by redazione | 8 Novembre 2014 11:58
Un blitz razzista in piena regola, quello del 28 ottobre scorso alla Scuola Media ex Lombardo Radice. Un gruppo di persone di Casa Pound e Lega Nord, capeggiati da Mario Borghezio, sono entrati nelle due aulette «prestate» al IV Centro territoriale permanente per l’età adulta (CTP) di Roma, nel quartiere periferico di Casalbertone, e hanno impedito a un gruppo di studenti immigrati di fare lezione. L’eurodeputato leghista — indagato dalla procura di Milano per razzismo e condannato per aver dato fuoco, insieme ad altri, ai letti di alcuni migranti a Torino — era accompagnato anche da un sedicente avvocato e da una telecamera, che ha ripreso l’aggressione della squadra nei confronti dei due docenti presenti e degli alunni, postando poi in rete le facce. «Un fatto gravissimo — come ha commentato una delle insegnanti — – perché molti dei nostri alunni sono rifugiati, persone che nel loro paese rischiano la vita, vittime di tratta ecc. e quindi devono essere, per legge, tutelate e le loro immagini non possono essere diffuse».
L’aggressione è avvenuta intorno alle 16.15: «Sono entrati con la forza interrompendo le lezioni e spaventandoci, hanno cominciato a urlare, a offendere, chiamavano gli studenti «questi cosi» e «negroni» li minacciavano e minacciavano noi, fino a che hanno buttato a terra i divisori che separavano le due aule del Ctp dal resto della scuola. Danneggiando un bene pubblico. Non è solo interruzione di pubblico servizio, ma sospensione della democrazia. Un fatto che ricorda quanto accadeva durante il fascismo, quando agli ebrei era vietato di studiare senza la stella di David attaccata addosso e poi neanche con quella. Il diritto allo studio è sancito dalla Costituzione e non può essere messo in discussione, la scuola è sacra». Non è la prima volta che il IV CTP di Casalbertorne è sotto attacco, già la settimana precedente lo stesso gruppo di persone, ma senza Borghezio, si era presentato davanti scuola e per ben tre giorni aveva impedito agli alunni di sostenere il test di italiano per stranieri, obbligatorio per legge. Come già aveva detto allora la referente del Plesso, Angela Platerotti, le accuse di questi genitori (non identificatisi però in alcun modo) è di «promiscuità», ovvero affermano che i bambini delle medie dividono lo stesso corridoio con gli adulti, ma questo non è vero si tratta aule ben distinte e non comunicanti con quelle della scuola media, anche gli ingressi sono separati, nonché i servizi igienici. «Quelle mattine sono state un’eccezione perché avevamo gli esami di certificazione linguistica per stranieri. Sono cinque anni che facciamo lezione in questa sede e non c’è stato mai un problema del genere».
Ora però i genitori chiedono un muro e la preside Adalgisa Maurizio non è disposta a concederlo e, anzi, ha presentato un esposto alla Procura sull’accaduto.
Lo stato obbliga i migranti a seguire un corso di lingua italiana e di educazione civica per il rinnovo del permesso di soggiorno a lungo termine, senza il quale non potrebbero permanere regolarmente sul nostro Paese. La Lega nord era al governo quando è stato istituito quest’obbligo.
Associazioni e centri sociali di zona si sono mossi in sostegno della scuola, ma è impossibile sapere quando Casa Pound e Lega Nord ’attaccheranno’ di nuovo, anche se hanno promesso che accadrà.
«Gli stranieri che vengono nelle nostre scuole sono i migliori — spiega un’altra delle docenti del Ctp — perché vogliono integrarsi, lavorare, imparare, sono curiosi, portano ricchezza culturale e soldi per la scuola, visto che pagano la tassa di iscrizione. Capiamo la preoccupazione dei genitori per la promiscuità adulti bambini, ma non è quello che accade da noi e l’interruzione violenta di una lezione non è la soluzione, ma la sospensione del diritto anche per i loro figli. Se vogliono un futuro migliore per loro dovrebbero anzi richiedere maggiori possibilità di integrazione: un mondo più istruito è anche un mondo più sicuro». Borghezio e gli altri aggressori hanno richiesto, oltre al muro divisore, anche che gli utenti portassero un cartellino identificativo; richiesta giusta, a detta dei docenti, ma «ci manca addirittura il computer per le iscrizioni, come pensano che possiamo stampare i cartellini» – dicono – «se vogliono posso collaborare con la scuola e aiutarci a migliorarla, non distruggerla ancora di più». Non dividerla con un muro.
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