Perugia-Assisi. In centomila marciano per la pace (e chiedono lavoro)
ROMA Cento colpi per ricordare cento anni di guerre. Si è aperta così ieri mattina, con il fragore delle esplosioni trasmesso dagli altoparlanti, la ventesima edizione della Marcia della Pace di Assisi. Tra striscioni, bandiere e arcobaleni, quasi 100 mila i partecipanti che hanno percorso a piedi i circa 24 chilometri tra Perugia e Assisi.
Per dire basta ai conflitti, un secolo dopo la Prima guerra mondiale. Ma non solo. Perché per portare la pace, quella sociale, è fondamentale anche il lavoro, quest’anno tema centrale della manifestazione. In prima fila c’erano infatti gli operai dell’Ast di Terni, impegnati in una difficile vertenza per salvare oltre 500 posti a rischio. Il presidente della Camera, Laura Boldrini, che si è unita alla marcia nell’ultimo tratto, li ha incontrati: «Farò il possibile, non buttatevi giù», ha detto, sottolineando la necessità di una task force istituzionale che affronti la vicenda. «La pace sociale si basa anche sul diritto al lavoro, che è un diritto costituzionale».
Dopo quello del capo dello Stato, anche papa Francesco ha inviato un messaggio: «La Marcia sia un’occasione per un maggior impegno nella diffusione della cultura della solidarietà, ispirata ai valori morali e al servizio della persona umana e del bene comune».
In marcia la vicepresidente di Montecitorio, l’umbra Marina Sereni, don Luigi Ciotti, la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini, quello del consiglio regionale, Eros Brega, oltre al sindaco di Perugia, Andrea Romizi. Ma i protagonisti sono stati i cittadini, tra cui moltissimi ragazzi e bambini di 177 scuole. Hanno sfilato 277 enti locali, 479 associazioni, 526 città e rappresentanti di ogni regione. Qualche defezione, in polemica con la Tavola della pace, che ha promosso la manifestazione. «San Francesco attende i suoi testimoni di pace per incoraggiarli nel loro impegno quotidiano in una situazione drammatica di presenza di guerre e assenza di lavoro», aveva detto alla vigilia padre Enzo Fortunato, direttore della Sala stampa del Sacro convento. «Siamo qui perché non vogliamo più vedere vittime» ha spiegato Flavio Lotti, coordinatore del comitato promotore .
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