Tregua in Nigeria «Le ragazze rapite verso la libertà»

Tregua in Nigeria «Le ragazze rapite verso la libertà»

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Le studentesse in cambio di detenuti: sarebbe questo il nodo dell’accordo con Boko Haram annunciato dalle autorità della Nigeria. La libertà delle oltre 200 ragazze rapite 6 mesi fa a Chibok potrebbe valere la riconferma del presidente Goodluck Jonathan alle urne nel febbraio 2015. Oltre alla campagna virale su Twitter conta la campagna elettorale?
Giovedì il partito governativo aveva accusato l’ala locale del movimento «Bring back our girls» di fare il gioco dell’opposizione. Ieri il capo delle forze armate, generale Alex Badeh, ha dato l’annuncio: con Boko Haram tregua raggiunta. Il portavoce governativo Mike Omeri ha aggiunto che il patto comprende «il rilascio delle ragazze rapite». Il gruppo «ha assicurato che sono vive e stanno bene». Boko Haram «ha annunciato il cessate il fuoco come prova di un desiderio di pace — ha detto Omeri — Nello stesso spirito il governo ha fatto altrettanto». Le autorità hanno sottolineato che «le condizioni dell’accordo non saranno rese note», smentendo concessioni territoriali al gruppo islamista che vuole la creazione di un califfato nel Nord della Nigeria a maggioranza musulmana. In serata fonti della sicurezza hanno in parte smentito l’accordo: la liberazione delle ragazze andrebbe finalizzata la settimana prossima.
La sospensione delle ostilità varrebbe come una spartizione territoriale. Da mesi Boko Haram controlla ampie zone del Nord-Est. Da 5 anni tiene in scacco l’esercito, ha ucciso migliaia di civili e di militari, non sembra in difficoltà. D’altra parte era chiaro fin dai giorni del sequestro che il capo Abubkar Shekau puntava a uno scambio di prigionieri.
È arrivato il momento? Molti dubbi rimangono. Danladi Ahmadu, il «segretario generale» di Boko Haram che avrebbe dato luce verde all’accordo con la mediazione della Croce Rossa Internazionale (e ha rilasciato un’intervista ieri a una radio locale) è una figura pressoché sconosciuta. «Mai sentito nominare — ha detto Shehu Sani, attivista dei diritti umani che in passato ha trattato con Boko Haram — Se volessero dichiarare una tregua sarebbe lo stesso Shekau a parlare». Non è la prima volta che il governo annuncia tregue e liberazioni che non si materializzano. Le donne che per mesi si sono ritrovate a presidiare una piazza della capitale Abuja sotto lo striscione «Bring back our girls» hanno twittato ieri la loro «vigile speranza». Più fonti hanno confermato le trattative, avvenute in Chad. L’accordo avrebbe portato una settimana fa al rilascio di 27 ostaggi, compresi 10 lavoratori cinesi rapiti in Camerun. Per i media nigeriani Boko Haram ha fornito una lista di 19 detenuti di cui chiede la liberazione: militanti di medio profilo, unica figura nota il portavoce Abu Qaqa.
Perché ora? Perché la libertà potrebbe essere vicina per le giovani rapite dal collegio di Chibok il 14 aprile, la notte prima degli esami? Prodigi da campagna elettorale: il Partito democratico del popolo per la prima volta in 15 anni è incalzato dall’opposizione. Il ritorno delle studentesse sarebbe un bel colpo di scena per Goodluck, che avrebbe così in Boko Haram una sorta di improbabile sponsor. E se le ragazze restano nella foresta, la colpa sarà dei terroristi inaffidabili.
Michele Farina



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