Siamo tutti matti?
In occasione della Giornata mondiale della Salute Mentale
Siamo tutti matti? Danni, abusi e violenza in nome dell’aiuto, con la complicità di un business multimiliardario
Nella società moderna gli abusi perpetrati in nome dell’aiuto alla sofferenza emotiva sono molto frequenti ma, essendo celati dietro un’aura di scientificità che ne offusca la brutalità, passano perlopiù inosservati; e non ci si rende nemmeno più conto di quanto pervasivamente la psichiatria si sia impossessata delle nostre vite.
Sin dalla più tenera età veniamo etichettati e diagnosticati con presunte malattie la cui esistenza non è mai stata dimostrata, come la cosiddetta sindrome da deficit d’attenzione e iperattività (ADHD) o i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA, dislessia, disgrafia, discalculia ecc).
I test vengono somministrati nelle scuole con programmi di screening preceduti da campagne mediatiche terroristiche e (dis)informative, con lo scopo di allarmare i genitori circa questi nuovi disturbi – quasi si trattasse di malattie mortali.
Nel caso di diagnosi di ADHD scatta spesso la prescrizione di stimolanti anfetaminici che, secondo recenti studi, non curano niente e creano un serie impressionante di effetti collaterali.
I DSA invece non si curano con psicofarmaci, ma indirizzano il bambino su un percorso di visite neuropsichiatriche nel corso delle quali può beccarsi una diagnosi di disturbo mentale (“in comorbilità” col disturbo dell’apprendimento): dritto dal farmacista.
Seguendo una moda lanciata negli Stati Uniti, anche in Italia cresce il numero di bambini etichettati “bipolari” e trattati con neurolettici. Sono i farmaci più potenti dell’arsenale psichiatrico, noti anche come antipsicotici o camicie di forza chimiche, e caratterizzati da effetti collaterali spaventosi e, nel caso di trattamenti prolungati, anche irreversibili.
Superata la scuola elementare entriamo nell’adolescenza. Ma attenzione: gli sbalzi di umore caratteristici di questa età turbolenta, marcata da tempeste ormonali, sofferenze amorose e preoccupazioni scolastiche, oggi ci possono valere la prescrizione di ansiolitici o antidepressivi o – udite udite – elettroshock.
E non è finita: la diagnosi psichiatrica può anche trasformarsi in strumento atto a giustificare la sottrazione dei vostri figli alla famiglia, e il loro affidamento ai servizi sociali.
Al termine del periodo scolastico la persona entra nel mondo del lavoro, e l’interferenza psichiatrica nella sua vita prende nuove forme, con l’obbligo da parte del medico del lavoro di certificare il rischio di danni da stress lavoro-correlato. Se siamo arrivati indenni a questo punto e, fiduciosi, decidiamo di sposarci e avere figli, ecco rispuntare lo strizzacervelli: precedute da una campagna mediatica impressionante, fioccano ormai le diagnosi di depressione post partum (con relative prescrizioni psicofarmacologiche).
Nessuno lo dice, ma tra gli effetti collaterali di certi farmaci antidepressivi ci sono proprio quelle ideazioni e azioni suicide/omicide che il farmaco stesso si proporrebbe di curare.
Se poi da adulti ci capita d’imbatterci nel sistema giudiziario, scopriamo che in certi casi i giudici hanno praticamente abdicato il loro potere, cedendolo nelle mani di sedicenti esperti psichiatrici, i quali dispensano a caro prezzo preziose perizie d’incapacità d’intendere e volere. Ormai i reati sono riclassificati malattie mentali: non ci sono più assassini, ladri o incendiari, ma maniaci, cleptomani e piromani.
Attenti infine a non perdere il controllo o litigare col vicino sbagliato. Vi ritrovereste a rischio di TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio), istituto con cui la psichiatria mostra il suo volto più oscuro e violento e si rivela per quello che effettivamente è: un violento strumento di controllo sociale.
Lo psichiatra ha il diritto di prelevare con la forza chicchessia, legarlo come un salame e rinchiuderlo in gattabuia senza processo né avvocati per un certo periodo di tempo, teoricamente limitato ma prolungabile.
E, se vi capita, non ribellatevi all’ingiustizia: la ribellione verrebbe usata come prova d‘infermità mentale (rifiuta le cure!), per rincarare la dose. Tutto ciò viene giustificato con un assunto: il “malato mentale” è pericoloso per sé e per gli altri, ed è inconsapevole della propria malattia: come tale, deve essere sottoposto a qualunque genere di trattamento coercitivo.
La psichiatria moderna si fonda quasi esclusivamente sul modello chimico, secondo il quale le cosiddette malattie mentali sarebbero dovute a squilibri chimici nel cervello. Anche se la teoria non è mai stata dimostrata e, anzi, oggi viene esplicitamente riconosciuta come erronea dalla maggior parte degli accademici, psichiatri e Big Pharma continuano ad usarla per giustificare la prescrizione e il marketing psicofarmacologico.
L’aspetto peggiore di questa dottrina è lo svuotamento del concetto di essere umano, privato del suo libero arbitrio e ridotto alla mercé delle reazioni chimiche che avvengono nel suo cervello.
Intendiamoci: alcune persone sono soggette a sofferenza emotiva, hanno seri problemi a rapportarsi con gli altri e necessitano di aiuto. Ma la professione di chi fornisce questo aiuto dovrebbe essere inquadrata nell’alveo delle conoscenze umanistiche – non scientifiche.
E, soprattutto, i loro rimedi non dovrebbero mai essere somministrati in maniera coatta, ma solo su base volontaria. Esistono persone – psicoanalisti, maestri yoga o di meditazione, preti, comportamentalisti ecc. – che aiutano la gente nei momenti difficili, senza però atteggiarsi a medici o violare con la forza i diritti fondamentali della persona.
Nella Giornata Mondiale della Salute Mentale, cittadini, associazioni per la tutela dei diritti umani e istituzioni dovrebbero attivarsi per assicurare a queste persone un’assistenza non invasiva, non violenta e non coercitiva, priva cioè di quei trattamenti che hanno contraddistinto l’intera storia della psichiatria.
Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani onlus
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