Per Grillo più circo che massimo

by redazione | 11 Ottobre 2014 10:14

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 «Pre­fe­ri­sco uno che com­batte per sal­vare le sue aziende, che almeno è un nemico dichia­rato, che quei finti della sini­stra». Chi l’avrebbe detto che alla fine Beppe Grillo avrebbe rim­pianto Sil­vio Ber­lu­sconi. Eppure è suc­cesso ieri sera dal mega­palco alle­stito dal M5S al Circo Mas­simo di Roma. Il lea­der si pre­senta al suo popolo can­tic­chiando un moti­vetto blues in cui dice che vor­rebbe essere lì, in mezzo alla sua gente, piut­to­sto che sul palco, dando così il «La» a quello che — sep­pure mai espli­ci­tato — è uno dei temi cen­trali della mani­fe­sta­zione: gal­va­niz­zare i gril­lini in uno dei momenti più dif­fi­cili del movi­mento, quando il suc­cesso delle ele­zioni poli­ti­che del 2013 — e delle sue poten­ziali pos­si­bi­lità — appare ormai solo come un ricordo sbia­dito. Dif­fi­coltà alle quali Mat­teo Renzi, «quel ragaz­zotto», non è certo estra­neo, essendo riu­scito a rele­gare il M5S nel recinto della sola protesta.

Ben­ve­nuti a «Ita­lia a 5 Stelle», la fiera delle occa­sioni perse, una tre giorni orga­niz­zata dal M5S al Circo Mas­simo di Roma alla ricerca di un’identità per­duta tra litigi, divi­sioni e invi­die, ma soprat­tutto dopo 19 mesi tra­scorsi in par­la­mento senza otte­nere niente di quanto pro­messo. La prova che per i gril­lini tutto sem­bra essersi fer­mato a quasi due anni fa la dà lo stesso Grillo entrando poco dopo le sei del pome­rig­gio nell’arena romana ancora mezza vuota. «Noi ave­vamo vinto le ele­zioni, abbiamo preso il 25%, era­vamo il primo movi­mento poli­tico d’Italia. Napo­li­tano doveva darci l’incarico», dice. Parole che non si capi­sce se scan­di­sce con più rab­bia o nostal­gia e che ripe­terà più tardi dal mega­palco alle­stito per l’occasione. Sono le stesse frasi pro­nun­ciate più di un anno e mezzo fa, e rap­pre­sen­tano bene il dramma pen­ta­stel­lato: la dif­fi­coltà che Grillo e Casa­leg­gio, pre­sente anche lui al Circo Mas­simo, hanno nello spie­gare se il movi­mento che hanno creato serva ancora a rag­giun­gere gli scopi che si era dato nono­stante le divi­sioni che lo lace­rano. «Le fila sono ser­rate», mini­mizza Casa­leg­gio rispon­dendo alla domanda di un cro­ni­sta pro­prio sullo sfi­lac­cia­mento del M5S.

La paura del flop, anche que­sta mai ammessa, era nell’aria. Al punto che gli orga­niz­za­tori hanno riem­pito l’enorme spa­zio del Circo Mas­simo con 177 gazebo dispo­sti a forma d’Italia, ma sapien­te­mente mon­tati anche per impe­dire alla folla di occu­pare la parte cen­trale dell’area spin­gen­dola sotto il palco in modo da farla sem­brare più nume­rosa. 87 solo i gazebo per le Regioni, due le mega strut­ture desti­nate invece ad acco­gliere i 17 euro­par­la­men­tari che sta­reb­bero anche lar­ghi in una sola. Anche loro, come i depu­tati e sena­tori, «ragazzi mera­vi­gliosi che fanno un lavoro fan­ta­stico», dice Grillo sor­vo­lando sul fatto che gli euro­gril­lini hanno appena man­dato a casa tutto lo staff comu­ni­ca­zione scelto dalla Casa­leg­gio asso­ciati e mostrano più di un’insofferenza alle strette regole del movimento.

Ma tant’è, nella tre giorni romana non è impor­tante sot­to­li­neare divi­sioni e pro­blemi, quelli li cono­scono tutti. E poi si rischie­rebbe di far asso­mi­gliare tutto al con­gresso di un par­tito men­tre invece no, «io non sono par­tito», come canta il rap­per Fedez facendo tanto arrab­biare il Pd.

Ecco il Pd. Insieme al pre­si­dente della Repub­blica Napo­li­tano è il ber­sa­glio che Grillo prende di mira con mag­giore acca­ni­mento. Il pre­te­sto per attac­care il capo dello Stato è la deci­sione presa dalla corte d’Assise di Palermo (ma la chiama l’Alta corte) di non accon­sen­tire alla pre­senza in video­con­fe­renza dei boss Riina e Baga­rella all’udienza del pro­cesso sulla trat­ta­tiva stato mafia in cui Napo­li­tano è chia­mato a testi­mo­niare il pros­simo 28 otto­bre. Fin troppo facile la bat­tuta: «Dopo il 41 bis era troppo per loro sop­por­tare anche Napo­li­tano», dice. Per quanto riguarda il Pd e Renzi, il gioco è ancora più facile. «Il jobs act l’hanno fatto i tede­schi», dice. «Sapete che signi­fica? Sigi­ni­fica pren­dere uno che fa un lavoro nor­male, licen­ziarlo e al suo posto met­terne tre con un lavoro pre­ca­rio». Poi chiede scusa per come si è com­por­tato quando incon­trò Renzi alla Camera, durante le con­sul­ta­zioni sulla legge elet­to­rale: «Ho sba­gliato– dice — Ora direi a Renzi ‘Mat­teo fai pre­sto a distrug­gere il paese, fai pre­sto per­ché serve uno choc e lo choc sta arri­vando: è il Jobs act’». Pec­cato, però, che si guarda bene dal far ade­rire il M5S alla mani­fe­sta­zione con­tro il jobs act indetta per il 25 otto­bre dalla Cgil.

L’importante è dare la carica. E Grillo lo fa bene: pro­met­tendo alla folla nuovi e glo­riosi futuri sce­nari: «Andremo a gover­nare, non ce lo toglie nes­suno. Vin­ce­remo sicu­ra­mente, lo sanno tutti che è così», assi­cura. Facendo finta di non vedere i tanti spazi vuoti che riem­piono il Circo Massimo.

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