by redazione | 14 Ottobre 2014 9:24
ROMA C’è il nome di Maurizio Landini scritto nel futuro fragile della sinistra a sinistra del Partito democratico? «Non mi va di discutere di queste cavolate», dice lui, il segretario della Fiom, metalmeccanici Cgil, spesso presente in tv, fermo nel difendere chi lavora nelle fabbriche. È sicuramente sincero quando precisa: «Io faccio il sindacalista della Fiom, ho ancora tre anni di mandato e vorrei provare a completarlo». Chi gli lavora al fianco nota che per la prima volta lo spiraglio esiste, per la prima volta non ha detto «mai»: «Provare a completare il mandato…». Un’altra apertura è in una seconda frase: «La nostra è una battaglia sindacale, che certo ha anche un significato politico, perché stiamo proponendo un modello sociale diverso».
In altre occasioni Landini era stato più netto. «Rifiuto l’offerta e continuo a fare il sindacalista», disse al sindaco di Bari, Michele Emiliano, che lo propose leader di una lista civica nel marzo 2012. Nessun seguito alle offerte di affiancare Ingroia in Rivoluzione civile alla fine del 2012.
I collaboratori spiegano che davvero Landini vorrebbe finire il suo secondo e ultimo mandato da segretario Fiom. A meno che non succeda qualcosa di straordinario, non prenda forma un progetto politico diverso dalla sommatoria di piccole forze diverse e distanti (tradizione della sinistra a sinistra del Pd). Altrimenti, Landini potrebbe restare in Cgil, tentare la strada — impervia per un metalmeccanico — della successione a Susanna Camusso, che scade in contemporanea con lui.
Il programma politico di Landini è quasi già scritto, perché oltre naturalmente al tema del lavoro, dell’articolo 18, viene sottolineato come sia stato lui per primo, in tv da Fabio Fazio, a lanciare l’idea del Tfr in busta paga, o come il contratto a tutele crescenti e l’eliminazione di gran parte delle forme di precariato sia una battaglia Fiom. E poi Landini ieri ha bocciato, a proposito del disastro di Genova, il «modello di cementificazione» proposto con lo «Sblocca Italia» e ha duramente criticato il taglio generalizzato dell’Irap promesso da Renzi. Il presidente del Consiglio gli piace perché è veloce e salta gli schemi, ma sui contenuti niente sconti.
Giorgio Airaudo, che ha lavorato a lungo assieme a Landini e ora è deputato di Sel, sostiene che «c’è un grande spazio per un partito del lavoro», che «i lavoratori precari e stabili hanno bisogno di una voce». Aggiunge che gli piacerebbe molto «un Lula italiano» e che il sindacalista presidente del Brasile dal 2002 al 2010 «era metalmeccanico e saldatore». Come Landini. Aggiunge che la Fiom «non è mai stato un sindacato corporativo» e quindi chi ci lavora è preparato per la politica e infine che «la forza di Landini è la sua credibilità». Tuttavia, «oggi gli sconsiglierei la politica, è un ottimo segretario Fiom».
Landini è al lavoro per la manifestazione del 25 ottobre contro la politica economica del governo. All’assemblea dei delegati Fiom a Firenze ha detto che «la vera partita non si gioca in Parlamento, si gioca nel Paese, sulla base del consenso e della rappresentanza. Non ci fermiamo anche se il governo mette la fiducia». La Fiom già prepara lo sciopero generale della categoria e ieri Camusso ha annunciato che la Cgil potrebbe proclamarne uno dopo il 25. Una vicinanza inedita fra segretario generale e Fiom.
Il caso «Landini in politica» si apre perché la sinistra appare disunita e priva di guida. Lista Tsipras smembrata, Vendola non in grado di tenere tutti assieme. Angelo Bonelli, portavoce dei Verdi, dice che ci vorrebbero un progetto capace di affascinare i ragazzi alle prese con il fango a Genova e una visione ecologica del modello produttivo. Dalla minoranza Pd non arrivano segnali significativi: Landini è considerato troppo radicale, anche se è stato applaudito a Bologna al seminario promosso da Cuperlo.
Il nome di Landini è stato affiancato a quello di Stefano Rodotà in questi piani politici a tavolino. Ma lui, il professore, preferisce non toccare l’argomento.
Andrea Garibaldi
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