Una manovra da 23 miliardi Stipendi tagliati del 3% ai dirigenti

Una manovra da 23 miliardi Stipendi tagliati del 3% ai dirigenti

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ROMA Il governo sarebbe intenzionato a creare una piccola riserva di bilancio nella prossima legge di Stabilità da utilizzare, se necessario, per la correzione del deficit pubblico del 2015. Una sorta di clausola di salvaguardia, del valore di un paio di miliardi, che scatterebbe se anche alla luce delle valutazioni della Commissione e del Consiglio Ue si rendesse indispensabile un aggiustamento strutturale dei conti pubblici maggiore di quello oggi previsto dal governo, pari ad appena lo 0,1 per cento del Pil. Anche per questo la dimensione della nuova legge di bilancio dovrebbe salire a circa 23 miliardi di euro, rispetto ai circa 20-21 sui quali si ragionava nei giorni scorsi, mantenendo comunque un’impronta decisamente espansiva.
Il governo è convinto che le condizioni strutturali dei conti pubblici siano migliori di quelle ipotizzate dalla Commissione, ed è anche pronto a dar battaglia sui numeri di Bruxelles, che il Tesoro ritiene non del tutto attendibili. Ma se la posta in gioco, come pare, fosse di appena un paio di miliardi, sebbene a malincuore, al governo potrebbe convenire adeguarsi. Nessuna decisione è ancora presa, ma per il momento l’esecutivo sembra intenzionato a crearsi almeno uno spazio di manovra nel bilancio del 2015. Qualche indicazione in più sull’atteggiamento della Ue il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, potrebbe trarla oggi stesso e domani dalle riunioni dell’eurogruppo e del Consiglio Ecofin in Lussemburgo.
Nella legge di Stabilità potrebbero esser previsti maggiori tagli di spesa, che al momento opportuno potrebbero anche essere sostituiti da altre misure, come il gettito «strutturale» della voluntary disclosure sui capitali detenuti illecitamente all’estero, che sta per partire, e per la quale, allo stato, non è computato alcun gettito.
Dei 23 miliardi della manovra, metà verrebbe dall’aumento del deficit, metà da un’articolata revisione della spesa, che abbraccerebbe le agevolazioni e gli sgravi fiscali per le imprese, e potrebbe impattare anche sul personale della pubblica amministrazione, con un possibile taglio del 3% agli stipendi dei dirigenti (con un intervento progressivo che tenga conto del tetto agli stipendi pubblici).
Dalla revisione delle agevolazioni fiscali per le imprese arriverebbe poco più di un miliardo. Nel mirino i crediti d’imposta, che con le nuove regole contabili sono molto più pesanti sul bilancio, e i regimi agevolati sull’Iva e sulle accise per l’autotrasporto, l’agricoltura, l’editoria. Cinque miliardi arriveranno dalla revisione della spesa per gli acquisti della pubblica amministrazione, con il riferimento ai prezzi standard della Consip, cui si aggiungeranno i risparmi dovuti alla razionalizzazione e alla dismissione delle partecipate locali. Le Regioni contribuirebbero con 3 miliardi (1,5 con il risparmio sugli acquisti, metà solo sulla spesa sanitaria), i Comuni con 1,5 miliardi e alle Province si chiederebbe un taglio di 500 milioni. Dai ministeri il governo conta di recuperare per il 2015 non meno di 3 miliardi. Dal recupero dell’evasione Iva con l’estensione del reverse charge , si conta di recuperare 6-700 milioni.
Quasi tutte le risorse raccolte verrebbero redistribuite. Per finanziare il bonus di 80 euro servono 7,3 miliardi, almeno altri 2 saranno dati alle imprese con un taglio dei contributi sociali, che potrebbe anche essere superiore se, contestualmente, venissero eliminate altre agevolazioni. Con il superamento del Patto, rimpiazzato dall’obbligo del pareggio di bilancio, i Comuni potranno spendere 1,5 miliardi di euro in più che saranno coperti dallo Stato. Il governo ha poi deciso di stanziare 1,5 miliardi per i nuovi ammortizzatori sociali , uno per la scuola, circa 500 milioni per sbloccare i contratti delle forze dell’ordine. Poi ci sono le spese ricorrenti «a politiche invariate», altri 5 miliardi tra missioni di pace, cinque per mille, fondi ad Anas e Ferrovie, cassa integrazione in deroga.
Il conto della spesa arriverebbe a circa 19-20 miliardi, lasciandone tre-quattro all’eventuale ulteriore riduzione del disavanzo strutturale. Neutra per i conti sarebbe invece l’operazione sul Tfr, che sarebbe vicina alla soluzione. Il versamento in busta paga sarebbe opzionale, limitato a due anni, e assistito da una garanzia pubblica.
Mario Sensini



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