Anonymous toglie i cappucci agli adepti del Ku Klux Klan

Anonymous toglie i cappucci agli adepti del Ku Klux Klan

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WASHINGTON I cyber guerrieri mascherati contro i razzisti con il cappuccio. Anonymous contro il Ku Klux Klan. Una battaglia sul web attorno a quella che si potrebbe accendere nelle vie di Ferguson, Missouri.
I militanti hacker hanno smascherato le identità di molti adepti xenofobi ed hanno postato su Internet le informazioni sulla loro vita privata. Nomi, familiari, figli, indirizzi, professione, contatti. In alcuni casi hanno anche assunto il controllo degli account Twitter o lasciato foto per ridicolizzare gli avversari. Un attacco profondo in vista della decisione del Gran Giurì su Darren Wilson, il poliziotto che uccise in agosto un ragazzo afro-americano nel sobborgo di St Louis.
Gli attivisti di Anonymous si sono presentati sul web con un messaggio: «Non perdoniamo, non dimentichiamo. Ku Klux Klan, preparati che arriviamo». E poi hanno lanciato l’assalto cercando di dare nome e cognome ai loro avversari. I razzisti hanno risposto: «Leggiamo divertiti le vostre minacce. Pensavamo che voi foste per la libertà di espressione. Ma siete solo dei codardi». Controreplica: «Non vi attacchiamo per quello in cui credete ma per quanto volete fare contro chi protesta a Ferguson… Siete un gruppo terrorista, avete le mani sporche di sangue».
Gli hacker hanno presentato la loro azione come una rappresaglia. Qualche giorno fa gli incappucciati avevano annunciato il ricorso alla forza nei confronti dei manifestanti di Ferguson. La sortita del Ku Klux Klan è stata seguita da un’altra non meno preoccupante. Un’organizzazione, definitasi «Resistenza militante», ha offerto 5 mila dollari a chi svelerà il luogo segreto dove vive l’agente Wilson, una richiesta legata ad una possibile ritorsione. Dunque, nulla di buono in una zona dove la tensione cresce di ora in ora.
L’incursione di Anonymous è certamente ad effetto, toglie letteralmente la maschera agli estremisti «in bianco». Ma è davvero efficace? Alcuni esperti dubitano e sostengono che ai membri del KKK in realtà importi poco di mantenere segreta l’identità. Il cappuccio è solo un simbolo e molti non nascondono la loro appartenenza. Forse solo chi abita in zone razziali miste o svolge un lavoro insieme ad altri potrebbe avere qualche problema.
Un rilievo diverso arriva invece da Mark Potok, esponente dello SPLC, il noto istituto che conduce ricerca su formazioni estremiste e xenofobe. A suo giudizio i figli dei membri del KKK dovrebbero essere lasciati fuori dalla contesa, non c’entrano nulla con le scelte dei padri.
L’esperto poi aggiunge che il movimento non è compatto e spesso è più impegnato nelle diatribe interne che lo distolgono dalle vere campagne. Quando dicono di voler usare la «forza letale» a Ferguson è perché cercano di recuperare terreno proponendosi come i paladini dei bianchi. La minaccia non va sottovalutata ma neppure ingigantita.
Ora molti si attendono eventuali contromosse da parte degli ultrà di destra. Qualche colpo che catturi l’attenzione e contrasti Anonymous. Una partita infinita su Internet, il fronte senza confini.
Guido Olimpio



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