by redazione | 20 Novembre 2014 9:27
Lo sciopero generale Cgil cambia data. Si sposta di una settimana, da venerdì 5 al 12 dicembre. Non lo fa per le polemiche sul ponte, ma per l’adesione alla mobilitazione della Uil, con l’aggiunta probabile perfino dell’Ugl. Insomma, il sindacato confederale — con l’eccezione di una isolata Cisl — batte un colpo e mette in difficoltà il governo. Che si rifugia in un silenzio fischiato.
Nel primo giorno del XVI congresso della confederazione laica e socialista al palazzo dei Congressi dell’Eur a Roma, il vertice mattutino della triplice partorisce il primo lodo Barbagallo. Il neo segretario in pectore della Uil propone a Cgil e Cisl di proclamare uno sciopero unitario «per l’intera giornata» di venerdì 12 dicembre, in modo «da mantenere l’unità sindacale» e non dare l’impressione di «accordarsi alla fuga in avanti» già fatta da Susanna Camusso.
La Cgil ci sta subito anche perché la sua unica paura era quella di uno sciopero generale «alla Fornero»: tre ore sole senza alcuna manifestazione possibile. Susanna Camusso non dovrà convocare nemmeno un nuovo Direttivo per modificare la data visto che il mandato votato due settimane fa conteneva già l’indicazione di perseguire l’unità con Cisl e Uil, allargando lo sciopero unitario — poi abortito — del settore pubblico.
La Cisl invece dice subito «No», confermando la scelta già anticipata da Annamaria Furlan in alcune interviste — «Trovo scortese che qualche minuto prima di un incontro unitario si indichi una soluzione», la bacchetta Camusso — ribadendo che «non ci siamo sfilati, è che non abbiamo mai avuto lo sciopero generale in agenda».
Per cercare di uscire dall’isolamento la neo leader cislina rilancia subito lo sciopero del settore pubblico, comparto che a gran voce lo chiedeva da settimane. La mossa cerca anche di mettere zizzania fra Cgil e Uil, proponendo come data lunedì primo dicembre, sperando che almeno Barbagallo decida di scorporare la protesta generale. Ma la Uil non fa marcia indietro arrivando perfino a sostenere che «l’unica possibilità sarebbe quella di far fare due scioperi ai dipendenti pubblici, ma mi pare complicato».
Che la Cisl si senta comunque in difficoltà lo conferma anche la scelta dell’Esecutivo che in serata decide una quattro giorni di mobilitazione. Dopo lo sciopero del primo dicembre, arrivano tre manifestazioni in tre città diverse: il 2 a Firenze, il 3 a Napoli e il 4 a Milano. Al momento non è ancora deciso se verranno tenute in piazza o al coperto ma da viale Po giurano che saranno manifestazioni imponenti con richieste di «politica economica e sociale».
La nuova geometria variabile delle alleanze sindacali un effetto comunque lo ha già avuto: spiazzare il governo. Al congresso Uil in mattinata era presente una buona fetta dell’esecutivo e della maggioranza. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha ascoltato il discorso di addio di Luigi Angeletti e il suo passaggio sullo sciopero generale — «Non ci hanno lasciato altra via, lo facciamo per esercitare tutta la nostra forza per cambiare tutte le scelte sbagliate del governo, dall’articolo 18 all’addio al confronto con le parti sociali» — senza battere ciglio e rispondendo alle domande dei giornalisti davanti alle telecamere: «Rispetto alle motivazioni portate sui temi della legge di stabilità e del Jobs act, ritengo che non ci siano le motivazioni per una decisione così importante come lo sciopero generale — spiega — . Ogni organizzazione fa le proprie scelte in ragione delle proprie valutazioni, si prendono la responsabilità di quello che scelgono».
Poi però nel pomeriggio lo stesso Poletti cambia programma e decide di non tornare per il previsto intervento dal palco. Il suo scarno messaggio in cui spiega di rinunciare «alla luce del mutato contesto» viene subissato dalle bordate di fischi da parte della poco avvezza platea Uil.
Gli attacchi al governo negli interventi diventano sempre più virulenti. Il segretario degli agroalimentari della Uila Stefano Mantegazza arriva addirittura a definire «fascista» il taglio ai patronati perché «lo Stato si prende i soldi dei lavoratori tagliando servizi finora gratuiti per i più deboli».
Il quadro che ne viene fuori è di una Uil mai così battagliera. Un quadro confermato nei tanti applausi riservati a Susanna Camusso che parla ad inizio pomeriggio. I passaggi più sottolineati sono quelli sull’articolo 18 — «La differenza di tutele è un’altra scelta di divisione del lavoro» — e sullo sciopero comune — «Arriverderci al 12 dicembre per costruire in tutti i luoghi le scelte che vanno fatte: organizzare il lavoro precario, smettere di contrapporre privati e pubblici, una legge sul capolarato».
Questa mattina tocchera ad Annamaria Furlan vedersela con la platea. E l’esito non è scontato. Per adesso il meno preoccupato dallo sciopero Cgil-Uil è il presidente di Confindustria. Che lo liquida con una battuta: «Con i bassi livelli di attività che abbiamo in questo momento nell’industria è forse un vantaggio».
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