Expo 2015, i dannati dell’evento

by redazione | 1 Novembre 2014 19:04

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«Come fai a “nutrire il pia­neta” se non paghi i volon­tari che lavo­rano all’Expo?» ha doman­dato un gio­vane pro­fes­sio­ni­sta mila­nese nel corso di un ani­mato forum che com­men­tava #IoNon­La­vo­ro­Gra­ti­sPe­rExpo, la cam­pa­gna pro­mossa in rete da decine di ragazze e ragazzi, gio­va­nis­simi, che hanno posato davanti ad un obiet­tivo con lo slo­gan scritto con un pen­na­rello blu su un A4. Tra le cen­ti­naia di com­menti è spun­tato anche quello di una gio­vane avvo­cata che ha ammesso di rice­vere solo un mode­sto rim­borso spese in uno stu­dio «con la scusa del tiro­ci­nio»: «Ma come si fa a lavo­rare gra­tis – ha chie­sto — per una mani­fe­sta­zione a scopo di lucro?».

Più che un mer­cato del lavoro, l’Expo dedi­cata al tema «Nutrire il pia­neta, Ener­gia per la vita» sem­bra una fiera del dono. L’esposizione uni­ver­sale che ini­zierà nel 2015 nella data sim­bo­lica per il movi­mento ope­raio, il primo mag­gio, giorno anche della May­day dove i pre­cari sfi­lano per le strade di Milano, pre­vede almeno tre cer­chi di volon­tari. Ci sono i 18500 sta­bi­liti dall’accordo con i sin­da­cati con­fe­de­rali di cate­go­ria (Cgil, Cisl e Uil) del luglio 2013. In realtà, le can­di­da­ture pre­sen­tate sareb­bero 6 mila. L’amministratore dele­gato di Expo Giu­seppe Sala parla invece di 12 mila tra le quali ver­ranno sele­zio­nati 10 mila volon­tari. In ogni caso sono per­sone che lavo­re­ranno a titolo gra­tuito per 184 giorni, alter­nan­dosi in pic­coli gruppi impie­gati per due set­ti­mane cin­que ore al giorno, per rice­vere e gui­dare nella città il flusso di 20 milioni di visi­ta­tori attesi, o meglio auspicati.

Il comune di Milano ha creato una sezione dedi­cata alle aziende part­ner dell’esposizione uni­ver­sale e a quelle ade­renti alla Fon­da­zione Soda­li­tas. Si chia­me­ranno «volon­tari per un giorno» e dovranno offrire la dispo­ni­bi­lità del pro­prio tempo per un lunedì a scelta durante i sei mesi dell’evento. A que­sto modello della gestione della forza lavoro volon­ta­ria par­te­cipa anche il Tou­ring club con il pro­getto «aperti al mondo». L’obiettivo è coin­vol­gere mille per­sone per la «valo­riz­za­zione del patri­mo­nio cul­tu­rale» il cui con­tri­buto gra­tuito ser­virà a raf­for­zare l’«offerta cul­tu­rale» di Milano durante l’Expo.

Il volon­ta­riato, nella sua forma di lavoro gra­tuito per i «grandi eventi», eccede l’Expo e diventa un pro­to­tipo sociale utile anche per i beni cul­tu­rali dove il Tou­ring Club orga­nizza dal 2005 il pro­gramma «Aperti per voi», set­te­cento per­sone impe­gnate nell’accoglienza nei siti cul­tu­rali. Dopo un periodo di for­ma­zione, a que­sti volon­tari verrà chie­sta la dispo­ni­bi­lità di quat­tro ore a set­ti­mana per l’accoglienza, l’orientamento e il pre­si­dio al Duomo, nell’area archeo­lo­gica della Basi­lica dei Santi Apo­stoli, nella casa di Man­zoni, alla col­le­zione Grassi-Vismara o al mau­so­leo imperiale.

