Per Grillo più circo che massimo

Per Grillo più circo che massimo

Loading

 «Pre­fe­ri­sco uno che com­batte per sal­vare le sue aziende, che almeno è un nemico dichia­rato, che quei finti della sini­stra». Chi l’avrebbe detto che alla fine Beppe Grillo avrebbe rim­pianto Sil­vio Ber­lu­sconi. Eppure è suc­cesso ieri sera dal mega­palco alle­stito dal M5S al Circo Mas­simo di Roma. Il lea­der si pre­senta al suo popolo can­tic­chiando un moti­vetto blues in cui dice che vor­rebbe essere lì, in mezzo alla sua gente, piut­to­sto che sul palco, dando così il «La» a quello che — sep­pure mai espli­ci­tato — è uno dei temi cen­trali della mani­fe­sta­zione: gal­va­niz­zare i gril­lini in uno dei momenti più dif­fi­cili del movi­mento, quando il suc­cesso delle ele­zioni poli­ti­che del 2013 — e delle sue poten­ziali pos­si­bi­lità — appare ormai solo come un ricordo sbia­dito. Dif­fi­coltà alle quali Mat­teo Renzi, «quel ragaz­zotto», non è certo estra­neo, essendo riu­scito a rele­gare il M5S nel recinto della sola protesta.

Ben­ve­nuti a «Ita­lia a 5 Stelle», la fiera delle occa­sioni perse, una tre giorni orga­niz­zata dal M5S al Circo Mas­simo di Roma alla ricerca di un’identità per­duta tra litigi, divi­sioni e invi­die, ma soprat­tutto dopo 19 mesi tra­scorsi in par­la­mento senza otte­nere niente di quanto pro­messo. La prova che per i gril­lini tutto sem­bra essersi fer­mato a quasi due anni fa la dà lo stesso Grillo entrando poco dopo le sei del pome­rig­gio nell’arena romana ancora mezza vuota. «Noi ave­vamo vinto le ele­zioni, abbiamo preso il 25%, era­vamo il primo movi­mento poli­tico d’Italia. Napo­li­tano doveva darci l’incarico», dice. Parole che non si capi­sce se scan­di­sce con più rab­bia o nostal­gia e che ripe­terà più tardi dal mega­palco alle­stito per l’occasione. Sono le stesse frasi pro­nun­ciate più di un anno e mezzo fa, e rap­pre­sen­tano bene il dramma pen­ta­stel­lato: la dif­fi­coltà che Grillo e Casa­leg­gio, pre­sente anche lui al Circo Mas­simo, hanno nello spie­gare se il movi­mento che hanno creato serva ancora a rag­giun­gere gli scopi che si era dato nono­stante le divi­sioni che lo lace­rano. «Le fila sono ser­rate», mini­mizza Casa­leg­gio rispon­dendo alla domanda di un cro­ni­sta pro­prio sullo sfi­lac­cia­mento del M5S.

La paura del flop, anche que­sta mai ammessa, era nell’aria. Al punto che gli orga­niz­za­tori hanno riem­pito l’enorme spa­zio del Circo Mas­simo con 177 gazebo dispo­sti a forma d’Italia, ma sapien­te­mente mon­tati anche per impe­dire alla folla di occu­pare la parte cen­trale dell’area spin­gen­dola sotto il palco in modo da farla sem­brare più nume­rosa. 87 solo i gazebo per le Regioni, due le mega strut­ture desti­nate invece ad acco­gliere i 17 euro­par­la­men­tari che sta­reb­bero anche lar­ghi in una sola. Anche loro, come i depu­tati e sena­tori, «ragazzi mera­vi­gliosi che fanno un lavoro fan­ta­stico», dice Grillo sor­vo­lando sul fatto che gli euro­gril­lini hanno appena man­dato a casa tutto lo staff comu­ni­ca­zione scelto dalla Casa­leg­gio asso­ciati e mostrano più di un’insofferenza alle strette regole del movimento.

Ma tant’è, nella tre giorni romana non è impor­tante sot­to­li­neare divi­sioni e pro­blemi, quelli li cono­scono tutti. E poi si rischie­rebbe di far asso­mi­gliare tutto al con­gresso di un par­tito men­tre invece no, «io non sono par­tito», come canta il rap­per Fedez facendo tanto arrab­biare il Pd.

Ecco il Pd. Insieme al pre­si­dente della Repub­blica Napo­li­tano è il ber­sa­glio che Grillo prende di mira con mag­giore acca­ni­mento. Il pre­te­sto per attac­care il capo dello Stato è la deci­sione presa dalla corte d’Assise di Palermo (ma la chiama l’Alta corte) di non accon­sen­tire alla pre­senza in video­con­fe­renza dei boss Riina e Baga­rella all’udienza del pro­cesso sulla trat­ta­tiva stato mafia in cui Napo­li­tano è chia­mato a testi­mo­niare il pros­simo 28 otto­bre. Fin troppo facile la bat­tuta: «Dopo il 41 bis era troppo per loro sop­por­tare anche Napo­li­tano», dice. Per quanto riguarda il Pd e Renzi, il gioco è ancora più facile. «Il jobs act l’hanno fatto i tede­schi», dice. «Sapete che signi­fica? Sigi­ni­fica pren­dere uno che fa un lavoro nor­male, licen­ziarlo e al suo posto met­terne tre con un lavoro pre­ca­rio». Poi chiede scusa per come si è com­por­tato quando incon­trò Renzi alla Camera, durante le con­sul­ta­zioni sulla legge elet­to­rale: «Ho sba­gliato– dice — Ora direi a Renzi ‘Mat­teo fai pre­sto a distrug­gere il paese, fai pre­sto per­ché serve uno choc e lo choc sta arri­vando: è il Jobs act’». Pec­cato, però, che si guarda bene dal far ade­rire il M5S alla mani­fe­sta­zione con­tro il jobs act indetta per il 25 otto­bre dalla Cgil.

L’importante è dare la carica. E Grillo lo fa bene: pro­met­tendo alla folla nuovi e glo­riosi futuri sce­nari: «Andremo a gover­nare, non ce lo toglie nes­suno. Vin­ce­remo sicu­ra­mente, lo sanno tutti che è così», assi­cura. Facendo finta di non vedere i tanti spazi vuoti che riem­piono il Circo Massimo.



Related Articles

Ebola, Stati uniti in crisi di nervi

Loading

Ebola. A dieci giorni dalla morte di Tho­mas Eric Dun­can, il «paziente zero» giunto in Texas dalla Libe­ria, sono all’ordine del giorno falsi allarmi

Il Papa e i corrotti

Loading

Il Papa punta il dito con­tro le aziende armiere, i padroni che sfrut­tano i dipen­denti e gli orga­niz­za­tori della tratta

Politica trasparente in quattro tappe

Loading

Dice giustamente Angelo Panebianco, nel suo editoriale apparso sul Corriere del 16 aprile («Non più un principe ma un utile sherpa») che i partiti in Italia dovrebbero ritrovare il loro ruolo, che è quello di «organizzazioni specializzate nella raccolta del consenso elettorale e nella fornitura di personale per cariche di governo, senza più la pretesa di dominare le istituzioni».

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment