuna com­pe­tenza in mate­ria di difesa e, pochis­sima, in quella di poli­tica estera. L’altra Europa, quella dell’abbandono della guerra e della crea­zione di un ser­vi­zio civile euro­peo, nascerà dif­fi­cil­mente se non cer­chiamo, sin da ora, di met­tere fine alle due (cat­tive) «inte­gra­zioni» sepa­rate, ini­ziando un per­corso dif­fi­cile che ha come prima tappa la con­vo­ca­zione di una con­fe­renza poli­tica inter­na­zio­nale per la tra­sfor­ma­zione della Nato. L’Alleanza atlan­tica ha dimo­strato che è strut­tu­ral­mente inca­pace di pen­sare la pace e di pre­ve­nire i con­flitti (sem­mai sa bene come pro­vo­carli). La Nato non può con­ti­nuare ad esistere.



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