Tsipras alla Cgil: «Sono con voi. Insieme per un’altra Europa»

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La società ita­liana, i sin­da­cati, le per­sone e par­ti­co­lar­mente i gio­vani, hanno asso­luta ragione nel mani­fe­stare per difen­dere i diritti nelle rela­zioni di lavoro.

L’Europa oggi si trova di fronte ad un bivio impor­tante. Gli stru­menti uti­liz­zati per affron­tare la crisi eco­no­mica si sono dimo­strati disa­strosi. L’austerità può aver “levato dal fango” i ban­chieri, può aver aiu­tato i potenti ad assi­cu­rare i loro pro­fitti futuri, ma ha sca­ri­cato sui popoli la dispe­ra­zione. L’economia reale è intrap­po­lata in un cir­cuito di sta­gna­zione e nuovi pas­saggi della crisi eco­no­mica sem­brano minac­ciare l’eurozona.

Di fronte a que­sta strada senza uscita si sta for­mando un fronte che con­te­sta, per il momento ancora timi­da­mente, la ricetta dell’austerità. Cerca uno sbocco con altre pro­po­ste e un’altra poli­tica. Mette come con­di­zione per uscire dalla crisi la libe­ra­zione dei paesi euro­pei dal cap­pio delle severe limi­ta­zioni nella finanza pub­blica. Riven­dica l’offerta di liqui­dità come stru­mento prin­ci­pale per far ripar­tire l’economia. E que­sta pro­po­sta, che non si esprime solo nei diversi luo­ghi di dibat­titi e forum ma anche nei prin­ci­pali organi poli­tici dell’Europa, è una pro­po­sta giusta.

Però per chi far ripar­tire l’economia? Per far entrare il capi­tale in un nuovo ciclo di accu­mu­la­zione di pro­fitto? Per far rilan­ciare di nuovo i grandi affari del set­tore della finanza e del cre­dito? Per far tor­nare il sor­riso nei salotti di Davos? A ragione ogni per­sona delle milioni che vogliono sem­pli­ce­mente vivere digni­to­sa­mente del pro­prio lavoro alze­rebbe le spalle doman­dan­dosi «a me inte­ressa tutto questo?».

Dob­biamo essere molto chiari: rispon­dere alla domanda tra “liqui­dità” o “auste­rità” è fon­da­men­tale per affron­tare la crisi. Ma non basta. Altret­tanto impor­tante è anche la domanda “affron­tare la crisi per chi”? Que­sto deve essere già chiaro oggi. Riven­di­care dalla can­cel­liera Mer­kel l’allentamento delle poli­ti­che del fiscal compact offrendo in cam­bio l’abbassamento dei salari, il pre­ca­riato e la demo­li­zione dello stato sociale è una via di uscita che non inte­ressa la società.

La reto­rica del capi­ta­li­smo con­tem­po­ra­neo dei “liberi mer­cati” si basa sulle bugie. Eccone alcune: «La dimi­nu­zione dei salari porta lo svi­luppo eco­no­mico e que­sto nel lungo periodo è buono per tutti noi…», «L’arricchimento dei ric­chi è impor­tante per il benes­sere sociale…», «Il costo del lavoro è un osta­colo alla con­cor­renza dell’economia…». E anche: «Se lasce­remo i mer­cati liberi, per fare il loro gioco, tutto sarà equi­li­brato e comin­ce­ranno a svi­lup­parsi al meglio». Con tutte que­ste fal­sità l’Europa ha cam­mi­nato dal 1991 fino alla crisi del 2008, demo­lendo pro­gres­si­va­mente il con­tratto sociale che era stato costruito dopo la Seconda Guerra Mon­diale. Le vite delle per­sone sono peg­gio­rate, le dise­gua­glianze sociali sono aumen­tate, la disoc­cu­pa­zione e il pre­ca­riato sono esplosi. Con quale gua­da­gno? Ed oggi a tutti quelli che hanno sacri­fi­cato cosi tante cose gli anni scorsi si chie­dono ulte­riori sacrifici.

Ora è il momento della verità: non pos­siamo uscire dalla crisi basan­doci sulle fal­sità che ci hanno por­tato fin qua. L’uscita dalla crisi ci sarà solo con la società in piedi e forte. Uscire dalla crisi non signi­fica quindi vedere il miglio­ra­mento degli indici eco­no­mici e i dia­grammi con frecce che si alzano. Uscire dalla crisi signi­fica il diritto di tutti ad un lavoro digni­toso, il diritto all’istruzione, la salute e l’assistenza sociale.

L’agenda poli­tica che si forma in Europa con­tro l’austerità non deve rima­nere all’interno dell’allentamento dei vin­coli del fiscal com­pact. Que­sta agenda si deve allar­gare met­tendo sul tavolo i veri biso­gni delle per­sone. Però met­tere in primo piano i biso­gni umani non è una que­stione che può essere fatta dai quar­tieri gene­rali di poli­tici, eco­no­mi­sti e finan­zieri. Lo deve imporre la società con le sue lotte. Difen­dendo la dignità del lavoro. Costruendo la soli­da­rietà e l’unità tra i lavo­ra­tori e i disoc­cu­pati, le vec­chie e le nuove gene­ra­zioni, i popoli del Nord e del Sud. Costruendo fronti sociali e raf­for­zando sem­pre di più la voce dei deboli. Tra­sfor­mando con per­se­ve­ranza la dispe­ra­zione e la paura in ottimismo.

Una lotta di que­sto tipo è comin­ciata in Ita­lia per difen­dere il lavoro e i suoi diritti. Una lotta simile si sta svol­gendo in Gre­cia, dove il ripri­stino delle rela­zioni di lavoro che sono state can­cel­late, insieme alla lotta per affron­tare la crisi uma­ni­ta­ria e far ripar­tire l’economia e rego­lare il debito a livello euro­peo, sono parte dell’agenda del pro­getto poli­tico alter­na­tivo della Sini­stra. Lotte simili si svol­gono e si svol­ge­ranno ovun­que in Europa. Il loro suc­cesso è un com­pito comune per tutti le lavo­ra­trici e i lavo­ra­tori dell’Europa. Le bat­ta­glie che si fanno in ogni Paese, e in ogni par­ti­co­lare situa­zione sociale e poli­tica, sono bat­ta­glie di tutti noi. La soli­da­rietà è la nostra arma.

L’Europa dopo la crisi sarà una Europa nuova, demo­cra­tica e sociale.

*Pre­si­dente di Syriza e Vice­pre­si­dente del par­tito della sini­stra europea



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