Spagna, da movimento a partito, Podemos verso l’assalto

by redazione | 21 Ottobre 2014 13:28

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«Il cielo non si con­qui­sta con il con­senso, ma con un assalto». È ini­ziata para­fra­sando Marx l’assemblea fon­da­tiva di Pode­mos, anche se di sini­stra e di destra, di mostri sacri del pas­sato e di eti­chette, nes­suno vuol sen­tire par­lare tra le fila del movi­mento, diven­tato ormai par­tito. E non potrebbe essere altri­menti per una for­ma­zione senza sto­ria (un van­tag­gio e uno svan­tag­gio al con­tempo), spun­tata quasi all’improvviso nel solco trac­ciato dagli indi­gna­dos del 15M. Tutto è nuovo, tutto è all’insegna di un’iconoclastia a volte un po’ inquie­tante nel par­tito che «cam­bierà il Paese», come ha pro­messo Pablo Igle­sias, gio­vane pro­fes­sore di scienze poli­ti­che, prin­ci­pale ideo­logo e lea­der di Podemos.

L’assalto è pre­vi­sto per il 2015, data delle ele­zioni gene­rali che potreb­bero segnare uno spar­tiac­que nella sto­ria demo­cra­tica della poli­tica spa­gnola. Prima ci sareb­bero le con­sul­ta­zioni muni­ci­pali, ma la peri­fe­ria poli­tica non rien­tra nei piani di con­qui­sta, che pun­tano dritto alla giu­gu­lare del sistema. «Occu­pare il cen­tro dello sce­na­rio poli­tico»: que­sto è l’obiettivo che Pablo Igle­sias ha riaf­fer­mato davanti a circa 7mila mili­tanti accorsi all’assemblea costi­tuente di Pode­mos, che si è svolta tra sabato e dome­nica a Madrid. Un obiet­tivo ambi­zioso, ma non irrag­giun­gi­bile. A legit­ti­marlo ci sono l’emorragia di voti dei par­titi mag­gio­ri­tari, spinti nel bara­tro dai dila­ganti scan­dali di cor­ru­zione, il logo­rio inar­re­sta­bile del sistema bipar­ti­tico, e soprat­tutto i numeri: 1,2 milioni di voti alle scorse euro­pee, che hanno man­dato ben cin­que depu­tati a Stra­sburgo, scon­vol­gendo la super­fi­cie sta­gnante e palu­dosa della poli­tica spa­gnola. Ed è pro­prio l’effetto «rot­ta­ma­zione» a semi­nare lo scon­certo nell’ancien régime, impre­pa­rato a con­tra­stare (al di là delle facili accusa di popu­li­smo) uno dei pochi pro­getti capaci, a livello euro­peo, di (ri)avvicinare le per­sone alla poli­tica. Di creare — secondo la defi­ni­zione di Igle­sias — aspet­ta­tive «tra quella mag­gio­ranza sociale che vuole che i ric­chi paghino più tasse, che sa che per porre fine alla cor­ru­zione è neces­sa­rio demo­cra­tiz­zare l’economia e che è cosciente che la crisi deriva dal fatto che siamo stati gover­nati per anni da ladri». Le inten­zioni, insomma, sono buone, ma vari osta­coli si intra­ve­dono fin d’ora sul cam­mino. Il più insi­dioso viene dall’interno, e riguarda la lea­der­ship del par­tito. Igle­sias ha in mente un’organizzazione gerar­chica tra­di­zio­nale con una segre­ta­ria uni­per­so­nale (a cui ovvia­mente aspira), men­tre altre cor­renti del par­tito, rap­pre­sen­tate dall’europarlamentare Pablo Eche­ni­que, vor­reb­bero affi­dare la dire­zione a organi col­le­giali, dif­fi­cili da con­ci­liare con la cari­sma­tica per­so­na­lità di Igle­sias, spesso incline a vestire i panni del padre padrone. «Per vin­cere con­tro Rajoy o Pedro Sán­chez (segre­ta­rio del Psoe, ndr), non ci vogliono tre segre­tari, ma uno», ha tagliato corto. La que­stione è stata comun­que sot­to­po­sta all’assemblea e fino a dome­nica pros­sima gli iscritti potranno votare via inter­net il modello di par­tito da adot­tare. Sulla base dei risul­tati saranno pre­sen­tate le can­di­da­ture e il 15 novem­bre si saprà già il nome del primo segre­ta­rio di Pode­mos. Igle­sias ha dichia­rato che se la sua pro­po­sta non dovesse pas­sare rinun­cerà alla can­di­da­tura, ma al momento è dif­fi­cile imma­gi­nare il par­tito senza il suo prin­ci­pale ideo­logo al timone.

Al voto degli iscritti (circa 150.000) anche altre impor­tanti que­stioni eti­che e orga­niz­za­tive: la par­te­ci­pa­zione alle muni­ci­pali (la cor­rente domi­nante si aster­rebbe), un tetto sala­riale per i diri­genti, la rinun­cia al finan­zia­mento ban­ca­rio e — uno dei punti più con­tro­versi — lo sbar­ra­mento che impe­di­rebbe a mili­tanti di altre for­ma­zioni l’accesso agli inca­ri­chi diret­tivi. Una scelta appog­giata da Igle­sias, che sem­bra fatta appo­sta per sigil­lare il par­tito e tagliare fuori la cor­rente di Izquierda plu­ral, for­ma­zione cofon­da­trice di Pode­mos. Intanto alcune diret­tive fon­da­men­tali sono già state rati­fi­cate durante l’assemblea. Pode­mos si impe­gnerà a uni­ver­sa­liz­zare la sanità pub­blica e a sospen­dere la riforma della scuola del Pp, pro­po­nendo un testo alter­na­tivo che valo­rizzi l’istruzione pub­blica; sul piano della lotta per la tra­spa­renza, si lavo­rerà per iscri­vere tra i reati penali quelli riguar­danti la cor­ru­zione, isti­tuendo il reato di asso­cia­zione a delin­quere per le mal­ver­sa­zioni com­messe da gruppi poli­tici. Tra le prio­rità, anche il diritto alla casa, fronte su cui Pode­mos ha sem­pre com­bat­tuto in prima linea: in agenda il con­tra­sto agli sfratti e allo stra­po­tere ban­ca­rio e l’universalizzazione del diritto alla casa. Sul piano eco­no­mico, l’obiettivo sarà invece la rine­go­zia­zione del debito pub­blico che pre­vede una revi­sione delle sca­denze e dell’entità del debito, con­si­de­rato in parte illegittimo.

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