Salta la possibilità di nuovi tagli alle tasse per 3,3 miliardi

Salta la possibilità di nuovi tagli alle tasse per 3,3 miliardi

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Roma. L’Italia corregge la manovra per ottemperare ai rilievi dell’Unione europea. Ma da dove vengono dunque questi 4,5 miliardi sacrificati sull’altare dell’avvicinamento al pareggio strutturale? La lettera del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, all’Ue lo dettaglia con precisione: 3,3 miliardi vengono dall’utilizzo, ai fini della riduzione del deficit, del fondo originariamente creato per abbassare la pressione fiscale. Un fondo che ritroviamo all’articolo 17 della legge di Stabilità, e le cui risorse, spiega la relativa relazione tecnica, «possono essere utilizzate, anche parzialmente, a condizione che sia verificato il rispetto degli obiettivi programmatici di finanza pubblica del medesimo anno e comunque non prima del mese di ottobre».
Molto più semplicemente l’utilizzo dei 3,3 miliardi del Fondo per ridurre il deficit significa che non avremo più la possibilità di usare queste risorse per ridurre le tasse. Una possibilità futura, che dunque non ha nulla a che vedere con i tagli delle tasse contenuti della manovra che non vengono minimamente toccati, perché garantiti da un’apposita copertura. In realtà il governo sapeva già, quando ha creato questo fondo, che una parte delle risorse le avrebbe impegnate nella trattativa che era costretto a fare con Bruxelles sulla riduzione del deficit. Forse non pensava di usarle proprio tutte, come invece è successo. La seconda conseguenza di questa mossa è che la manovra viene finanziata in deficit meno di quanto era stato previsto in origine: per sette miliardi anziché per 10,3.
La seconda fonte individuata dal ministero dell’Economia è la riduzione per 500 milioni della percentuale di risorse domestiche utilizzate per il cofinanziamento dei fondi di coesione europei, esentati dai tetti del Patto di Stabilità domestico che si applica alle Regioni.
Altri 730 milioni vengono dall’estensione di norme anti-evasione (il reverse charge Iva), che però devono ancora ottenere l’ok da Bruxelles. Il governo sarebbe orientato a introdurre l’inversione contabile Iva anche al settore della Grande distribuzione organizzata. La misura, già ipotizzata in fase di stesura della legge di Stabilità, era stata poi accantonata proprio per le difficoltà di un via libera della Ue (l’Iva è una imposta comunitaria e ogni modifica va concordata).
La misura, qualora dovesse arrivare l’ok di Bruxelles, consentirebbe di ridurre significativamente l’elusione Iva nel settore del commercio. Per l’Agenzia delle Entrate si tratterebbe di mettere sotto controllo circa un migliaio di soggetti strutturati, ponendo in capo a loro il versamento dell’Iva. Verrebbe, almeno in parte, neutralizzata l’evasione operata dalla miriade di piccoli operatori (fornitori) che hanno rapporti con la Gdo e che per la loro natura (scarsa organizzazione e gran numero) sono di più difficile controllo.
Per una migliore sostenibilità del debito, infine, l’Italia si impegna a recuperare i ritardi nel piano di privatizzazione, che prevedeva vendite pari a 0,7 punti di Pil l’anno (circa 10 miliardi), rallentate dal difficile andamento dei mercati.
La lettera di Padoan intanto ha già i primi effetti in Italia. Il Tesoro dovrà correggere il Documento di economia e finanza. E per questo le opposizioni ieri hanno chiesto di riportare tale testo al voto dell’aula, con tutti i pericoli che questo comporta visto che l’ok, con maggioranza qualificata, era stato dato al Senato con la differenza tra favorevoli e contrari di un solo voto. Il problema sarà esaminato oggi dai capigruppo della commissione Bilancio alla Camera. Il presidente Francesco Boccia ha già annunciato che alcune norme della manovra potrebbero essere stralciate: si tratta di micro misure che non modificano i saldi e di norme ordinamentali non congrue, come quelle sulla sanità e sul pubblico impiego, oltre a quelle sul riassetto degli enti.



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