Raphael, un ragazzo da discarica

Raphael, un ragazzo da discarica

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Behala, prima di vederla, si annusa. Asso­mi­glia a una mon­ta­gna ma è solo un cumulo infi­nito di immon­di­zia che cre­sce ogni giorno di più ed esala i suoi fetori appe­stando l’aria e i din­torni. Eppure lì c’è chi ci vive, ci campa (rovi­stando fra i rifiuti) e ci dorme (in capanne le cui mura sono costruite con sac­chetti di schi­fezze che minac­ciano crolli immi­nenti). Gli abi­tanti che vanno per la mag­giore lag­giù, all’inferno, sono i bam­bini e i topi. I primi abban­do­nati a se stessi — quando non sono orfani — ven­gono inviati dalle fami­glie a cer­care di raci­mo­lare qual­cosa per met­ter su la cena; i secondi si mol­ti­pli­cano feli­ce­mente nella spor­ci­zia del mondo, scor­raz­zando e mor­dendo chi li infa­sti­di­sce.
Una discarica come quella di Behala, rac­con­tata nel libro dell’inglese Andy Mul­li­gan, Trash (Riz­zoli, pp. 273, euro 16), esi­ste in molte parti del mondo, l’autore del romanzo però l’ha vista a Manila e il film in uscita per il 27 novem­bre di Ste­phen Dal­dry (il regi­sta di Billy Elliot e The Hours) l’ha ritro­vata in Bra­sile. La sto­ria parte dagli ultimi della terra — tre ragaz­zini, Raphael, Gardo, Ratto, che hanno appic­ci­cata alla pelle la puzza di quella pat­tu­miera metro­po­li­tana — e gli dona una pos­si­bi­lità di riscatto: fru­gando in mezzo ai rifiuti sca­ri­cati dal camion che pro­viene dai quar­tieri bene­stanti, tro­vano un bor­sello: ci sono un po’ di soldi, una chiave, una carta d’identità. Appar­tiene a José Ange­lico, tren­ta­tré anni, dome­stico.
Non è cosa da niente: sulle tracce di quel tesoro miste­rioso c’è anche la poli­zia cor­rotta e i tre pro­ta­go­ni­sti comin­ciano a pas­sar­sela assai male, inse­guiti, per­se­gui­tati, arre­stati, pic­chiati. Resi­stono: lo sanno fare, dato che è la prima cosa a cui pen­sano ogni mat­tina, quando aprono gli occhi. Dalla loro parte, si schie­rano alcuni adulti con la voca­zione a sal­vare i bam­bini per­duti.
I luo­ghi visi­tati dal romanzo sono sostan­zial­mente tre, uno più dfso­lante dell’altro: la discarica, la prigione-zoo umano e il cimi­tero con le tombe divelte. È qui, però, che si apre per Raphael, Gardo e Ratto (e anche Pia, figlia del defunto «sal­va­tore») l’unica via di fuga. Sim­bo­li­ca­mente, tutto accade in quel mondo in bilico fra morte e vita e sarà pro­prio uno «scom­parso», quasi dall’aldilà, con una sem­plice let­tera, ad allen­tare la maglia di una realtà clau­stro­fo­bica e a for­nire gli stru­menti per sgat­ta­io­lare via dal «buco». È una spe­cie di Robin Hood con una sto­ria alle spalle dai risvolti foschi, che rubava a chi stava spu­do­ra­ta­mente sot­traendo i soldi alla sua gente.
Alla fine, sapremo poche cose, ma vedremo i ragazzi sal­pare per altre desti­na­zioni, pronti a impa­rare a pescare.



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