Telecom, piano anti-scalata governo pronto a scorporare la rete con lo Stato in maggioranza

Telecom, piano anti-scalata governo pronto a scorporare la rete con lo Stato in maggioranza

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MILANO . L’ultimo a minacciarlo fu Enrico Letta nel gennaio scorso. Per spingere le società di telecomunicazione, in primis l’ex monopolista, a investire nelle reti di nuova generazione e risalire così nelle classifiche europee che vedono l’Italia in coda per penetrazione di banda larga. L’allora premier non esitò a dichiararsi pronto – in caso di promesse mantenute – a usare quella che lui definì la “bomba atomica”, ovvero lo scorporo della rete in mano a Telecom Italia.
Quasi un anno dopo, anche Matteo Renzi ci prova. Secondo fonti politiche vicine al governo, Palazzo Chigi si starebbe preparando a studiare una operazione con le stesse finalità, con modalità che porterebbero alla societarizzazione della rete, modo più elegante per arrivare allo stesso risultato dello scorporo. In altre parole, il governo è pronto a intervenire per diventare socio di Telecom Italia – anche assieme ad altri operatori telefonici e partner industriali del settore – in una società ad hoc che avrebbe il controllo dell’infrastruttura.
Ma con quale appiglio giuridico potrebbe intervenire Palazzo Chigi, visto che Telecom Italia è pur sempre una società privata, quotata in Borsa e la sua rete è una delle garanzie principali a sostegno del debito (32 miliardi di euro che diventano 27 al netto della cassa)? Sempre secondo quanto starebbe studiando il governo, l’appiglio è fornito dal decreto che regola la cosiddetta “golden power”. Si tratta del decreto-legge che regola i cosiddetti “poteri speciali”, con cui il governo può in determinati casi – intervenire sulla governance di società che opera in settori considerati strategici. Si tratta, in particolare, dei settori «della difesa e della sicurezza nazionale , nonché di taluni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell’energia , dei trasporti e delle comunicazioni » . Un chiaro riferimento alle reti del gas e dell’elettricità, nonché le linee ferroviarie e quelle delle telecomunicazioni.
E cosa si intende per “poteri speciali” che il governo potrebbe esercitare? In sostanza, «la facoltà di dettare specifiche condizioni all’acquisito di partecipazioni, di porre il veto all’adozione di determinate delibere societarie e di opporsi all’acquisto di partecipazioni ». Una serie di regole già adottate dalle legislazioni francesi e inglesi In altre parole, Palazzo Chigi potrebbe intervenire nel caso in cui società italiane che controllano asset strategici venissero scalate o ci fossero cambi rilevanti di controllo. Ed è proprio quello che in prospettiva avverrà per Telecom Italia, dove il nuovo socio industriale di riferimento non sarà più la spagnola Telefonica, ma il gruppo francese dei media Vivendi. Per non parlare delle voci che si rincorrono in ambito finanziario, di nuovi investitori in arrivo anche da paesi al di fuori della Ue.
Quest’ultimo particolare non secondario, visto che la golden power non potrebbe essere applicata se a scalare fosse proprio un gruppo dell’Eurozona, a meno che non ci siano gravi violazione delle condizioni di reciprocità. In buona sostanza, il governo si sta preparando a intervenire nel caso in cui si apra la possibilità di far scattare le regole sugli asset strategici.
Per gli addetti ai lavori, non sarà un’operazione facile né di breve periodo. Il progetto cui si starebbe lavorando prevede l’ingresso di Cassa Depositi Prestiti nella partita, tramite il Fondo strategico che ha una quota rilevante di Metroweb, la società che ha cablato Milano e che ha un piano di investimenti nelle principali città metropolitane. L’idea è quella di arrivare a prendere un 40 per cento della società della rete per poi salire in maggioranza nell’arco di un triennio. Per poi aprire il capitale ad altri partner, anche stranieri. La necessità per muoversi in questa direzione è sempre la stessa: colmare il digital divide. In Italia, solo per citare un dato, la quota di utenze raggiunte dalla fibra è pari al 2 per cento contro una media europea del 6 per cento.
Tuttavia bisogna prima capire se nuovi soci di peso entreranno nell’azionariato e se saranno in grado di provocare ribaltoni nel cda di Telecom, nominato pochi mesi fa. Poi vedere se saranno gruppi europei o extra Ue. A meno che, la strategia sia più complessa e si incroci con il riassetto di tutto il settore. Sono proprio della settimana scorsa, le indiscrezioni di una offerta da parte di Vodafone per Fastweb, ad esempio. E di fronte a uno scenario in movimento, il governo potrebbe giocare meglio le sue carte.



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