No alla scuola-impresa, venerdì studenti in piazza in 80 città

No alla scuola-impresa, venerdì studenti in piazza in 80 città

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Venerdì 10 otto­bre decine di migliaia di studenti medi mani­fe­ste­ranno nelle strade di almeno 80 città ita­liane con­tro la riforma della scuola e la legge delega sul Jobs Act pro­po­sti dal governo Renzi. Insieme a loro ci saranno i Cobas, che hanno dichia­rato lo scio­pero gene­rale, i docenti pre­cari, la Flc-Cgil. In rete la con­trof­fen­siva degli stu­denti con­tro la scuola modello «Valu­tare e punire» pro­po­sta nele 136 pagine de «La buona scuola» dal pre­si­dente del Con­si­glio Renzi e dal mini­stro dell’Istruzione Gian­nini è ini­ziata da un paio di set­ti­mane. Pro­se­gue a colpi di hash­tag su twit­ter: #entrain­scena e #10O sono quelli lan­ciati dall’Unione degli Stu­denti. «La grande bel­lezza siamo noi» rilan­cia la Rete degli studenti. Men­tre la rete «Stu­dAut» ha ini­ziato a mani­fe­stare già il 3 otto­bre scorso, sarà in piazza venerdì e tor­nerà a mani­fe­stare il 16 otto­bre, prima gior­nata di scio­pero sociale pro­mossa da studenti medi e uni­ver­si­tari, occu­panti di case, fac­chini, pre­cari, giovani.

In attesa delle pre­ve­di­bili occu­pa­zioni, l’agenda pre­vede un altro appun­ta­mento: venerdì 14 novem­bre, una gior­nata di «scio­pero sociale» pro­mossa da stu­denti, movi­menti sociali e pre­cari insieme ai sin­da­cati di base. Quel giorno l’Usb ha annun­ciato 4 ore di scio­pero, men­tre farà uno scio­pero gene­rale venerdì 24 otto­bre.
La con­sul­ta­zione pub­blica sulla «buona scuola» sta entrando nel vivo. Per il momento è online all’indirizzo labuo?na?scuola?.gov?.it. Sono pre­vi­sti 150 dibat­titi entro metà novem­bre ma ad oggi i numeri sono delu­denti. Molti espo­nenti dell’esecutivo ave­vano auspi­cato una par­te­ci­pa­zione tra­vol­gente di milioni di per­sone. Dai primi dati dispo­ni­bili, a tre set­ti­mane dall’inizio della con­sul­ta­zione, risul­tano invece solo 23 mila rispo­ste al que­stio­na­rio in rete. «Le opi­nioni — sosten­gono gli studenti dell’Uds — pos­sono essere orien­tate se non anche mani­po­late, in ogni caso non è dif­fi­cile ren­derle fun­zio­nali alla costru­zione del con­senso. Quello in corso è un espe­ri­mento di demo­cra­zia ple­bi­sci­ta­ria. Il Governo vuole evi­tare il con­flitto e i due mesi di “grande dibat­tito dif­fuso” sulla scuola ser­vono a con­fon­dere le acque, visto che in que­sto arco di tempo l’intenzione è por­tare a casa il Job­sAct, la riforma del mer­cato del lavoro più pre­ca­riz­zante e dele­te­ria di sem­pre, in que­sto caso, se neces­sa­rio, anche evi­tando la discus­sione parlamentare».

A tenere banco è l’approfondita ana­lisi de «La Buona scuola». In que­ste set­ti­mane gli studenti hanno pub­bli­cato mate­riali molto inte­res­santi e raf­fi­nati sui loro siti, men­tre con­ti­nuano a discu­tere con com­pe­tenza sulle radio di movi­mento. «Si tagliano i fondi ad uni­ver­sità e ricerca per fare il gioco delle tre carte e non sbloc­care risorse pub­bli­che, intanto si punta tutto su quelle pri­vate» sosten­gono gli studenti dell’Uds in un testo inti­to­lato pro­gram­ma­ti­ca­mente «My name is Bond, Social Impact Bond». L’oggetto della loro denun­cia è la finan­zia­riz­za­zione dell’istruzione attra­verso l’uso degli stru­menti presi dalla «finanza sociale». Il modello è quello Usa o inglese in cui l’impresa finan­zia pro­getti e viene ricom­pen­sata con lo «School Bonus». Tra incen­tivi agli inve­sti­menti delle aziende e libe­ra­liz­za­zione dei con­tri­buti volon­tari delle fami­glie, emerge il «Social Impact Bond» (Sib) defi­nito anche «Pay for Suc­cess Bond» (Psb). A dif­fe­renza delle obbli­ga­zioni finan­zia­rie (bond) tra­di­zio­nali, in que­sto caso il tasso d’interesse non è fisso ma vin­co­lato al rag­giun­gi­mento di un obiet­tivo sociale, come la ridu­zione della disper­sione sco­la­stica o l’innalzamento del livello di com­pe­tenze in una data area disci­pli­nare. Per il governo que­sta «finanza sociale», insieme ai sog­getti che bene­fi­ce­ranno della riforma del Terzo set­tore, per­met­terà alla scuola di atti­rare fondi che lo Stato non può più ero­gare. Gli studenti, che appar­ten­gono ad una gene­ra­zione nata nella crisi e ormai sen­si­bi­liz­zata dai rischi mor­tali che la finanza com­porta sulla vita e la sua ripro­du­zione, hanno lan­ciato l’allarme rosso: «Nel mezzo di una crisi eco­no­mica cau­sata pro­prio da una finanza sfre­nata e senza vin­coli — scri­vono — il governo Renzi discute non su come porre regole e limiti alle spe­cu­la­zioni finan­zia­rie, o su come redi­stri­buire le ric­chezze, ma su come con­vin­cere l’1% di spe­cu­la­tori e alta finanza a inve­stire sul sociale».

La bat­ta­glia dell’autunno stu­den­te­sco sarà con­tro la finan­zia­riz­za­zione dei beni comuni e la pre­ca­riz­za­zione dei diritti delle persone.



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