Manovra ad personam

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Quat­tro mini­stri e cin­que sot­to­se­gre­tari. Man­dati da Renzi ad incon­trare le parti sociali. Col man­dato pre­ciso a non trat­tare su alcun­chè. E dun­que la legge di sta­bi­lità rimarrà intoc­ca­bile. A meno che lo stesso Renzi non cambi idea. Come ha fatto sull’articolo 18.

Se la con­cer­ta­zione del pre­si­dente del con­si­glio era finita con l’ora e 47 minuti dello scorso 7 otto­bre, la seconda pun­tata è stata una sorta di pan­to­mima. Alla sala Gino Giu­gni — inven­tore dell’articolo 18 — del mini­stero del Lavoro di via Veneto è andato in scena un incon­tro «sur­reale», come lo sin­te­tizza Susanna Camusso.

Rim­brot­tata in serata dallo stesso Renzi, dagli schermi di “Otto e mezzo” da Lilli Gru­ber: «La cosa sur­reale è che la Camusso dica che si deve trat­tare. Deve trat­tare con gli impren­di­tori, non con il governo. Le leggi il governo non le scrive trat­tando coi sin­da­cati. Noi ascol­tiamo tutti, dob­biamo par­lare col sin­da­cato, ma è il momento che in Ita­lia ognuno torni a fare il suo mestiere. Noi abbiamo detto: que­sta è la nostra mano­vra, diteci cosa pen­sate, anche via mail. Ma nes­suno può pen­sare di trat­tare sulla legge di Stabilità».

Una rispo­sta che spiega l’ora e mezzo di com­me­dia delle parti del pome­rig­gio. Con il governo che aveva spie­gato la ratio della mano­vra — «cre­scita e occu­pa­zione», sin­te­tizza il mini­stro dell’Economia Pier Carlo Padoan nella sua strin­gata intro­du­zione. Poi parola a Cgil, Cisl, Uil e Ugl che dicono la loro e pro­pon­gono modi­fi­che. Alla fine tocca al sot­to­se­gre­ta­rio Gra­ziano Del­rio e al padrone di casa Giu­liano Poletti acco­mia­tare gli invi­tati con la vaga pro­messa: «Valu­te­remo le vostre indicazioni».

Ma quando sulla porta la Uil nella per­sona di Car­mine Bar­ba­gallo — l’uomo che fra meno di un mese sosti­tuirà Luigi Ange­letti — chiede se ci saranno nuovi incon­tri, i mini­stri sono costretti ad ammet­tere: «Non sap­piamo se ci sarà, non abbiamo il man­dato per rispondere».

«Mai visto niente di simile», rac­conta chi nella dele­ga­zione sin­da­cale ha più espe­rienza. «Per­ché ci aspet­ta­vamo almeno che ci dices­sero: “Di que­sto non par­le­remo mai”. E invece da Renzi non ave­vano il man­dato nean­che per quello».

Una legge di sta­bi­lità ad per­so­nam dun­que. Immo­di­fi­ca­bile, a meno che il pre­si­dente del Con­si­glio non voglia. In puro stile ren­ziano, ora il con­fronto pro­se­guirà «via mail». I sin­da­cati man­de­ranno le loro pro­po­ste. Pro­po­ste che saranno «appro­fon­dite e valu­tate» dai mini­stri. Che poi faranno sapere agli stessi sin­da­cati se deci­de­ranno di pren­derle in con­si­de­ra­zione. Un dia­logo fra sordi, quindi. «Il governo non intende non dico con­di­vi­dere con le parti sociali ma nean­che pro­vare a misu­rarsi con noi. Per que­sto non ci pare un governo inno­va­tore», attacca una Susanna Camusso di ottimo umore: «Ora ci aspet­tiamo che ci diano il giu­di­zio sui testi che invie­remo per mail». A chi le chie­deva se la chiu­sura del governo fosse cau­sata dal milione di per­sone por­tate in piazza, il segre­ta­rio della Cgil ha rispo­sto: «Al con­tra­rio, dopo la mani­fe­sta­zione dovreb­bero ascol­tarci di più».

Par­tito con un fac­cia a fac­cia da tri­plice — da una parte del tavolo Del­rio, Poletti e Padoan, con Marianna Madia più defi­lata; dall’altra rispet­ti­va­mente Fur­lan, Camusso e Bar­ba­gallo — si è con­cluso con giu­dizi agli anti­podi. Alle pro­te­ste dei sin­da­cati si con­trap­pon­gono le parole di Padoan: «È andata benis­simo» e quelle — più arti­co­late — di Giu­liano Poletti: «C’è la dispo­ni­bi­lità ad even­tuali appro­fon­di­menti su temi che risul­tas­sero meri­te­voli. Non pen­siamo di fare più discus­sioni gene­rali», prova a controbattere.

A smar­carsi — ma fino ad un certo punto — è stata Anna­ma­ria Fur­lan, neo­se­gre­ta­ria gene­rale della Cisl. La donna che ha sosti­tuito Raf­faele Bonanni inter­viene subito per cer­care di mostrare almeno un po’ di posi­ti­vità sull’incontro. «Noi sulla mano­vra diamo un giu­di­zio posi­tivo sulla con­ferma degli 80 euro e sullo sgra­vio Irap per­ché se le imprese stanno meglio, stanno meglio anche i lavo­ra­tori. Ci sono poi due sva­rioni: — ha con­ti­nuato — il Tfr in busta tas­sato di più e il taglio dei patro­na­tii». Il giu­di­zio della Cisl è quindi sospeso: «Se le nostre richie­ste avranno rispo­sta, allora l’incontro sarà stato frut­tuoso altri­menti dovremo sce­gliere tra mobi­li­ta­zione e inter­lo­cu­zione con i par­titi», conclude.

A gon­go­lare sono invece le imprese, incon­trate dal governo subito dopo i sin­da­cati. Con­fin­du­stria, Rete Imprese, coo­pe­ra­tive, ban­che e assi­cu­ra­zioni appro­vano la mano­vra: «Bene obiet­tivi e impo­sta­zione». Si sen­tono forti. Tanto che anche il man­sueto Gior­gio Squinzi ieri si è sen­tito di dare una stoc­cata senza pre­ce­denti ai sin­da­cati. Dall’assemblea di Con­fin­du­stria di Pavia ha tuo­nato: «È neces­sa­rio che chi difende i lavo­ra­tori ammetta che a volte si sono difese situa­zione indifendibili».



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