IL REBUS DEL TFR
l rischio è che i lavoratori a più basso reddito e quelli che si trovano in difficoltà economiche preferiscano l’uovo alla gallina e che, stretti dalla necessità, si trovino al momento di uscita dal lavoro senza liquidazione e senza previdenza integrativa. La norma concepita dal governo infatti sembra fatta apposta per incoraggiare questi soggetti: aumenta infatti dall’11 al 20% la tassazione per chi sceglie di indirizzare il Tfr a fondo pensione; aumenta anche la tassazione, dall’11 al 17%, sulla rivalutazione della liquidazione che si ottiene quando si lascia il lavoro. Siccome i lavoratori a basso reddito, con aliquota bassa sullo stipendio, non avranno un aggravio fiscale se metteranno il Tfr in busta-paga, è probabile che saranno incitati all’anticipo. Con conseguenze non calcolabili sul sistema futuro. Per tutti gli altri, invece, ci sarà il rischio che l’operazione sia addirittura sconveniente: perché la tassazione sull’anticipo in busta-paga sarà più alta di quella a fine rapporto.
DUBBI SUGLI SCONTI PER I NEO ASSUNTI
La misura avrebbe una sua ragionevolezza: consentire assunzioni a tempo indeterminato esonerando le aziende per tre anni dal versamento dei contributi fino ad un tetto di circa 8 mila euro, in pratica si potranno assumere lavoratori “scontati” fino a 1.500 euro netti al mese. Tuttavia come ha spiegato la Corte dei Conti in audizione, si temono “distorsioni”. In primo luogo la misura è temporanea e consente anche alle aziende che hanno appena fatto licenziamenti di beneficiare degli sconti per le assunzioni: il rischio, che non si può escludere, è che le aziende licenzino e poi riassumano. Tant’è che ieri la Commissione Lavoro, nell’esprimere il suo parere sulla Stabilità, ha chiesto che gli sconti contributivi siano circoscritti a chi non ha fatto licenziamenti in precedenza.
EVASIONE, RISCHI SUL GETTITO
La legge di Stabilità conta di recuperare 3,5 miliardi. La misura principale è molto tecnica ma impatta sostanzialmente sull’Iva: con il reverse charge, pone sostanzialmente a carico di chi acquista (e non come è oggi, di chi vende) il compito di applicare e versare l’Iva. Si evita così che alcune aziende, con l’intento di frodare il fisco, incassino il fisco attraverso proprie controllate e poi le chiudano senza versare il dovuto. Se per questa misura il gettito sarebbe assicurato, per il resto Bankitalia parla di cifre da prendere «con cautela» e la Corte dei Conti avverte che non bisogna sbilanciarsi a coprire spese certe con la lotta all’evasione. Nel mirino ci sono i 700 milioni per l’accertamento e il gettito dei giochi. Dubbi che si sommano a quelli più generali dell’Istat che giudica la manovra inefficace sulla crescita del prossimo biennio.
TAGLI ALLE REGIONI: SI TEMONO NUOVE TASSE
Regioni, Comuni e Province hanno già levato gli scudi, anche se di fatto hanno mostrato una disponibilità ad agire su sprechi e malcostume. Tuttavia il taglio è pesante: si tratta di circa 4 miliardi per le Regioni, di 1,2 per i Comuni (ai quali l’Anci somma anche le vecchie misure con effetto sul 2015) e di circa 1 per le Province. Secondo Bankitalia e Corte dei Conti si rischia un aumento delle tasse locali: dal prossimo anno infatti le Regioni avranno il margine per alzare l’addizionale Irpef di un punto.