Eternit, prescrizione e pietra tombale

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La paura era rima­sta lì, ferma, come un groppo in gola, per tutto il viag­gio. Con­ge­lata da un’inossidabile spe­ranza. «Vogliamo giu­sti­zia e siamo con­vinti che l’avremo, dopo 35 anni di lotte», sus­sur­rava Romana Bla­sotti (cin­que cari morti di meso­te­lioma), prima di entrare nei cor­ri­doi del Palaz­zac­cio. Con lei, a Roma per l’udienza in Cas­sa­zione, sono arri­vati tanti fami­liari delle vit­time dell’amianto: da Casale Mon­fer­rato, la città mar­tire (50 casi di meso­te­lioma l’anno), Cava­gnolo, Bagnoli e Rubiera. Ma anche dall’estero: Bra­sile, Fran­cia, Bel­gio, Sviz­zera, Inghilterra.

D’altronde sul maxi-processo Eternit, detto «del secolo», sono stati pun­tati gli occhi di mezzo mondo. Per­ché per la prima volta veniva pre­vi­sto il dolo in una causa di morti sul lavoro (per la Thys­sen soprav­vis­suto solo in primo grado), in que­sto caso 3000 vit­time fino al 2008, 2200 morti e 800 malati. Sul banco degli impu­tati, il miliar­da­rio sviz­zero Ste­phan Sch­mi­d­heiny, con­dan­nato, dalla Corte d’appello di Torino, a 18 anni di reclu­sione per disa­stro ambien­tale doloso per­ma­nente. Pur­troppo le strade che por­tano alla giu­sti­zia sono imper­vie e tutt’altro che infi­nite. La realtà è diversa. La Prima sezione penale della corte di Cas­sa­zione ha annul­lato il pro­cesso, acco­gliendo la richie­sta del sosti­tuto pro­cu­ra­tore gene­rale (colui che, qui, rap­pre­senta l’accusa) Fran­ce­sco Iaco­viello, che a fine requi­si­to­ria aveva detto: «Il pro­cesso deve essere annul­lato senza rin­vio della con­danna a Sch­mi­d­heiny per­ché tutti i reati sono pre­scritti». Insomma, una pie­tra tombale.

Non ci crede quasi Bruno Pesce, coor­di­na­tore della ver­tenza amianto, prende fiato, la rab­bia è tanta. Cerca di con­tat­tare la segre­ta­ria della Cgil Susanna Camusso, poi denun­cia: «Noi, movi­mento con­tro l’amianto insieme al team gui­dato dal pro­cu­ra­tore Gua­ri­niello, abbiamo cer­cato di essere pio­nieri in mate­ria. Invece, non si è avuto corag­gio: nei disa­stri ambien­tali le morti con­ti­nuano oltre alla chiu­sura della fab­brica. Il pol­ve­rino sparso per tutto il ter­ri­to­rio con­ti­nua a ucci­dere. L’amianto – con­ti­nua Pesce – è una bomba a oro­lo­ge­ria a lungo periodo, non è pos­si­bile che coloro che l’hanno inne­scata siano trat­tati come dei gran signori. Come pos­siamo pre­scri­vere tutto? La richie­sta del pg è incom­pren­si­bile. È ora che in Ita­lia si apra un serio dibat­tito sul tema dell’ingiustizia».

I timori aleg­gia­vano da tempo tra le asso­cia­zioni di fami­liari. Gli esiti del caso Cuc­chi e del dibat­ti­mento sull’Aquila ave­vano tur­bato anche i più otti­mi­sti. Nella sua requi­si­to­ria, il pg Iaco­viello ha sot­to­li­neato come «l’imputato Sch­mi­d­heiny sia respon­sa­bile di tutte le con­dotte che gli sono state ascritte». Ma il pro­blema è «che il giu­dice tra diritto e giu­sti­zia deve sem­pre sce­gliere il diritto». Aggiun­gendo: «La pre­scri­zione non risponde a esi­genze di giu­sti­zia ma ci sono momenti in cui diritto e giu­sti­zia vanno da parti oppo­ste». Quasi un déjà vu per un pro­cu­ra­tore gene­rale avvezzo a richie­ste simili. Negli anni ha chie­sto di sal­vare dalla con­danna Dell’Utri, Andreotti, Squil­lante, Man­nino e De Gen­naro. Nel cur­ri­cu­lum ora si aggiunge Ste­phan Sch­mi­d­heiny, classe 1947 magnate sviz­zero (tra i 500 uomini più ric­chi del mondo), in esi­lio volon­ta­rio in Costa Rica, ammi­ni­stra­tore dele­gato del Gruppo Eternit dal 1976. Un mana­ger che sep­pur cono­scesse il rischio letale della lavo­ra­zione decise di pro­se­guirla. In Cas­sa­zione, Sch­mi­d­heiny è stato difeso dall’avvocato Astolfo Di Amato e da Franco Coppi, legale di Sil­vio Ber­lu­sconi nel pro­cesso Mediaset.

Il pg Iaco­viello ha sot­to­li­neato le discre­panze nelle sen­tenze di primo grado e appello. In Corte d’assise si è spe­ci­fi­cato come il disa­stro cessi quando ter­mina l’intera boni­fica; in secondo grado dal momento in cui non ci saranno morti. Capo­volto, inol­tre, l’impianto di Gua­ri­niello, giu­di­cato dal pg “pio­nie­ri­stico”. Le morti, per Iaco­viello, non fareb­bero parte del con­cetto di disa­stro. «Per reati come il disa­stro “silente” o “inno­mi­nato” come quello delle morti per amianto che ha una latenza di decenni, o per l’omicidio stra­dale ser­vono nuove leggi e l’intervento del legi­sla­tore per­ché non sono più gesti­bili con le cate­go­rie di reato tradizionali».

Tri­ste finale per tutta la lotta all’amianto. Le fami­glie delle vit­time se ne tor­nano a casa e tutto quello che pos­sono fare è gri­dare in Aula: «Ver­go­gna, vergogna».



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