Il figlio del presidente Barzani: «Usa e Ue rimuovano il Pkk dalla lista dei gruppi terroristici»

Il figlio del presidente Barzani: «Usa e Ue rimuovano il Pkk dalla lista dei gruppi terroristici»

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Abbiamo inter­vi­stato Masrour Bar­zani, lea­der del Par­tito demo­cra­tico del Kur­di­stan (Pdk), capo del Con­si­glio di sicu­rezza della regione del Kur­di­stan e figlio del pre­si­dente Mas­sud Bar­zani. Le divi­sioni tra kurdi siriani e ira­cheni riflet­tono anche la sto­rica riva­lità tra Oca­lan, lea­der del Par­tito dei lavo­ra­tori kurdi (Pkk) e Mas­sud Bar­zani. Seb­bene il lea­der dei kurdi ira­cheni abbia ottime rela­zioni con il governo turco e non abbia soste­nuto l’indipendenza dei kurdi siriani, Oca­lan e Bar­zani hanno coo­pe­rato per la prima volta pro­prio per com­bat­tere con­tro lo Stato isla­mico (Isis): cosa senza pre­ce­denti nella sto­ria kurda. Tut­ta­via Pdk e Pkk restano par­titi ideo­lo­gi­ca­mente molto lon­tani, seb­bene con­di­vi­dano l’obiettivo dell’autonomia kurda.

Come valuta il ruolo del Par­tito dei lavo­ra­tori kurdi nel con­flitto con­tro lo Stato islamico?

Usa e Ue devono rimuo­vere il Pkk dalle liste dei gruppi ter­ro­ri­stici. Anche il ces­sate il fuoco tra governo turco e Pkk deve andare avanti.

Cosa fa la Tur­chia a soste­gno dei kurdi siriani?

Abbiamo inviato (il governo regio­nale kurdo ira­cheno, ndr) i pesh­merga a Kobane a soste­gno dei com­bat­tenti kurdi siriani. Ma la Tur­chia con­ti­nua a fare orec­chie da mer­cante. Ankara ora non ha più scuse per tirarsi indietro.

I pesh­merga sono deci­sivi nel com­bat­tere con­tro i jiha­di­sti di Isis?

Già l’otto giu­gno scorso ave­vamo pro­po­sto l’invio dei pesh­merga per impe­dire la caduta di Mosul, ma non siamo stati ascol­tati. E poi i mili­ziani dello Stato isla­mico hanno occu­pato i palazzi gover­na­tivi. Cin­que divi­sioni dell’esercito sono state com­ple­ta­mente sba­ra­gliate. Isis ha sot­tratto armi all’esercito ira­cheno e siriano, mis­sili, arti­glie­ria a lunga distanza, e così la nostra attrez­za­tura risul­tava obso­leta. Ma non sono (i jiha­di­sti, ndr) invin­ci­bili, non supe­rano le 150 mila unità armate, tra loro ci sono 40 mila com­bat­tenti reclu­tati in Siria e in Iraq.

Qual è stato il segreto del suc­cesso di Isis?

È stata la con­se­guenza delle poli­ti­che sba­gliate con­dotte a Bagh­dad. Se sun­niti, sciiti e kurdi fos­sero stati inclusi senza ingiu­sti­zie nel pro­cesso di tran­si­zione e all’interno dell’esercito, quest’ultimo non sarebbe imploso e gli epi­sodi di cor­ru­zione sareb­bero stati limi­tati. Per que­sto molti sono stati dispo­sti a fare fronte comune con Isis. È neces­sa­rio risol­vere il pro­blema poli­tico a Baghdad.

Non solo, i pesh­merga incon­trano altri osta­coli sul loro cammino?

I pesh­merga con­ti­nue­ranno a lot­tare. Non dimen­ti­che­remo mai la morte di tre fra­telli kurdi per mano di Isis dopo un attacco kami­kaze lo scorso mese. Ma siamo obbli­gati a com­bat­tere su vari fronti. Non solo con­tro Isis, siamo impe­gnati in una guerra finan­zia­ria con il governo fede­rale ira­cheno che non ci dà attrez­za­ture, armi per con­sen­tire ai pesh­merga di pro­se­guire nella lotta armata. Infine, non potremo mai andare oltre i con­fini del Kur­di­stan senza il soste­gno delle forze arabe, per esem­pio è nostro dovere ripren­dere Sin­jar ma per que­sto abbiamo biso­gno di aiuto.

I com­bat­tenti pesh­merga per­ce­pi­scono un sala­rio da Baghdad?

Dallo scorso feb­braio il governo fede­rale ha sospeso i salari, e così i pesh­merga non sono più pagati dal governo, men­tre affron­tiamo una grave crisi uma­ni­ta­ria con 1,5 milioni di pro­fu­ghi e sfol­lati che si ripa­rano nel Kur­di­stan ira­cheno. È inac­cet­ta­bile che Bagh­dad ci privi delle armi, lo sta­tus quo non può essere man­te­nuto all’infinito.

Il par­la­mento di Bagh­dad ha dato il via libera a un refe­ren­dum per l’indipendenza del Kur­di­stan ira­cheno. Come valuta que­sto passo avanti verso l’autonomia dei kurdi iracheni?

Vogliamo che il refe­ren­dum si svolga per­ché ven­gano per la prima volta ascol­tate le richie­ste del popolo kurdo, non solo in Iraq.



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