Al ver­tice di que­sta pira­mide ci sono i 140 ragazzi che ver­ranno sele­zio­nati dall’Expo nell’ambito del pro­getto di ser­vi­zio civile. Rice­ve­ranno 433 euro men­sili a testa per 12 mesi. Dovreb­bero ini­ziare a feb­braio 2015 e ver­ranno divisi in due gruppi per assi­stere le asso­cia­zioni e le dele­ga­zioni dei paesi che par­te­ci­pe­ranno all’esposizione uni­ver­sale. Il costo di que­sta ope­ra­zione finan­ziata da Expo spa con 800 mila euro crea un’evidente con­trad­di­zione. Nell’esercito dei volon­tari c’è chi verrà pagato e chi no.

UN ACCORDO BESTIALE

Il 23 luglio 2013 i sin­da­cati con­fe­de­rali e di cate­go­ria (Cgil, Cisl e Uil) hanno fir­mato un accordo con Expo 2015 spa accet­tando di codi­fi­care per la prima volta nel diritto ita­liano il ricorso al lavoro gra­tuito. È que­sta la dif­fe­renza con eventi simili all’Expo, ad esem­pio l’Olimpiade a Lon­dra oppure l’esposizione di Shan­gai. Uno degli aspetti carat­te­riz­zanti di que­sto accordo è la distin­zione tra pre­cari e volon­tari. Da una parte ci sono i pre­cari: 195 sta­gi­sti, 300 con­tratti a ter­mine, 340 appren­di­stiunder 29 che con­se­gui­ranno qua­li­fi­che da «ope­ra­tori grande evento», «spe­cia­li­sti grande evento» o «tec­nici sistemi di gestione grande evento». Dall’altro lato ci sono i volon­tari che dovranno mostrare di con­di­vi­dere i valori uffi­ciali dell’Expo: cre­dere in un’alimentazione buona e sana in un’economia soste­ni­bile. Valori dif­fi­cili da non con­di­vi­dere. In cam­bio, però, Expo non darà nulla ai volon­tari se non l’opportunità di tenersi in con­tatto con il mondo così come si fa con face­book. vita. Se un «mi piace» aumenta la quo­ta­zione in borsa dell’azienda di Mark Zuc­ker­berg, un volon­ta­rio dovrebbe dare lustro all’Expo pre­sen­tato come «il vero social net­work dell’anno». Uno slo­gan che rias­sume le poli­ti­che del lavoro nella nuova eco­no­mia. Le atti­tu­dini umane non retri­buite danno visi­bi­lità alle piat­ta­forme eco­no­mi­che all’interno delle quali inte­ra­gi­scono, men­tre al sin­golo resta l’illusione di avere fatto tesoro di con­tatti con i quali arric­chire il pro­prio «port­fo­lio di com­pe­tenze». Con parole più banali: il curriculum.

Il volon­ta­riato all’Expo è diven­tato una ferita che molti sen­tono di avere subìto nella pro­pria vita. È come se un accordo in fondo mode­sto, siglato per assi­cu­rare un aumento dell’occupazione diretta nel «grande evento» (e 18.500 volon­tari), avesse ispi­rato un’autobiografia col­let­tiva in un paese dove cen­ti­naia di migliaia di per­sone vivono le con­se­guenze di una realtà incon­fes­sa­bile: lavo­rare gra­tis con la pro­messa di con­qui­stare un lavoro qualsiasi.

Si aspira a uno sta­tus neces­sa­rio per dimo­strare di fare qual­cosa, piut­to­sto che niente. Meglio volon­tari a ter­mine che poveri senza pro­spet­tive. Que­sta è la logica sociale che i sin­da­cati hanno accet­tato, inter­pre­tando il senso comune dila­gante: «Lavo­rare gra­tis, oggi, non è que­stione di essere lec­chini ma è spe­rare in una futura assun­zione» ha spie­gato un altro utente face­book nei giorni infuo­cati della cam­pa­gna con­tro il lavoro gra­tis all’Expo. Que­sta frase tra­duce la regola d’oro che oggi spinge ad accet­tare l’inaccettabile. Non solo all’Expo, ma in ogni momento della vita di gio­vani, adulti e anche over 50. La pro­messa di un posto di lavoro in futuro cor­ri­sponde al dovere di mostrarsi dispo­ni­bili, fles­si­bili e occu­pa­bili in ogni man­sione nel presente.

