Quella rete planetaria di «lupi solitari»
ISTANBUL Lo Stato Islamico (Isis) potrebbe riuscire dove Al Qaeda oltre dieci anni fa aveva provato con successi solo parziali: la creazione di una rete di «lupi solitari» e cellule isolate in grado di organizzare e mettere in atto azioni terroristiche in ogni angolo del mondo. L’attentato di ieri sera a Ottawa è ancora troppo fresco per essere chiarito nei dettagli. Mentre scriviamo, le operazioni sono in corso e la polizia canadese resta impegnata per identificare i responsabili.
Eppure, le dinamiche dell’incidente tendono a confermare i timori più gravi espressi ormai da tempo tra le forze di sicurezza occidentali: Isis ha messo in atto un complesso, articolato meccanismo di propaganda utilizzando i social media più diffusi con il fine di reclutare simpatizzanti e attivisti in grado di lanciare la «guerra santa» a ogni livello e contro qualsiasi obiettivo ritenuto interessante dai suoi autori.
L’ultimo grido di allarme era arrivato chiaramente a metà settembre da Bill Bratton, commissario della polizia di New York. Allora sui siti più utilizzati dai simpatizzanti dei jihadisti in Siria e Iraq era apparso un video titolato: «Ai Lupi solitari in America, come preparare una bomba nella tua cucina». La polizia americana ne aveva immediatamente ordinato la censura. E Bratton si era detto molto preoccupato. «Si tratta di un’evoluzione pericolosa nel mondo del terrorismo. La diffusione dei video delle decapitazioni in Siria, i tweet con le foto delle esecuzioni di massa dei prigionieri, sono tutti strumenti per fomentare le fantasie dei lupi solitari in ogni angolo del pianeta», aveva commentato.
Se andiamo a vedere la storia recente dell’estremismo islamico troviamo che l’idea di creare «quinte colonne» e «cellule dormienti» nella maggiori capitali occidentali pronte ad agire autonomamente in ogni momento ha almeno una ventina d’anni. Ma la novità sta bel fatto che Isis usa con sapienza, perizia e continuità tutti i possibili strumenti offerti dalle tecnologie più recenti della comunicazione.
Vai sui loro account Twitter e Facebook e scopri che ormai ogni accadimento viene documentato, fotografato, diffuso con dovizia di particolari. I jihadisti si fanno i «selfie» con le teste decapitate dei nemici in mano, tenute per i capelli, nel momento in cui le impalano sulle palizzate. Una volta i criminali nascondevano le prove dei crimini. Loro, al contrario, ne fanno una vera apologia della violenza. I loro video su Youtube sono una forma perversa di pornografia dell’orrore.
«Venite con noi, qui ci si diverte un sacco», gridavano in inglese nei video i volontari anglosassoni in giugno seduti sui carri armati nel centro di Mosul appena catturata con le dita verso la telecamera a «V» di vittoria. Tre giorni fa mostravano felici alcune casse di bombe a mano e munizioni lanciate dagli americani ai curdi di Kobane e cadute per errore nei quartieri tenuti dai jihadisti. In altri video indugiavano invece sui cadaveri insanguinati di giovani combattenti curdi mentre li prendevano a calci urlando «morte ai cani comunisti che non riconoscono Allah».
Il loro messaggio è terribilmente semplice: Dio è con loro, prova ne è che vincono. Si sentono nel giusto e combattono la corruzione dell’Occidente. Ora offrono persino schiave sessuali a chi si arruola. Sono la risposta più facile e veloce alla complessità del mondo contemporaneo. Forniscono identità e forza a qualsiasi tipo di follia e perversione. Offrono certezze ai confusi, danno sicurezze a chi non ne ha. C’è da attendersi che i «lupi solitari» crescano ancora, prima di cominciare a diminuire.
Lorenzo Cremonesi
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