Il difficile rientro dei fondi dell’Ilva custoditi offshore
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Rebus Ilva e, dalla soluzione, dipende il destino dell’acciaieria più importante d’Europa.
La decisione del gip di Milano ha autorizzato il trasferimento di 1,2 miliardi dalle tasche dei Riva alle casse dell’Ilva, ma la strada per l’esecuzione del provvedimento è in salita perché la quasi totalità dei fondi è custodita presso otto trust in Jersey (isola nel Canale della Manica, paradiso fiscale), di cui è depositario il gruppo bancario svizzero Ubs. Poi si aprirà la partita di come verrà usato il denaro, di cui l’Ilva ha massima urgenza perché la liquidità disponibile sta nuovamente per finire. Proprio per evitare passi falsi l’avvocato Paola Severino, incaricata di seguire la vicenda dal commissario straordinario del gruppo, Piero Gnudi, ha preso contatto con il magistrato che ha firmato il provvedimento ma la procedura è inedita e lo scenario tutt’altro che chiaro.
L’Ubs, rappresentata dall’avvocato Claudio Visco, dello studio Macchi di Cellere Gangemi, ha chiarito fin dall’inizio di considerarsi parte neutrale e di essere pronta a consegnare il denaro. Ma nel procedimento di Milano ha presentato la documentazione che dà conto dell’iter giudiziario in corso a Zurigo, dove ha sede la banca, dopo la rogatoria avviata dai pm titolari delle indagini, Stefano Civardi e Mauro Clerici. E da quei documenti risulta che Ubs darà via libera al trasferimento dei fondi in Italia quando la decisione della magistratura italiana sarà definitiva. Non solo. L’operazione dovrà essere autorizzata dal procuratore federale di Zurigo.
Intanto l’orientamento della difesa di Adriano Riva, seguito dall’avvocato Giuseppe Bana, è d’impugnare la decisione del gip. Adriano Riva, che non è cittadino italiano e vive tra Canada, Montecarlo e Lugano, è l’unico titolare dei trust dopo la morte del fratello Emilio e la rinuncia degli eredi. Ora la scelta in arrivo è saltare l’appello e ricorrere direttamente in Cassazione.
C’è, infine, un ultimo aspetto da considerare, che riguarda l’utilizzo dei fondi. Equitalia giustizia ne è il gestore e quei valori finiranno all’Ilva tramite aumento di capitale. Non è chiaro in quanto tempo. A quel punto saranno disponibili per gli investimenti che servono al risanamento ambientale, come prevede la legge. L’intenzione del commissario è che, almeno in parte, potranno rappresentare la copertura d’interventi già fatti, sdoganando così risorse finanziarie preziose per continuare l’attività: dal pagamento degli stipendi a quello dei fornitori, fino al funzionamento degli impianti. La penseranno così anche i magistrati di Milano e Taranto? Certo non si accontenteranno di rendiconti verbali degli investimenti fatti per ridurre l’inquinamento. La partita resta aperta.
Fabio Tamburini
L’Ubs, rappresentata dall’avvocato Claudio Visco, dello studio Macchi di Cellere Gangemi, ha chiarito fin dall’inizio di considerarsi parte neutrale e di essere pronta a consegnare il denaro. Ma nel procedimento di Milano ha presentato la documentazione che dà conto dell’iter giudiziario in corso a Zurigo, dove ha sede la banca, dopo la rogatoria avviata dai pm titolari delle indagini, Stefano Civardi e Mauro Clerici. E da quei documenti risulta che Ubs darà via libera al trasferimento dei fondi in Italia quando la decisione della magistratura italiana sarà definitiva. Non solo. L’operazione dovrà essere autorizzata dal procuratore federale di Zurigo.
Intanto l’orientamento della difesa di Adriano Riva, seguito dall’avvocato Giuseppe Bana, è d’impugnare la decisione del gip. Adriano Riva, che non è cittadino italiano e vive tra Canada, Montecarlo e Lugano, è l’unico titolare dei trust dopo la morte del fratello Emilio e la rinuncia degli eredi. Ora la scelta in arrivo è saltare l’appello e ricorrere direttamente in Cassazione.
C’è, infine, un ultimo aspetto da considerare, che riguarda l’utilizzo dei fondi. Equitalia giustizia ne è il gestore e quei valori finiranno all’Ilva tramite aumento di capitale. Non è chiaro in quanto tempo. A quel punto saranno disponibili per gli investimenti che servono al risanamento ambientale, come prevede la legge. L’intenzione del commissario è che, almeno in parte, potranno rappresentare la copertura d’interventi già fatti, sdoganando così risorse finanziarie preziose per continuare l’attività: dal pagamento degli stipendi a quello dei fornitori, fino al funzionamento degli impianti. La penseranno così anche i magistrati di Milano e Taranto? Certo non si accontenteranno di rendiconti verbali degli investimenti fatti per ridurre l’inquinamento. La partita resta aperta.
Fabio Tamburini
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