A CAC­CIA NELLE SCUOLE

La cac­cia ai volon­tari Expo avviene nelle scuole mila­nesi, ma anche a Catan­zaro o a Torino. In que­sti casi, l’obiettivo è por­tare gio­vani, e meno gio­vani, a Milano per due set­ti­mane, al mas­simo 28 giorni. Natu­ral­mente a spese del volon­ta­rio. L’importo è stato cal­co­lato in 400 euro com­pren­sivi del biglietto del treno e un minimo di 10 euro a notte per dor­mire in ostello. Sem­bra che l’organizzazione assi­cu­rerà solo un pasto al giorno. Il volon­ta­rio dovrà pagarsi l’altro. Così il lavoro gra­tuito all’Expo si tra­sforma in un hobby costoso. Non c’è nulla di nuovo: man­giare in soli­tu­dine e a pro­prie spese accade a molti sta­gi­sti o ai praticanti.

Il coor­di­na­mento nazio­nale dei cen­tri di ser­vi­zio per il volon­ta­riato (Csv­net), a cui Expo spa ha dato il man­dato di indi­vi­duare i volon­tari, parla di sei­mila per­sone, due terzi in meno rispetto a quelle sta­bi­lite nell’accordo sin­da­cali. Il 20% vive in Lom­bar­dia, il 55% in altre regioni. Il 62% ha un’età infe­riore ai 24 anni e stu­dia. Il 47% ha dichia­rato di essere alla prima espe­rienza di volon­ta­riato e solo il 9% può essere con­si­de­rato un «volon­ta­rio seriale». Tra loro ci sono anche ultra ses­san­tenni e pen­sio­nati (il 5%). Il 13% dei can­di­dati dice di essere inat­tivo, men­tre gli altri stu­diano o già lavo­rano. Al ter­mine della sele­zione segui­ranno un corso on-line neces­sa­rio per la tra­smis­sione delle com­pe­tenze e per inte­ra­gire con milioni di turi­sti. Quin­dici ore per impa­rare una lin­gua. Sull’attendibilità di un simile per­corso for­ma­tivo esi­stono molte per­ples­sità. Le ha espresse Ser­gio Bolo­gna in un appello che ha avuto una larga cir­co­la­zione in rete: «Lavo­rare gra­tis non fa cur­ri­cu­lum! Lavo­rare gra­tis signi­fica accet­tare un’umiliazione. Vi dicono che cono­sce­rete milioni di per­sone, che farete ami­ci­zia con il mondo, ma… fatemi capire.. dovrete acco­gliere i visi­ta­tori o dovrete distri­buire i vostri biglietti da visita e i vostri indi­rizzi mail per farvi con­tat­tare? Rischiate di pren­dervi qual­che cal­cio negli stin­chi». L’invito di Bolo­gna ai volon­tari è quello di scio­pe­rare con­tro il lavoro gra­tuito il 1 mag­gio 2015.
Non è sfug­gito a nes­suno che il 90% delle «assun­zioni» dirette, tutte a ter­mine, sia com­po­sto dai volon­tari. A rigore di ter­mini, tale spro­por­zione scon­si­glie­rebbe di par­lare di un «accordo pilota sull’occupazione», così venne festeg­giato dalle mas­sime cari­che dello Stato come dalla mag­gio­ranza che reg­geva l’allora governo Letta. L’economista mila­nese Andrea Fuma­galli ritiene che «l’accordo sin­da­cale sull’Expo può essere con­si­de­rato come il labo­ra­to­rio di spe­ri­men­ta­zione del “pro­getto garan­zia gio­vani” e poi dell’attuale Jobs Act con i quali oggi si vuole affron­tare l’emergenza della disoc­cu­pa­zione giovanile».

