La Camusso boccia Matteo “Non esiste una sinistra che elimina l’articolo 18”

La Camusso boccia Matteo “Non esiste una sinistra che elimina l’articolo 18”

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ROMA . Matteo Renzi scrive a Repubblica che «ci sono due modi per cambiare l’Italia: farlo noi da sinistra o farlo fare dai mercati, da fuori ». Il giorno dopo Susanna Camusso riflette: «Chi c’è in quel “noi”?. Il “noi” di Renzi comprende solo il partito o anche il sindacato, le organizzazioni dei lavoratori? ». Nella crisi e nello scontro a sinistra sul jobs act non sono solo in gioco i provvedimenti: «C’è piuttosto un’idea a mio parere sbagliata che delega alle imprese, sciolte da ogni vincolo, lo sviluppo del paese come se la politica dovesse essere spettatrice e non protagonista. Uno scambio del tipo: io governo ti libero dalle leggi che tutelano i diritti minimi dei lavoratori e tu ti occupi di produrre, fare profitti e, se riesci, a dare lavoro». Una politica di stampo liberista..: «Sì ma all’italiana, un liberismo finanziato dallo Stato: il governo toglie tasse alle imprese e tutele ai dipendenti».
Il giorno dopo l’intervento del premier la segretaria della Cgil rivendica di non aver mai trasceso nei toni della polemica con il governo.«Nemmeno quando siamo stati paragonati a Salvini. Una frase offensiva verso milioni di nostri iscritti ma soprattutto verso chi si batte a Ragusa contro lo sfruttamento dei migranti nelle campagne o contro il nuovo schiavismo diffuso al sud come al nord, verso i tanti che operano per battere il caè poralato». La ragione del paragone di Renzi era nel fatto che la Cgil aveva annunciato di appoggiare il referenudm contro la legge Fornero proposto dalle Lega: «Solo una visione autocentrata della politica può far leggere quel nostro annuncio come una dichiarazione di guerra alla sinistra. Al contrario il tentativo di non regalare alla Lega una battaglia contro la riforma Fornero che noi, all’epoca, abbiamo combattuto anche con lo sciopero. Perché il segretario del Pd oggi ci accusa di non aver fato abbastanza? Il Pd all’epoca votò a favore della legge Fornero e anzi, alcuni sindaci addirittura la sostennero. Noi lottammo, forse troppo poco».
Il gioco delle recriminazioni potrebbe portare lontano ma, riconosce Camusso, «rischia di essere sterile». Conta invece «l’impostazione che emerge dalla lettera di Renzi. Parte da un giusto presupposto, la libertà dei singoli. Ma subito si contraddice sostenendo l’abolizione dell’articolo 18. Arriva addirittura a sostenere che la libertà di licenziare crei occupazione. Come se la sterilizzazione dell’articolo 18 operata dal governo Monti avesse creato milioni di posti di lavoro. Ma soprattutto come se la possibilità di scambiare un diritto con una manciata di soldi potesse aumentare i diritti di chi è precario. Che questa possa essere l’impostazione di una parte delle imprese è comprensibile. Ma deve essere quella di un partito che si richiama ai valori della sinistra?». Si dice che a difendere l’articolo 18 sia rimasta la parte conservatrice della sinistra. Camusso sorride: «I conservatori dell’Ottocento che si rigirano nella tomba all’idea di essere paragonati alla Cgil».
Ci sono due sinistre? Una sinistra conservatrice e una innovatrice e rottamatrice? «Rottamare il bambino con l’acqua sporca non è mai stata una grande idea». Anche perché «lo sforzo della sinistra è sempre stato quello di estendere i diritti e le tutele. Si conquistano in un luogo di lavoro e si prova ad applicare negli altri. Così è avvenuto non solo nella storia del sindacato ma anche in quella di movimenti per i diritti civili, a partire dal movimento delle donne. Oggi invece siamo di fronte a una sinistra che trasforma una tutela in denaro, come hanno sempre tentato di fare i conservatori nei momenti a loro favorevoli. Da questo nasce lo spaesamento e la mobilitazione dei lavoratori di queste settimane». Sono stata tra le prime ad auspicare un grande partito plurale della sinistra che avesse come riferimento il lavoro, capace di trasformare il paese, ridurre le differenze aumentare le opportunità. Vedo invece che si va in direzione opposta, si divide e si separa e aumenta la diseguaglianza».
Come si esce da questo scontro, da questa contrapposizione? «Ascoltando le ragioni del lavoro », dice Camusso. Che osserva: «Non sono particolarmente appassionata ai Pantheon. Ognuno ha quelli che preferisce. Tanto più in una sinistra plurale, punto di incontro di tante esperienze e tante radici culturali. Però colpisce il fatto che nel Pantheon proposto da Renzi nella sua lettera non ci sia un esponente del lavoro». Una difficoltà che nasce forse dagli scontri di queste settimane.. «Sì, è possibile. Ma arriva anche da una delle contraddizioni del “renzismo”: dall’idea che nella teoria si vorrebbe una sinistra plurale e nella pratica si sostiene lo schema classico amico-nemico, chi non è con me è contro di me. Ebbene, di quella sinistra plurale fa parte anche l’organizzazione autonoma del movimento dei lavoratori, la possibilità per il sindacato di essere un interlocutore e non una semplice pedina del gioco tra buoni e cattivi». In questo periodo finite spesso nella seconda categoria: «E’ vero ma mi pare che dopo il successo della manifestazione del 25 ottobre, qualcosa anche stia cambiando. Anche solo perché si sente la necessità di sottolineare che si sta a difendere i più deboli». E non è vero? «Ci vorrebbero dei fatti concreti. Perché Renzi nel job’s act non abolisce quei contratti di precariato che dice di combattere? Perché se difende i deboli vara norme che puniscono i patronati? Basterebbe che trascorresse una mattinata in quei patronati a vedere i precari e i pensionati che si rivolgono allo sportello. Io lo faccio. E lì incontro i deboli»..


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