ROMA Bastano due numeri per capire quanto siano grandi i buchi nell’Isee, lo strumento usato ancora adesso per costruire le graduatorie dei servizi sociali, dagli asili nido alle borse di studio. L’80% degli italiani che presenta l’indicatore della situazione economica equivalente (questo vuol dire Isee) dichiara di non avere un conto in banca. Una bugia evidente, visto che il conto ce l’hanno nove italiani su dieci. Eppure per anni lo Stato ha fatto finto di crederci.
Autocertificazione, nessun controllo successivo: bastava dire di non aver un euro in banca per guadagnarsi la mensa gratis a scuola, solo per fare un esempio. Che i buchi ci siano lo si dice da tempo. Uno studio del dipartimento Welfare della Cgil sostiene che il 20% delle dichiarazioni non «corrisponde alle reali condizioni di ricchezza». Con il risultato che ogni anno servizi sociali per 2 miliardi vanno a chi non ne avrebbe diritto. Ed è anche da tempo che si cerca di correggere il tiro. Ma con molta fatica. Il nuovo Isee è stato annunciato per la prima volta nel decreto salva Italia del governo Monti, quasi tre anni fa.
L’idea era e resta quella di ridurre lo spazio dell’autocertificazione, di mettere sulla bilancia non solo il reddito vero e proprio di una famiglia (lo stipendio o la pensione) ma anche il suo patrimonio, a partire dalla casa. Sui conti correnti si era pensato di prevedere un tot di controlli a campione ma poi con l’ultimo disegno di legge di Stabilità si è deciso di inserire direttamente i dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate. Solo che tra rinvii, cambi di governo, decreti e pareri, siamo ancora fermi alle vecchie regole. Il governo dice che il nuovo Isee partirà nel gennaio 2015.
Ma ci sono ancora due punti i nterrogativi. Il primo è il regolamento del ministero del Welfare che deve fissare gli ultimi dettagli, compresi i nuovi moduli da riempire. Il provvedimento è stato firmato pochi giorni fa, la prossima settimana dovrebbe arrivare il parere del Garante della privacy. Non ci dovrebbero essere sorprese. Il secondo interrogativo è il ricorso presentato da 25 associazioni di disabili sul quale il 19 novembre si pronuncerà il Tar del Lazio. I punti contestati sono vari ma su uno in particolare sembrano esserci buone probabilità di successo: secondo il nuovo Isee sono da considerare reddito tutte le entrate del nucleo familiare, anche le «somme fiscalmente esenti». Per i disabili vuol dire che qualsiasi contributo, anche quelli per la disabilità, farebbe salire l’Isee, con conseguente perdita di posizioni in graduatoria. Un controsenso? Se il Tar dovesse dare ragione alle associazioni, il governo dovrebbe mettere nuovamente mano all’Isee. A quel punto rispettare la scadenza del primo gennaio sarebbe quasi impossibile.
Lorenzo Salvia