by redazione | 22 Ottobre 2014 16:21
Per il secondo anno consecutivo i lavoratori dell’ Isochimica di Avellino chiedono al Parlamento «un atto di giustizia». Lo chiedono per loro e per i 15 loro colleghi già morti di tumore ai polmoni causato dall’amianto che respiravano mentre ripulivano dall’amianto le carrozze delle Ferrovie dello Stato prendendolo anche a mani nude.
Lo hanno fatto salendo a Roma in un centinaio e protestando davanti a Montecitorio. Ripropongono l’emendamento che l’anno scorso fu prima approvato nella sessione di bilancio e poi ritirato a causa della «fiducia» messa dall’allora governo Letta sulla legge di Stabilità. E con il terrore che un’altra fiducia — materia in cui il governo Renzi eccelle – li freghi nuovamente. Chiedono di poter andare in pensione perché «nessuno assume un lavoratore con le placche pleuriche e nessun dottore rilascia un certificato di sana e robusta costituzione ad una persona in questa situazione». Fanno parte di due comitati, quello di Avellino e quello di Salerno che ha riunito circa 230 dei 330 lavoratori della fabbrica chiusa ad inizio anni novanta, fallita sotto il peso dei debiti. Un peso che fino ad oggi ha reso impossibile bonificare lo stabilimento in mezzo a Borgo Ferrovia, zona ad alta densità abitativa del capoluogo irpino.
«La situazione di questi lavoratori è disperata – spiega Anselmo Botte, segretario della Cgil di Salerno — . Sono tutti a rischio, il 15esimo di loro è morto due mesi fa e l’Inail gli aveva riconosciuto solo il 6% di invalidità, una vera miseria. Hanno iniziato tutti a lavorare giovanissimi e quindi sono ancora lontani dell’età pensionabile: l’età media è di 55 anni. Non possono aspettare dieci anni come impone la riforma Fornero. Ed essendo tutti malati o almeno con sintomi come le placche pleuriche, nessuno di loro riesce a trovare un altro lavoro». Per questo sono tornati alla carica con l’emendamento che chiede «benefici previdenziali» per i lavoratori rimasti in vita. Hanno fatto anche i conti e il costo per lo Stato sarebbe ridicolo nella sua pochezza rispetto ai 36 miliardi di manovra: «Basterebbe molto meno di un milione di euro», spiega Botte.
Ieri mattina hanno trovato ascolto dai deputati di Sel e Pd. Sono stati accolti dal capogruppo di Sel Arturo Scotto e poi hanno parlato Guglielmo Epifani, presidente della commissione Attività produttive, e Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro. «Ci hanno promesso di presentare l’emendamento facendo piccoli ritocchi per renderlo più compatibile dal punto di vista finanziario. In più gli abbiamo chiesto di sbloccare il Piano nazionale amianto che è fermo in Parlamento da qualche anno», spiega Botte. Per la bonifica dell’ Isochimca in realtà qualche buona notizia è arrivata proprio qualche giorno fa. E’ disponibile il finanziamento governativo da 1,4 milioni che verrà gestito dalla Regione Campania. Dovrebbe permettere di riavviare i lavori e mettere finalmente in sicurezza una zona dove «ci sono ancora tubi di amianto-cemento all’aria aperta». Numeri da far rabbrividire al pari dello scarica barile tra pubblico e privato sulla bonifica che ha portato all’inchiesta della Procura. Dal giugno 2013 l’area è sotto sequestro con 24 indagati fra cui il titolare di Isochimica, il management dell’azienda, funzionari comunali, Asl e Arpac, e la vecchia giunta comunale del 2005, guidata da Giuseppe Galasso, accusata di aver deliberato la sospensione della procedura di bonifica affidandola alla curatela fallimentare di Isochimica senza ottenere da loro una reale assicurazione sull’intervento.
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