Un «superticket» per la sanità e blocco dei contratti fino al 2018
La manovra Renzi è tutta una sorpresa, perlopiù negativa. Ieri i governatori, dopo la “rivolta” di due giorni fa, hanno continuato a denunciare i tagli e soprattutto il rischio che dovranno ricorrere a pesantissime riduzioni di servizi o a forti rincari delle tasse. Intanto i sindacati hanno scovato una “chicca”: secondo l’attuale formulazione del testo è fortemente probabile che il governo abbia l’intenzione di bloccare i contratti degli statali per un altro triennio, addirittura fino al 2018. Sarebbe così un congelamento pari quasi a un’era glaciale, di ben 9 anni (dal 2009).
Il governatore della Toscana, Enrico Rossi, va al cuore del problema: l’esecutivo sta dicendo praticamente alle Regioni che la sanità o si autoridurrà al lumicino o dovrà essere sostenuta da un «superticket». «Se ci tolgono 4 miliardi, per la Toscana sono quasi 300 milioni in meno. Dobbiamo insistere con il taglio dei privilegi, ma non arriveremo mai a recuperare 300 milioni o più. Allora, apriamo seriamente una discussione su quel che vogliamo sia il servizio sanitario – dice Rossi – Dobbiamo chiederci se per mantenere un servizio universale e gratuito per la stragrande maggioranza dei cittadini non sia venuto il momento di chiedere ai redditi più elevati il pagamento di un contributo sulle prestazioni sanitarie».
Si tratterebbe di una sorta di «superticket» per gli italiani più abbienti, secondo Rossi. Ma noi ci permettiamo di integrare con una notazione: a bocce ferme, e con quella finanziaria, il «superticket» rischiano di pagarlo tutti, poveri compresi; che ovviamente non avranno altra strada rispetto alla rinuncia delle cure.
Sulla legge di stabilità ha parlato anche il presidente della Repubblica, di fatto blindandola: «Contiene – ha detto Giorgio Napolitano – un riconoscimento ampio e ci sono misure importanti per la crescita, sia direttamente per quel che riguarda le politiche di investimenti, sia indirettamente per quello che riguarda la riduzione della pressione fiscale. Penso che le posizioni prese con notevole nettezza dal governo italiano, ma non solo dall’Italia, vadano nel senso di un forte rilancio delle politiche per la crescita».
«Basta coi tweet – dice a Renzi il capo della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino – incontriamoci». Incontro che si potrebbe tenere, ma non è ufficiale, giovedì 23. Tra l’altro secondo i governatori i tagli ammontano a 6 miliardi, perché ai 4 previsti da Renzi si devono aggiungere il miliardo già calcolato per il 2015 dal governo Monti, i 750 milioni introdotti da Letta e i 250 milioni in meno derivanti dal taglio dell’Irap.
E la controproposta delle Regioni sarebbe già pronta: resterebbero i 4 miliardi di tagli, ma si interverrebbe con rimodulazioni delle entrate, tali da consentire di reggere i tagli. Ma tra i governatori e i primi cittadini i toni sono anche accesi. Il numero uno della Lombardia Roberto Maroni minaccia la chiusura di almeno 10 ospedali perché gli verranno a mancare 930 milioni di euro. Mentre Alessandro Cattaneo (Fi), vice presidente Anci, dice «ok ai tagli ma Renzi abolisca l’articolo 18 nella pubblica amministrazione».
Renzi però non molla: «Figuriamoci se non parliamo con i presidenti delle Regioni. Ma tagliare i servizi sanitari sarebbe inaccettabile. Piuttosto si tagli qualche Asl o qualche nomina di primario». Secondo il premier, poi, «è esclusa una procedura di infrazione dalla Ue». Infine una battuta per chi protesta: «C’è chi occupa le fabbriche, io le apro».
Dalla Cgil arriva l’allarme sui contratti pubblici: «L’ulteriore e immotivato anno di blocco dell’indennità di vacanza contrattuale, fino al 2018, che si legge nei testi disponibili, consolida il dubbio che si stiano preparando a bloccare i contratti fino a quella data», nota Michele Gentile.
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