Un’emergenza che non verrà risolta, in maniera signi­fi­ca­tiva, nem­meno dall’impatto occu­pa­zio­nale atteso. Le per­ples­sità degli eco­no­mi­sti abbon­dano sotto que­sto aspetto. Le hanno espresse Ermes Cavic­chini e Livio Lo Verso. Il grande evento mila­nese pro­durrà una «cospi­cua domanda di lavoro fles­si­bile che ten­dono a gene­rare oppor­tu­nità lavo­ra­tive, ma che non si tra­du­cono in forme di occu­pa­zione sta­bile per­chè si chiu­dono rapi­da­mente». Il grosso delle rica­dute occu­pa­zio­nali si avrà prima dell’evento nei set­tori delle costru­zioni e nel ter­zia­rio. Ma dal 2015 al 2020 le pre­vi­sioni sono delu­denti. «Ci sono fon­dati dubbi che i con­si­stenti inve­sti­menti ope­rati in que­sti anni abbiano un effetto mol­ti­pli­ca­tore ade­guato, almeno per quanto riguarda il mer­cato del lavoro» con­clu­dono Cavic­chini e Lo Verso. Chi si can­dida ad un posto da volon­ta­rio per tro­varsi un posto di lavoro dopo l’Expo vivrà in que­sto con­te­sto non certo incoraggiante.

TRA SCAN­DALI E CORRUZIONE

All’inizio sono stati in pochi ad intuire il signi­fi­cato pro­fondo dell’operazione-volontari all’Expo. La con­tro­in­for­ma­zione del cen­tro sociale Sos for­nace di Rho, dove c’è un punto San Pre­ca­rio, è stata fon­da­men­tale. Poi la con­sa­pe­vo­lezza è diven­tata patri­mo­nio comune della rete dei movi­menti «Atti­tu­dine No Expo». Ad ecce­zione del segre­ta­rio della Fiom Lom­bar­dia Mirco Rota, i sin­da­cati hanno pro­vato a far pas­sare sotto silen­zio l’accordo. Il sin­daco di Milano Giu­liano Pisa­pia ha difeso lo sta­tus dei volon­tari, scam­bian­dolo per uno dei tanti accordi con il terzo set­tore. «Il volon­ta­riato è un feno­meno dif­fuso nel nostro ter­ri­to­rio», sostiene il primo cit­ta­dino mila­nese. Il pro­blema è che fare il volon­ta­riato all’Expo non equi­vale a svol­gere un’attività cari­ta­te­vole per i poveri o a inse­gnare ita­liano ai migranti.

L’impresa avrebbe avuto qual­che pos­si­bi­lità di suc­cesso se nel frat­tempo non fosse acca­duto qual­cosa che Roberto Mag­gioni e il col­let­tivo Off Topic ave­vano annun­ciato nella loro inchie­sta Expo­po­lis (Agen­zia X). Sono arri­vati gli arre­sti a ripe­ti­zione per cor­ru­zione, i maxi­se­que­stri e le accuse di infil­tra­zione della ‘ndran­gheta nei can­tieri in cui sono stati inve­stiti cen­ti­naia di milioni di euro. Una situa­zione che ha degra­dato l’immagine di Expo, facendo emer­gere lo scan­dalo del lavoro gratuito.

Dun­que, cor­ru­zione e ille­ga­lità dei mana­ger e della poli­tica con­tro l’umiliazione di gio­vani e meno gio­vani che accet­tano di fare i volon­tari nella spe­ranza di lavo­rare almeno per un giorno. Que­sta è l’enorme spro­por­zione che svi­li­sce il ten­ta­tivo di creare un’identificazione con i valori eco-compatibili dell’Expo ispi­rati alle mito­lo­gie oli­sti­che del «made in Italy», il buon cibo «slow».
L’ambivalenza che cir­conda la figura del volon­ta­rio è stata ormai supe­rata. Il suo lavoro serve a «uma­niz­zare» il logo di un grande evento e a com­ple­tare l’offerta turi­stica o i ser­vizi di acco­glienza in un’economia cul­tu­rale. Il suo impatto sull’occupazione è irri­le­vante. Il suo agire serve tut­ta­via a creare un rumore di fondo utile per attrarre visi­ta­tori o infor­mare i turi­sti che poi finan­zie­ranno bar, alber­ghi, musei, fiere por­tando soldi agli altri, ma mai un red­dito agli inte­res­sati. Ai volon­tari resta la spe­ranza che, in futuro, que­sto ruolo toc­chi ad altri, men­tre loro saranno impie­gati pre­ca­ria­mente altrove.

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